La Legge sul fine vita e la mia malattia.Lettera aperta di Gesualdi ai presidenti di Camera e Senato

La Legge sul fine vita e la mia malattia

Lettera aperta di Gesualdi ai presidenti di Camera e Senato

Carissimi, mi chiamo Michele Gesualdi, qualcuno di voi probabilmente ha sentito parlare di me perché sono stato presidente della Provincia di Firenze per due legislature e allo scadere sono stato sostituito da Matteo Renzi. Oggi vi scrivo per implorarvi di accelerare l’approvazione della legge sul testamento biologico, con la dichiarazione anticipata di volontà deò malato, perché da tre anni sono stato colpito dalla malattia degenerativa SLA e alcuni sintomi mi dicono che il passaggio al mondo sconosciuto potrebbe non essere lontano. I medici mi hanno informato che in caso di grave crisi respiratoria può essere temporaneamente superata con tracheotomia come in caso di ulteriore difficoltà a deglutire si può ricorrere alla Peg(gastrotomia endoscopica percutanea).
La Sla è una malattia spaventosa, al momento irreversibile e incurabile. Avanza, togliendoti giorno dopo giorno un pezo di te stesso : i movimenti dei muscoli della lingua e delal gola, che tolgono completamente la parola e la deglutizione, i muscoli per l’articolazione delle gambe e delle braccia, quelli per il movimento della testa, respiratori e tutti gli altri. Alla fine rimane uno scheletro rigido come se fosse stato immerso in una colata di cemento. Solo il cervello si conserva lucidissimo insieme alle sue finestrelle, cioè gli occhi, che possono comunicare luce e ombre, sofferenza, rammarico per gli errori fatti nella vita, gioia e riconoscenza per l’affetto e la cura di chi ti circonda.


Se accettassi i due interventi invasivi mi ritroverei uno scheletro di gesso con due tubi, uno infilato in gola con attaccato un compressore d’aria per muovere i polmoni e uno nello stomaco attraverso il quale iniettare pappine alimentari. Per quanto mi riguarda in modo molto lucido ho deciso di rifiutare ogni inutile intervento invasivo ed ho scritto la mia decisione chiedendo a mia moglie di mostrarla ai medici affinché rispettino la mia volontà.
Quando mia moglie e i miei figli mi hanno visto ridotto ad uno scheletro dovuto alla difficoltà di deglutire, mi hanno implorato di accettare almeno l’intervento allo stomaco per essere alimentato artificialmente, perché sarebbe stato un dono anche un solo giorno in più che restavo con loro. Questo mi ha messo in crisi e ho ceduto anche per sdebitarmi un po’ nei loro confronti. A cosa fatta, confermo tutti i motivi dei miei rifiuti, che consistono nel fatto che non sono interventi curativi, ma solo finalizzati a ritardare di qualche giorno, o qualche settimana, l’irreparabile, che per il malato significa solo allungare la sofferenza in modo penoso e senza speranza. Per i malati di Sla la morte è certa, e può essere atroce se giunge per soffocamento.
C’è chi sostiene che rifiutare interventi invasivi sia un’offesa a Dio che ci ha donato la vita. La vita è sicuramente il più prezioso dono che Dio ci ha fatto e deve essere sempre ben vissuta e mai sprecata. Però accettare il martirio del corpo della persona malata quando non c’è nessuna speranza né di guarigione né di miglioramento, può essere percepita come una sfida a Dio. Lui ti chiama con segnali chiarissimi e rispondiamo sfidandolo, come se si fosse più bravi di lui, martoriando il corpo della creatura che sta chiamando, òur sapendo che è un martirio senza sbocchi. Personalmente vivo questi interventi come se fosse un’inutile tortura del condannato a morte prima dell’esecuzione.
Come tutti i malati terminali negli ultimi cento metri del loro cammino, pregano molto il loro Dio, e talvolta il siolenzio sembra diventi voce e ti dica : “Hai ragione tu, le offese a me sono altre, tra queste le guerre e le ingiustizie sociali perpetrate a danno dell’umanità. Chi mi vuole bene può combatterle con concrete scelte politiche, sociali, sindacali, scolastiche e  di solidarietà”.


Di fronte a queste parole rimane una grande serenità che ti toglie la voglia di piangere e urlare. Ti resta solo l’angoscia per le persone che ami e che ti amano.
Quando mia moglie ha saputo che in caso di crisi respiratoria durante la notte non ha altra scelta che chiamare il 118 e che il medico a bordo o quelli del pronto soccorso possono rifiutarsi di rispettare la volontà del malato e procedere ad interventi invasivi, si è disperata e mi ha detto : “ Seti viene di notte una crisi forte non posso chiuderti in camera e assistere disperata in silenzio a vederti morire. Sarebbe per me un triplice dramma : tremendamente sola di fronte alla tragedia, non potere corrispondere a un tuo desiderio, anche se sofferto da me e dai figli, e l’immenso dolore di perderti”.

Per l’insieme di questi motivi sono a pregarvi di calarvi in simili drammi e contribuire ad alleviarli con l’accelerazione della legge sul Testamento Biologico. Non si tratta di favorire l’eutanasia, ma solo di lasciare libero l’interessato, lucido, cosciente e consapevole, di essere giunto ala tapa finale, di scegliere di non essere inutilmente torturato e di levare dall’angoscia i suoi familiari che non desiderano sia tradita la volontà del loro caro. La rapida approvazione della legge sarebbe un atto di rispetto e di civiltà che non impone ma iauta e non lascia sole tante persone e le loro famiglie.

Michele Gesualdi

La lettera è stata pubblicata dal Corrierefiorentino 1.11.17

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