Nessun riciclaggio nell’acquisto di Moriano a Vicchio

Ci sono voluti 13 anni per arrivare alla fine della vicenda giudiziaria che ha visto coinvolto Pietro Tagliaferri, agricoltore di Vicchio, che si è battuto in questi anni per cercare di avere giustizia dopo la vendita della sua azienda di  Moriano ad un’asta giudiziaria. Una conclusione  amara per Tagliaferri  che ha visto l’unico imputato per riciclaggio , Domenico De Sensi di Lamezia Terme, assolto perchè il fatto non sussiste.
Un po’ di storai è forse utile per capire l’assurdità, ma anche la gravità, di questa situazione. Tra il 1999 e il 2001 la famiglia De Sensi acquista prima una tenuta a Vicchio per 322 milioni e un appartamento a Firenze per 290 milioni e nel 2001 la Tenuta di Moriano per  un miliardo e 252 milioni a fronte di una stima di due miliardi e 350 milioni di lire. L’azienda di Tagliaferi era finita all’asta per un debito bancario di appena 19 milioni di lire nei confronti della banca, e già questo rende la situazione veramente kafkiana, e successivamente  sono intervenute le inchieste che hanno evidenziato comportamenti scorretti di giudici e addetti del tribunale fallimentare fiorentino che nel corso degli anni hanno portato a sentenze di condanna. Oltre a questo la famiglia De Sensi negli anni 1998-2007 aveva dichiarato redditi molto modesti, incompatibili con gli acquisti miliardari effettuati in Toscana anche se  sui conti della famiglia c’erano 3 miliardi che secondo gli investigatori derivavano da truffe sui fondi comunitari  nelle quali era coinvolto il fratello Giuseppe funzionario dell’assessorato all’agricoltura della Regione Calabria e per le quali fu condannato nel 2007. In appello la sentenza fu annullata ” per indeterminatezza della imputazione” e non tanto perchè il fatto non sussistesse ma la procura non fece alcun ricorso. Decreto rinvio a Giudizio De Sensi Domenico011
Il giudice per le indagini preliminari di Firenze David Monti che rinviò a giudizio il De Sensi faceva un ragionamento abbastanza semplice  e anche logico “poiché i miliardi non nascono dal nulla, in un nucleo parentale dove è appurato che uno dei fratelli truffa denaro per miliardi alla collettività e gli altri fratelli o stretti congiunti coevamente acquistano immobili e tenute di pregio inToscana sempre per miliardi, ben si può ritenere integrata la prova della responsabilità”. Il collegio giudicante non ha condiviso questa impostazione ed ha accolto la tesi difensiva che ha sostenuto che “il patrimonio della famiglia era stato accumulato grazie alle attività agricole e che i proventi (stiamo parlando di miliardi!!) non comparivano per effetto della contabilità semplificata”. Molto semplificata verrebbe da dire .
C’è solo da ricordare che nonostante la caparbietà di Tagliaferri e del suo avvocato D’Ippolito la procura aveva chiesto più volte l’archiviazione dell’inchiesta. Resta comunque un senso , se non di ingiustizia, almeno di incompletezza.

LR

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