Il castagno una ricchezza del Mugello

Il Castagno : l’albero del pane

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L’annata 2015 per la produzione di marroni e castagne è stata, sotto molti aspetti, eccezionale.
In primo luogo per la quantità e qualità del prodotto che è tornato ,almeno per quanto riguarda il territorio del Mugello, quasi su livelli pre-cinipide. Nessuno si sarebbe aspettato un risultato simile dopo un’annata, quella del 2014, veramente disastrosa, senza nemmeno un chilo di Igp confezionato e dove ai danni causati dal cinipide si erano aggiunte altre patologie e muffe che avevano inciso negativamente anche sui frutti raccolti. La gravità della situazione è stata riconosciuta anche dal Ministero, su sollecitazione della Regione Toscana, che ha approvato lo stato di “eccezionale avversità” permettendo ai produttori di richiedere gli indennizzi  che, per la sola provincia di Firenze, la Regione aveva quantificato in 12 milioni di euro che sicuramente tenevano conto anche delle difficoltà dei due anni precedenti.

L’altra buona notizia viene proprio dalla lotta  biologica al cinipide  effettuata tramite l’inserimento in natura del suo antagonista, il Torymus, con lanci effettuati in tutto il territorio. Nel solo Mugello tra iniziative pubbliche e dei singoli coltivatori si sono superati i 500 con risultati eccezionali. Basti pensare che ancora nel 2014 si parlava di 4/5 anni necessari per avvicinarsi ad una situazione di equilibrio. A questo ha contribuito senza dubbio la buona diffusione del Torymus ma anche un altro fenomeno notato dagli studiosi in alcuni sopralluoghi : gli antagonisti  autoctoni del cinipide locale, che attacca quasi esclusivamente la quercia, hanno iniziato a riconoscere la “vespa cinese” come preda e quindi a contribuire al contenimento della sua diffusione, almeno in Toscana. A questo vanno aggiunti alcuni elementi vegetazionali e metereologici che hanno reso la stagione ottimale.

Si tratta di un settore importante per l’economia delle zone montane, come dimostra la storia passata e il rilievo che il castagno assume anche nella programmazione nazionale, regionale e comunitaria. In Toscana esistono ben 8 denominazioni tra Igp e Dop legate al castagno e 17 prodotti tradizionali, ci sono 15 tra musei, ecomusei, strade e centri studi dedicati alla pianta e ai suoi frutti, 23 tra comuni e unioni (ex Comunità Montane) che aderiscono all’Associazione delle “Città del Castagno”. Nonostante questo si continuano a leggere  su questo argomento delle incredibili sciocchezze che non hanno niente a che vedere né con la storia né con la realtà attuale del castagno come pianta da frutto e per altri usi.castagno secolare
La superficie interessata dal castagno in Toscana  ammonta a 176.900 ettari   anche se quella effettivamente coltivata per il frutto è di 15.500 ettari con numerose produzioni Dop e Igp . Le superfici abbandonate dove sarebbe possibile produrre castagne e marroni è stimata in altri 16.600 ettari.
La superficie utilizzata come cedui è invece  circa 135.000 ettari e 9.000 sono di fustaie. Sono dati non recentissimi ma che fanno ben capire l’importanza ambientale ed economica di questa coltivazione.
Come sottolineato nel Piano del settore castanicolo del Ministero per le Politiche Agricole e Forestali le opportunità per questo comparto della nostra economia  sono  notevoli : dalla multifunzionalità della castanicoltura, al recupero dei castagneti da frutto abbandonati in aree vocate, dal marketing territoriale allo stretto legame del prodotto con i valori tradizionali. E’ quindi necessario  tutelare le aree castanicole, incentivare le certificazioni di qualità, favorire il consumo di prodotti castanicoli e  il potenziamento di una filiera locale per l’utilizzo del legno di castagno a fini artigianali ed energetici.

Cerchiamo però di capire cosa significa tutto ciò dal punto di vista economico e occupazionale perché è essenziale per la permanenza delle aziende in zone montane. Secondo uno studio di Arsia di alcuni anni fa il reddito medio per ettaro era di 1800/2000 euro  che ,considerato i 15.500 ettari stimati per la produzione di frutti, fanno un fatturato tra i 27 e i 30 milioni di euro. In realtà  le potenzialità del settore sono ben più consistenti soprattutto quando parliamo di prodotti certificati.

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Ad esempio, secondo il disciplinare del marrone del Mugello Igp “la resa produttiva è stabilita in un massimo di kg.15 di frutti per pianta e in kg.1500 per ettaro(…) il numero di piante in produzione non può superare le 120 unità nei vecchi impianti e le 160 unità nei nuovi impianti”. Le aziende attualmente iscritte al Consorzio corrispondono ad una superficie  che oscilla tra i 400 e i 500 ettari che , con un costo medio di 4 euro al kg fanno un importo totale di  circa 2.400.000.Nel territorio dell’Igp del Mugello gli ettari di castagneto potenzialmente produttivi sono in realtà 3.322, pensando di utilizzarne 2/3 ovvero 2200 con la resa maggiore prevista dal disciplinare e  con un costo di 4 euro a kg si avrebbe un fatturato superiore ai 13 milioni di euro che porterebbero il castagno ad essere la terza voce più importante dell’economia agricola del territorio dopo latte e carne. Se il recupero fosse totale, in una situazione di normale produzione, il castagno diventerebbe addirittura  la prima voce con  conseguenze facilmente immaginabili sul piano occupazionale e nella tutela del bosco e del paesaggio nonché dell’assetto idrogeologico di  aree montane  fragili.In generale il recupero di aree vocate oggi non coltivate in tutta la regione potrebbe portare ad un raddoppio delle potenzialità economiche del settore che aumenterebbero sensibilmente con l’incremento della quota di prodotti dop o Igp, che riescono a spuntare sul mercato prezzi molto remunerativi per gli agricoltori. Non si potranno mai raggiungere i livelli produttivi dell’inizio anni 50 quando da sola la Toscana produceva 100.000 tonnellate di castagne(1/4 di quella nazionale) ma sicuramente puntare a incrementare dal 30 al 50% la situazione attuale. Il Mugello in tutto questo processo  potrebbe ricoprire un ruolo di primo piano puntando proprio sull’Igp e la trasformazione del prodotto  per tornare su livelli produttivi di qualche migliaio di tonnellate. Ma il castagno non è solo frutti visto che ben 135.000 ettari in Toscana sono di  ceduo cioè di bosco che viene tagliato periodicamente , secondo una programmazione che non impoverisce il territorio, per scopi energetici e per attività artigianali e di opere più in generale.

Dal ceduo si ricava una grande varietà di assortimenti, classificabili in base alle loro dimensioni in: grandi (tronchi da sega, travi, pali telefonici); medie (pali da recinzione, pali per usi strutturali); piccole (tondelli da triturazione o da tannino, pali piccoli per colture agrarie e vivai). Le tecniche colturali ormai più comuni riflettono l’orientamento del mercato verso gli assortimenti intermedi e grandi, anche perché il castagno permette una sottoproduzione di assortimenti intermedi e minuti tramite la realizzazione di diradamenti. L’adozione di turni lunghi (20-25 anni) e anche molto lunghi (50 anni) è favorita anche dai recenti provvedimenti di politica comunitaria (reg. CEE 2080). Nei processi di lavorazione del legno, il castagno è di facile lavorazione e finitura, per questo trova largo impiego nella fabbricazione di mobili con stili caratteristici (madie, cassepanche, tavoli e sedie) in molte zone montane (Pratomagno, Apuane, Casentino, Mugello, Sila, Monti Cimini, ecc.); per impieghi strutturali è utilizzato per solai e tetti tipici, nonché per infissi interni ed esterni; per quanto riguarda l’oggettistica, un interessante prodotto locale è rappresentato dalle botticelle per l’invecchiamento dei liquori. La sua naturale durabilità e la capacità di resistere all’aria aperta anche senza pesanti trattamenti chimici,ne fanno infine la specie tipica per la realizzazione di pali per molti usi (paleria agricola, per utenze telefoniche, per recinzione, ecc.  Il castagno è stato oggetto di ricerche volte a migliorare gli usi tradizionali ed ad introdurre impieghi innovativi quali la realizzazione del pannello in legno massiccio lamellare per usi non strutturali, la realizzazione di attrezzature e di giochi per giardini e parchi pubblici, la produzione di tannino, la produzione di pannelli per uso particolare (isolanti, fonoassorbenti, ecc.). Altre prospettive interessanti derivano dall’ecolabelling e dalla certificazione di qualità, soprattutto quest’ultima nel caso di legname per uso strutturale. Infine il castagno, per la sua peculiarità territoriale si presta particolarmente alla realizzazione di prodotti fortemente caratterizzati localmente, come servizi contract di ristrutturazione e arredo, realizzazione di stili locali tipici di tipo “innovazione nella tradizione” per mobili e oggettistica per la casa.(E.Bellini)

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Una delle utilizzazioni indicate  riguarda anche la produzione di tannino (che si estrae dal legno in generale ma dal castagno in particolare e soprattutto dalla corteccia) che veniva(viene) utilizzato per la concia delle pelli un settore artigianale di assoluto rilievo in Toscana. Anche in Mugello è esistito fino all’inizio degli anni 50 uno stabilimento nell’area dove ancora persiste la vecchia ciminiera e che porta ancora quel nome a Borgo san Lorenzo. Lo stabilimento nacque nel 1936 in piena epoca autarchica e come tanti altri costruiti in Toscana e in Italia(alcuni ancora oggi in attività) si situavano vicino alle zone boscate utilizzando il legno proveniente dalle lavorazioni tradizionali e dalle opere di potature delle piante di castagno da frutto. Stiamo parlando di migliaia di tonnellate di materiale che ogni anno viene prodotto dalle necessarie operazioni colturali che impediscono al bosco e ,in particolare ai castagneti, di diminuire la loro capacità produttiva e di mantenere la funzione di presidio dell’assetto idrogeologico. Purtroppo dagli anni 50 la situazione è andata peggiorando, come si evidenzia dagli stessi livelli produttivi di castagne che si sono ridotti di 2/3, ma non per un eccesso di sfruttamento delle piante ma per l’abbandono delle montagne e lo spopolamento delle campagne che hanno portato alla perdita di importanti  potenzialità produttive poiché il lavoro non era considerato remunerativo rispetto a quanto offriva l’emergente settore manifatturiero del boom economico italiano e della piana fiorentina e pratese.

Queste potenzialità oggi ci sono ancora tutte : il mercato richiede i prodotti del castagno dai frutti al legname e il Mugello ha quindi una ricchezza da poter gestire con sapienza e lungimiranza per creare ricchezza e  occupazione . Infine non bisogna sottovalutare l’aspetto turistico e culturale in quanto il castagno non è solo una pianta ma è il simbolo di una cultura e una storia che ci accompagna da centinaia di anni.

 

LR

26.1.16

 

 

 

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