Per un’economia sostenibile dobbiamo tornare a parlare di valore

Per un’economia sostenibile dobbiamo tornare a parlare di valore

di Mariana Mazzuccato

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Per l’economista e docente di Innovation e Public Purpose dell’University College di Londra, intervenuta alla presentazione del Cottino Social Impact Campus, è necessario fare un reframe del sistema mettendo l’impatto al centro dell’economia, ripensando le filiere produttive e distributive, il ruolo dei sindacati e quello dello Stato

Mariana Mazzuccato, economista e docente di Innovation e Public Purpose dell’University College di Londra, è intervenuta alla presentazione del Cottino Social Impact Campus, con uno speach dal titolo “The value of everything”. Eccone la sintesi

Dobbiamo ripensare casa significhi il valore economico. Quello che pensa e insegna Fondazione Cottino è mettere l’impatto al centro. Per farlo dobbiamo ripensare al mercato in sé, al mercato capitalistico. A come lavorano insieme le varie anime del tessuto economico. Si tratta di fare in modo che l’impatto abbia a che fare con tutto il sistema e creare partnership simbiotiche e sistemiche e non parassitiche. Negli UK dove vivo la crescita non avviene attraverso investimenti e innovazione ma attraverso consumi che si basano sul debito privato. E il debito sul reddito disponibile è il motivo per cui si è creata la crisi. Dobbiamo convertirci ad una crescita sostenibile e verde anche nei canali di produzione e distribuzione come dice Greta Thumberg. Dovremmo trasformare le nostre economie in senso sostenibile in modo che creino meno disuguaglianze.

Tanti libri spiegano la crescita delle diseguaglianze dagli anni 70 ad oggi. La situazione è molto negativa e se volessimo riassumere i motivi che ci hanno portato fino a qui lo schema dovrebbe essere questo:

  • Il settore finanziario in senso generale (banche, assicurazioni, mercato immobiliare) non fanno quello che dovrebbero fare: cioè oliare le ruote del commercio e sostenere l’economia reale. Invece il settore si autofinanzia. Negli Uk solo il 20% dei fondi torna all’economia reale. L’80% resta nel settore.
  • C’è un trend globale della finanziarizzazione del settore industriale. Le aziende non reinvestono in sé stesse per crescere. Nei dipendenti e nella ricerca per lo sviluppo. Le aziende usano i fondi per ricomprare le proprie azioni. Quasi 4 miliardi di dollari sono stati spesi per questo. Questo si aggiunge al pagamento dei dividendi. In Europa 2mila miliardi di euro vengono risucchiati fuori dalle aziende.
  • Facendo un’analisi del Pil negli ultimi 30 anni questo risulta evidente come sia costante questo impoverimento. Come dice Larry Fink si è perso lo scopo dell’industria. Sulla stessa linea la lettera del Business Roundtable.

Purtroppo sta cambiando molto poco se guardiamo i dati. Ad esempio Apple con Steve Jobs reinvestiva tantissimo in ricerca. Oggi invece non investe più. Ricompra le azioni vendute.

Finanza paziente e sindacati
Per questo bisogna ripensare cosa significhi anche finanza paziente, a lungo termine
. In questo senso abbiamo bisogno di un nuovo contratto sociale per inserire gli scopi e gli obiettivi giusti nel mondo del lavoro. Non dovremmo dimenticare che se usiamo parole come innovazione sociale dobbiamo sapere che una delle più grandi innovazioni è stata l’idea del week end, la possibilità dei lavoratori di non lavorare il sabato e la domenica, grazie a una grande battaglia sindacale. Lo dico perché oggi dobbiamo ripensare anche il ruolo dei sindacati. Se non prendiamo tutti questi punti seriamente e non lavoriamo alla creazione di un impatto saremo nei guai. Purtroppo a tutte queste cose si pensa quando il disastro è già avvenuto in una logica filantropica e caritatevole. Invece dobbiamo oggi fare un reframe del sistema. Altrimenti le nostre rimarranno solo parole.

La produzione del valore
Bisogna considerare l’origine del valore, cosa vuol dire valore e come possiamo ripensare la creazione del valore in maniera collettiva. Penso alla socializzazione del rischio, come quella del rendimento. Deve tornare in voga il dibattito sul valore. Alcune parti dell’economia non riescono a dire che creano valore. Alcune parti dell’economia magari lo facilitano solo. Una maestra di scuola non può dire di essere creatrice di valore come Goldamn Sachs. Se guardiamo la storia della creazione del valore siamo partiti dal mercantilismo dove ci sta riportando Donald Trump. Era il 1600. Ci si concentrava sulle condizioni oggettive del lavoro. Nel 1700 si è passati ad una visione soggettiva. I Fisiocratici hanno fatto una rivoluzione agricola perché credevano che la fonte del valore fosse l’agricoltura. I contadini erano per loro la vera classe produttiva. La loro preoccupazione era il ritorno di questo valore sulla terra. Parlavano di sterilità del sistema. Credevano che i fondi dovessero essere reinvestiti nella terra. I Classici che hanno vissuto la rivoluzione industriale nel 1800 pensavano la stessa cosa ma pensavano che il valore stesse nella forza lavoro. Il loro obiettivo era aumentare produttività e reddittività. Si chiedevano quale fosse l’effetto della meccanizzazione sul numero di lavoratori e sui salari. Un po’ come oggi sul tema della robotizzazione. Quello che unisce tutte queste posizione era che per loro era importante la fonte produttiva dell’economia e che fosse necessario garantire il reinvestimento in questi settori. Con i neoclassici tutto cambia. Si parla da qui in poi di prezzo non più di valore. I prezzi sono visti come rivelatori del valore. Il focus non sono più condizioni oggettive ma passiamo a condizioni soggettivi della produzione. Il focus è l’individuo non più la struttura sociale. È qui che si comincia a massimizzare il profitto. Una soggettificazione del valore che ha reso più difficile la differenziazione dei settori produttivi e improduttivi dell’economia. Fino al punto dove è stato davvero difficile distinguere tra utili e canoni di mercato. Fino al punto di arrivare ad affermare seriamente che la gente di Goldam Sachs sia la più produttiva del mondo. Se si confonde il prezzo con il valore non si ha più un nesso tra valore e ritorno. Si può arrivare a dire che una professoressa che produce cittadini e lavoratori non produce valore. Perché questo dibattito è diventato così cruciale? Perché determina domande fondamentali: chi genera volore e perché, come si calcola il Pil, che valore ha l’assistenza sociale…

Stato e narrazione
C’è poi il grande capitolo del ruolo dello Stato. Lo Stato deve permettere e facilitare la creazione di valore. Il tema è come fare capitalismo in modo differente. Se dobbiamo cambiare domani e fra ventanni ci serve capire come avere un approccio orientato alla missione. Si è recentemente festeggiato l’anniversario dell’allunaggio. Tantissime risorse pubbliche e private erano state investite per quel risultato. Il pubblico si era limitato ad indicare un orizzonte della missione. Non avevano stabilito singoli goals. Ma un’orizzonte. Poi tutti i settori che hanno contribuito a quell’avventura si sono organizzati per centrare l’obiettivo e si sono focalizzati sull’obiettivo. Questo può essere un modello anche in ambito industriale o finanziario. Tutti i settori devono diventare parte della soluzione, coinvolti con un obiettivo comune individuato dal settore pubblico. Evitando la pioggia dei sussidi e immaginando l’orientamento degli investimenti. Tornando alla finanza paziente, favorirla. Serve un nuovo contratto sociale. Non basta parlare di partnership. Un contratto che intervenga sullo sviluppo dei prezzi, sul senso degli investimenti, sul reinvestimento degli utili. Per finire serve una nuova narrazione. Questo refreming deve anche investire le parole. C’è una crisi di confidenza e fiducia che deriva anche da un certo vocabolario.

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