Presenza Operaia, la scuola popolare e Don Milani

Questo saggio è uscito sul n.512-513 della rivista” Testimonianze” dedicato ai “preti di frontiera” Balducci , Milani e Turoldo  e racconta un pezzo importante della storia politica mugellana tra gli anni 60 e 80. Ringrazio gli autori. La rivista contiene anche un articolo di Bruno Becchi su , Rileggere Lettera a una professoressa, oggi. (lr)

PRESENZA OPERAIA, LA SCUOLA POPOLARE E DON MILANI
di Giorgio Pastondi, Mario Ceserini, Andrea Banchi


A febbraio scorso, in una riunione pubblica organizzata per ricordare un amico scomparso, gli autori di questo articolo si ritrovarono insieme a rammentare eventi e situazioni del paese vecchi di oltre cinquant’anni. Poiché figli e giovani amici si mostravano interessati e sorpresi d’apprendere fatti sconosciuti d’un recente passato, insieme alla riflessione di come sia stato rapidamente dissipato il passaggio orale della memoria tra le generazioni, venne inevitabile l’idea di scrivere il racconto di quei fatti, fermandoli in un ampio resoconto di quanto accaduto. Riordinando poi gli appunti è sorto l’intento di proporre ad un più vasto pubblico come nacque ed operò, mezzo secolo fa in un contesto rurale vicino a don Milani, un gruppo giovanile di pastorale del lavoro che maturò l’idea di una scuola di recupero per adulti per il conseguimento della licenza media.


un Paese e un Borgo diviso
Agli inizi degli anni Sessanta Borgo San Lorenzo, come tutto il Paese, era diviso in due. Da una parte i comunisti dall’altra i cattolici, due gruppi contrapposti, non esiste un dialogo. La Chiesa aveva scomunicato i comunisti, che erano la maggioranza della popolazione, provocando in alcune persone veri drammi. La presenza cattolica è chiusa nelle chiese e nelle istituzioni cristiane, l’Azione cattolica come associazione è chiusa dentro la parrocchia, le ACLI, che avrebbero dovuto animare il mondo del lavoro, gestiscono un piccolo circolo dove si gioca a carte e con i flipper senza fare altro, il sindacato
cattolico, la CISL, ancora non esiste, nascerà successivamente dietro iniziativa dei parroci del Mugello con una persona che gestirà il patronato. Unica eccezione la presenza dei Salesiani che gestivano il santuario del SS. Crocifisso, l’istituto per geometri, la scuola media, l’Oratorio. Quest’ultimo in particolare era aperto a tutti i ragazzi senza alcuna distinzione.
In quel periodo la Chiesa vedeva la politica come qualcosa da evitare, anche se esistevano eccezioni che incontravano però difficoltà ad affermarsi. Mentre dunque a Firenze operava il Sindaco La Pira, agli Scolopi predicava Padre Balducci e dai Servi di Maria Padre Turoldo; nel Mugello don Milani finiva esiliato a Barbiana e diventava pretore di Borgo Marco Ramat, uno dei fondatori di Magistratura democratica.
Esisteva dunque anche chi cercava con fatica di portare avanti il cambiamento.

Don Gelsomino e Presenza Operaia

All’istituto dei Salesiani di Borgo giunse a fine degli anni Cinquanta Don Andrea Gelsomino, un prete  particolare, per lui la Chiesa doveva avere lo sguardo rivolto ai problemi sociali del momento.
Insegnava Lettere nella scuola media dei religiosi. Alla messa, che celebrava nel santuario del SS.Crocifisso, con vibranti omelie cercava di legare le letture bibliche con i diritti dei ceti popolari, cercando le strade per cui il Vangelo diveniva liberazione dagli schematismi d’un mondo ideologicamente diviso. Portava con sé giornali, riviste e libri da citare nel sermone, cercando tutti i modi per provocare la crescita culturale, politica, spirituale dei borghigiani. C’erano persone che a quella Messa andavano per ascoltarlo, altri che nel momento della predica uscivano rientrando solo alla fine. Ricco di verve, con una preparazione enciclopedica, partecipava attivamente ai vivaci dibattiti che si tenevano in quegli anni al Cineforum salesiano del venerdì sera nella sala del Cinema Don Bosco.
Presenza Operaia nasce nei primi anni sessanta per opera di un gruppo di giovani lavoratori e studenti cattolici (1) e col sostegno di Don Gelsomino per il quale l’impegno politico e sociale doveva esseresentito come dovere dai cristiani. Il salesiano diverrà l’assistente spirituale del gruppo e la sua attività, fondamentale nella nascita, lo sarà ancor più nella formazione del gruppo.
Don Gelsomino sarà il primo prete che a Borgo varca la soglia della sezione del PCI. Definito “prete rosso” o “prete comunista” dalla stampa fascista viene accusato di fare politica durante le sue prediche.
Con lettere ed articoli di giornale verranno presentate proteste da parte dei benpensanti, i tentativi di screditarlo saranno numerosi e arriveranno fino al Vescovo. Preso di mira dalla destra clericale, come del resto anche Don Milani, si vedrà ritratto sul settimanale “Lo specchio” col titolo “I preti comunisti” e questo porterà ad un richiamo dei superiori, senz’altro sollecitato dal vescovo. Gli verrà vietato di partecipare alle riunioni del gruppo di PO e costretto ad obbedire, dovrà saltare almeno per un paio di volte la riunione dell’associazione, ma la collaborazione continuerà come sempre, senza interruzione.
Gelsomino sarà ben presto di nuovo presente alle riunioni, uscendo di nascosto ai superiori che faranno finta di non vedere. Rimarrà famosa la volta che uscito di nascosto per una riunione fu poi costretto a scavalcare l’alto cancello per poter rientrare a dormire e sarà fonte di divertimento immaginarlo, lui piccoletto, a inerpicarsi sul cancello per rientrare in istituto.
Il gruppo di Presenza Operaia comprendeva quasi solo studenti, convinti che potesse essere utile avere maggiore tempo e maggiori capacità culturali per la formazione della classe operaia. L’attività dell’associazione parte dall’esame del programma della JOC francese (la Jeunesse Ouvrière Catholique) e dall’esperienza di un tedesco, Otto Karner, che aveva già frequentato un analogo gruppo in Germania. Verrà poi elaborato un proprio programma cercando riferimenti nei documenti della dottrina sociale della Chiesa, nella enciclica “Rerum novarum” e nella “Pacem in terris”.
A grandi linee l’obiettivo dell’associazione era l’evangelizzazione della classe operaia, con la coscienza che senza un aiuto gli operai non avrebbero saputo conoscere e realizzare la loro dignità. Dopo un primo periodo di attività si cercava la centralità della fabbrica, luogo privilegiato di vita del lavoratore.
Attraverso il metodo dell’accostamento personale e del dialogo i giovani cattolici avrebbero dovuto costituire un rapporto con altri giovani operai.
Ne viene fuori un Programma fortemente finalizzato all’azione, con alto senso del dovere e di appartenenza al gruppo, che risulta quasi un’avanguardia della classe operaia. I militanti si pongono un po’ paternalisticamente a disposizione dei lavoratori per offrire capacità di comprensione e di analisi dei problemi moderni, ma con afflato missionario per far conoscere la dottrina sociale della Chiesa.
Nel programma si faceva inoltre riferimento all’esigenza di una vita spirituale del singolo e del gruppo, attraverso la revisione di vita si doveva comprendere la presenza di Dio nella storia per una migliore evangelizzazione. Il forte slancio, esigente e coraggioso, che antepone la missione del gruppo alle esigenze personali e familiari è forse tipico di quel periodo e frutto del cattolicesimo autosufficiente e ripiegato su sé stesso. Il gruppo è tutto maschile, com’era tipico dei gruppi religiosi dell’epoca, manca del tutto l’idea d’una soggettività e alterità femminile. Prima di ogni riunione si recitava la Preghiera di
Presenza Operaia (2).
Contemporaneamente i giovani di PO dovevano provvedere ad arricchire la propria formazione culturale con la lettura di giornali, riviste, libri per abituarsi a commentare il pensiero e le prese di posizione. In questo fu particolarmente utile Don Gelsomino con la sua preparazione e i suoi consigli.
Furono presi contatti con rappresentanti sindacali con incontri prima in sede e poi successivamente in pubblico. Si cercò di entrare in rapporto con agricoltori ed operai di zona, anche se con qualche difficoltà. A distanza di tanti anni si ricorda ancora l’incontro con il vecchio Ubaldi, detto Paleo, un renaiolo che raccontò il proprio dramma di cristiano e comunista, scomunicato della Chiesa perché militante del PCI, a cui per lungo tempo il sacerdote aveva negato l’assoluzione.
Fin dall’inizio dell’attività PO intraprese dunque un dialogo con i comunisti che sarà fonte di vari problemi, e numerose saranno le riunioni a questo dedicate.
In occasione della lotta fatta dai lavoratori della BIRS Tecnica, un’azienda tedesca che svolgeva lavorazioni di essiccazione e liofilizzazione di alimenti, con oltre 150 dipendenti che occuparono la fabbrica per impedirne la chiusura, Presenza Operaia decise di portare la propria solidarietà, cercando di fornire brandine per chi sostava in occupazione anche la notte. Ad un certo punto fu deciso di chiedere al pievano di Borgo di celebrare una messa domenicale all’interno della fabbrica. Don Cinelli, sentito il vescovo, rispose che non era possibile.
Un gruppo di giovani di PO decise allora di recarsi direttamente in arcidiocesi, ma il Vescovo non cambiò parere: esentò i lavoratori dall’obbligo della messa domenicale ma non accettò la celebrazione all’interno della fabbrica temendo strumentalizzazioni.
Questo episodio e l’avvicinarsi delle elezioni portò il gruppo ad una discussione interna che proseguì a lungo sul problema dell’obbedienza dei cattolici al vescovo e alle gerarchie in occasione delle elezioni politiche. L’obbedienza al vescovo doveva essere assoluta o i cristiani potevano ascoltare la voce della coscienza?
Don Gelsomino, che aveva già rapporti di conoscenza e di stima con Don Milani, decise allora di mettere in contatto i suoi giovani col priore di Barbiana, e fissò un appuntamento perché fosse possibile che lo incontrassero.


L’incontro con Don Milani sulla obbedienza responsabile
Due di loro (3) hanno recentemente riferito questa esperienza rammentando quanto li abbia colpiti l’incontro col priore. Ecco quanto hanno raccontato.

Salimmo così a Barbiana nell’autunno del 1965 per porre al priore una precisa domanda, che spesso rivolgevamo a noi stessi, e cioè come noi credenti dovessimo comportarci nell’obbedienza alla Chiesa.
Dell’incontro ricordiamo ancora in maniera forte la figura di Don Milani, che ci accolse molto bene. Lasciammo la macchina prima della chiesa e mentre camminavamo verso la canonica ci chiese cosa volevamo da lui. Noi gli ponemmo il problema dell’obbedienza, lui si voltò verso di noi e disse sorridendo “Allora siete venuti da me per sapere come si fa a obbedire disobbedendo”.
Riprendendo poi il discorso aggiunse “Spesso, per obbedire al vescovo nella sostanza, bisogna disobbedirgli nella forma”. “Attenzione, sto facendo un discorso sul filo del rasoio. Bisogna intender bene il senso delle mie parole, perché se no si rischia di scivolare e di farsi male, e di far dire a don Milani quello che non ha detto”.
Ci spiegò poi, partendo da ciò che era successo nell’occasione della Messa negata alla BIRS, come si sarebbe comportato lui in quella situazione: non avrebbe chiesto il permesso al vescovo e avrebbe ascoltato la propria coscienza. Dopo, essendo un sacerdote e quindi obbligato all’obbedienza al superiore, avrebbe accettato le eventuali conseguenze.
Arrivati nella stanza della scuola, per chiarirci meglio il suo pensiero, proseguì affermando che bisogna partire dal presupposto che il vescovo, essendo il padre del popolo che gli è affidato in custodia, come pastore, non può che volere il bene della sua gente. “Di questo non possiamo dubitare!” fece perentorio.
“Quindi” continuò “essendoci nel panorama dei partiti che chiedono il voto agli elettori, uno, che nella sua denominazione porta la parola ‘cristiano’, cioè la Democrazia cristiana, il vescovo non può che indicare quello, pensando in buona fede, visto il nome, che sia il più adatto per fare il bene del popolo, secondo il punto di vista della Chiesa”.
“Fin qui nulla di male” disse “il problema per me nasce quando il vescovo, oltre ad un partito che si chiama cristiano, mi indica anche un uomo, candidato di quel partito, che io so essere non proprio un benefattore del popolo, ma piuttosto un suo avversario”.
“Stando così le cose infatti appare chiaro” aggiunse “che sapendo io i fatti che il vescovo non sa, sul conto di quel candidato, altrimenti non me lo avrebbe indicato (4), per rispettare la volontà del vescovo, e quindi obbedirgli nella sostanza, devo disobbedirgli nella forma, non votando quell’uomo che, anziché ispirarsi al Vangelo, risulterebbe fedele ad interessi contrapposti a quelli auspicati dal vescovo”.
Per chiarire meglio questo concetto dell’obbedienza responsabile ci raccontò anche un fatto accaduto nella sua piccola comunità di Barbiana. Per far sì che i ragazzi più grandi migliorassero nell’apprendimento delle lingue straniere e per far loro conoscere popoli e usanze diverse Don Milani li mandava a trascorrere dei periodi di studio in alcuni paesi stranieri (Francia, Inghilterra, Germania, ma anche nel nord Africa). I viaggi da Barbiana a quelle lontane destinazioni, ben conosciute da don Milani e nelle quali aveva dei fidati referenti che accoglievano i ragazzi e li inserivano in quelle nuove realtà, avvenivano con i più disparati mezzi di trasporto, e molto spesso in autostop.
Accadde che a fare questa esperienza invitasse anche una ragazzina di 15 anni, figlia di contadini montanari per i quali già scendere a Vicchio era inconsueto. Si può ben comprendere lo sconvolgimento che quella ipotesi di veder partire la giovanissima figlia per andare in Inghilterra, da sola, procurò nei genitori. Erano angosciati da quel pensiero fino al pianto, ma erano anche combattuti tra il sapere la figlia piccola, sola per il mondo, e il non voler disobbedire al loro priore. La ragazza raccontò tutto questo a Don Lorenzo dicendogli che non se la sentiva di partire lasciando i genitori piangenti. Egli chiese allora alla ragazza se nel suo intimo fosse convinta che quella esperienza sarebbe stata utile alla sua vita futura. E Lei rispose di si. Don Milani raccontò di averle detto allora “Vai! Non stai disobbedendo ai tuoi genitori, perché essi vogliono sicuramente il tuo bene, e se domani, acquisendo conoscenze che oggi non hanno, si rendessero conto di averti impedito di fare una cosa giusta per te, non se lo perdonerebbero mai. Vengo io a casa tua a parlare con il babbo e la mamma.”
Si recò dunque da quei genitori per avere il consenso al viaggio della figlia, ma siccome non ottenne nulla, uscendo di casa si mise a sedere sulla soglia dell’uscio dichiarando: “Resto qui finché non mi avrete detto si”.
Dovette restarci tre giorni ma alla fine la ragazza partì con il consenso dei genitori, basato sulla fiducia che essi riponevano in Don Milani, perché loro continuavano a non sapere nemmeno dove fosse l’Inghilterra!
Il racconto servì a don Milani per concludere che tutto questo si chiama obbedienza responsabile, cioè mai acritica, ma sempre vagliata e sostenuta da una coscienza retta, e da praticare sempre, anche nei confronti del padre e del maestro.
L’incontro proseguì assieme ai suoi ragazzi, come lui era solito fare e fu presa in esame la Lettera ai giudici, in risposta ai cappellani militari, e commentata. Ricordiamo anche che in un’altra visita fu discussa invece la Lettera ad una professoressa.
E’ superfluo dire che considerammo l’incontro col priore come un evento assolutamente speciale, che aprì le nostre menti ad orizzonti nuovi e inconsueti, soprattutto per quei tempi, restando indelebile nella nostra memoria. Ad esso abbiamo sempre fatto riferimento, specie nei momenti più impegnati della nostra vita.
Allora ci rendemmo conto solo di essere stati al cospetto di un uomo straordinario. In seguito abbiamo saputo di aver beneficiato dell’ascolto delle parole di un profeta, cioè di un uomo che parla in nome e per conto di Dio (5).

La scuola popolare

Presenza operaia collaborava con la sinistra democristiana e faceva riferimento ad alcuni politici. Per le elezioni politiche del ‘63 l’attenzione era rivolta all’onorevole Nicola Pistelli, uomo della sinistra DC, della corrente della Base, fondatore della rivista fiorentina “Politica”, purtroppo scomparso a 35 anni, vittima di un incidente stradale. Furono allacciati rapporti con la DC di Borgo il cui segretario Renato Manzani era della sinistra, persona preparata ed impegnata, con il quale esistevano legami di amicizia.
Fu allora deciso un impegno più diretto nella campagna elettorale della DC per le amministrative del ’64 che confermarono la maggioranza del PCI, ma fecero eleggere in Comune 10 consiglieri democristiani, 8 dei quali facenti capo alla sinistra del partito, due di essi di Presenza Operaia (6).
A settembre del ‘64 nasce l’attività che impegnerà PO per lungo tempo, sarà la creazione di una scuola popolare per adulti per il conseguimento della licenza media.
La scuola nasce per una richiesta molto sentita in quel momento e da una necessità reale. Era stata approvata infatti a fine 1962 la Scuola media unificata, una riforma storica richiesta fortemente dai socialisti al Governo Fanfani che appoggiavano dall’esterno. Il rafforzamento delle conoscenze di base attraverso una scuola aperta a tutti doveva rispondere però anche ad una esigenza di sviluppo industriale del Paese che richiedeva livelli culturali più adeguati. Nel Mugello, che viveva in quegli anni l’abbandono del lavoro agricolo nelle campagne e l’inurbamento delle famiglie, il tema si poneva anche per gli adulti già occupati, che però possedevano bassi livelli scolastici. Nei concorsi pubblici la
licenza media divenne indispensabile, anche per avanzamenti retributivi e di carriera. Per poter acquisire la qualifica agli infermieri risultava necessaria, lo stesso per i ferrovieri, e per gli operai elettrici (era stata appena nazionalizzata l’energia elettrica).
L’iniziativa della scuola senz’altro va fatta risalire ad Andrea Salvadori in quanto aveva già fatto una esperienza nei due anni precedenti con alcuni amici di Figliano che dovevano presentarsi ad un concorso per vigili urbani. In quel caso si trattò di prepararli per l’esame dell’Avviamento, ma l’iniziativa trovò senz’altro favorevole Don Gelsomino e raccolse l’assenso da parte di tutti.
Così la scuola serale agli adulti per il conseguimento della licenza media inizia la sua attività nell’autunno del ’64. I locali vengono concessi gratuitamente dai Salesiani, ben felici di accogliere l’iniziativa dando piena fiducia e completa libertà di gestione al gruppo dei giovani. Gli insegnanti appartengono tutti a Presenza Operaia, vi si unirà anche un salesiano che insegnerà Scienze (7).
L’ispirazione della scuola non è direttamente riferibile a Don Milani, ma è evidente che essa non sarebbe sorta senza la conoscenza diretta della Scuola di Barbiana. Ne fa fede soprattutto l’approccio che unisce strettamente insieme contenuti e modalità d’insegnamento, per una coscientizzazione che diventerà patrimonio esplicito solo in seguito, leggendo nei primi anni Settanta i libri appena pubblicati di Paulo Freire e di Ivan Illich (8). Vivaci saranno infatti durante le lezioni le discussioni su temi sociali e politici, sulle condizioni di lavoro, sulla Costituzione.
La scuola funzionerà presentando ogni anno a giugno alla scuola statale di Borgo un gruppo di persone come privatisti all’esame di licenza. Alcuni accordi, specie dopo i primi anni d’attività e quando il preside lo consentirà, verranno di fatto presi perché vi sia un approccio di buon senso tra l’iniziativa e la Scuola Statale nei confronti di adulti preparati collettivamente in modo serio e continuativo.
Salvadori oltre a insegnare ne sarà in pratica anche il coordinatore.
La scuola sarà sempre completamente gratuita. Funzionerà da ottobre a giugno, dalle 20,30 alle 23,30 di ogni sera dal lunedì al venerdì, poi al sabato mattina ci saranno ripassi e ripetizioni per gli allievi con varie difficoltà.
Per i primi due anni i libri di testo dovranno essere acquistati, ma successivamente, grazie
all’interessamento di Don Milani presso l’onorevole Codignola del PSI, arrivarono in regalo i libri di testo dalla casa editrice La Nuova Italia. Pastondi ricorda l’episodio e così lo riporta:
“Toccò a me andare a prenderli dopo il lavoro, con la macchina, lo ricordo perfettamente perché era proprio la sera precedente l’alluvione di Firenze del ’66. Riempii l’auto di libri e sotto un vero diluvio tornai verso casa. Prima di Vaglia il torrente Carza aveva invaso la sede stradale e quindi dovetti tornare indietro a Pratolino e prendere la deviazione per Polcanto. Faceva paura passare dai vari centri abitati completamente al buio. Da quel momento però avemmo i libri che rimasero in dotazione alla scuola e che passavano di mano in mano degli allievi per l’anno successivo”.
I salesiani abbandonarono Borgo nel ’67 e arrivarono al loro posto i padri di don Orione. Don Gelsomino aveva lasciato il paese già precedentemente, trasferito a Livorno. La scuola proseguì ma iniziarono i guai: un gruppo jazz faceva le prove nella stanza accanto, ci fu la richiesta da parte degli Orionini di inserire tra le attività della scuola anche l’ora di religione, poi quella di essere loro a gestire la scuola, infine la rottura. I giovani di Presenza Operaia andarono così alla ricerca di un nuovo ambiente, prima nell’ambito religioso, rivolgendosi alla Parrocchia della Pieve che cercò una stanza, ma poi declinò la possibilità, forse il gruppo non era gradito. Infine venne interpellato il Comune.
Il sindaco Graziani accolse la proposta e sapientemente, riconoscendo la necessità d’offrire autonomia all’iniziativa, mise a disposizione dei locali al primo piano della biblioteca, nel Palazzo del Podestà .
Successivamente la scuola si trasferì all’ultimo piano delle vecchie scuole Lapi, che ora ristrutturate ospitano l’ufficio tecnico comunale. Dall’inizio degli anni ‘70 il consiglio comunale decise di elargire agli insegnanti una piccola cifra annuale come riconoscimento dell’impegno profuso e della positiva iniziativa aperta a tutti.
Nel passaggio dai Salesiani al Comune arriva un nuovo gruppo di insegnanti, il gruppo tutto maschile dei docenti cambia e si arricchisce di persone non appartenenti a PO, con alcune ragazze laureate e di tendenza politica e religiosa composita (9). La sensibilità politica e la ricchezza della diversità di approcci sarà un patrimonio davvero importante di questi anni. Praticamente il gruppo dei giovani di Presenza Operaia cessa di esistere in quanto tale ma diverrà fermento per altri sviluppi.
La scuola, iniziata nell’anno scolastico ‘64/65, terminerà dopo 12 anni all’inizio dell’anno scolastico ‘76/77 con l’avvento delle “150 ore” (10). Inizialmente la Camera del Lavoro locale si mostra poco interessata ad attivare corsi di recupero della scuola media, anche nella convinzione che vi fossero pochi lavoratori interessati, allora i docenti della scuola popolare come ogni anno raccolgono le iscrizioni e le consegnano direttamente al sindacato che non potette più esimersi dal prendere atto dell’esigenza.
Non conosciamo il numero esatto delle persone che hanno conseguito la licenza media, i registri della scuola sono andati persi, ma si calcola che il numero sia superiore a 300. Un servizio dunque consistente, di cui rendere grazie a tutti coloro che vi hanno collaborato.
Mentre funzionava la scuola, in una stanza adiacente della biblioteca, due volontari (11) per molti mesi elaborarono una statistica che riguardava tutte scuole elementari e medie del Distretto scolastico di Borgo San Lorenzo, comprendente tutto il Mugello, utilizzando gli stessi criteri di Lettera ad una professoressa. Il numero dei ragazzi era notevole e la popolazione era ancora sparsa nelle campagne.
Durante i fine settimana, liberi dal lavoro, ne ricercavano i genitori per conoscerne la professione e il grado d’istruzione, in modo da potere correlare a queste informazioni l’esito scolastico dei ragazzi, i voti riportati e l’attività o lo studio intrapresi dopo le scuole medie.
Purtroppo la statistica è stata smarrita. Ma il risultato riscontrato è ben presente nella memoria di chi ci lavorò, risultando quasi identico a quello evidenziato dai ragazzi di Barbiana. La scuola si palesava con una forte impronta classista. Unica sensibile differenza era quella riguardante la situazione dei figli degli industriali, che non erano tra i migliori nel successo scolastico. La discordanza è però facilmente spiegabile: le imprese mugellane erano spesso piccole aziende artigiane cresciute col boom economico,
o imprese edili fondate da muratori diventati impresari, quindi gli imprenditori avevano tutti una bassa scolarizzazione, inferiore a quella degli impiegati. La percentuale più alta dei promossi con buoni voti erano i figli degli impiegati, quella era la categoria con maggiore scolarizzazione.
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(1) I componenti dell’associazione furono: Andrea Salvadori, Giorgio Pastondi, Carlo Berti, Mario Ceserini, i fratelli Paolo e Roberto Lagi, Giancarlo Donatini, Pierluigi Squarcini, Andrea Bruschi, Giancarlo Martelli, Giuliano Guidotti, e successivamente Roberto Neri, Renato Crescioli, Renzo Bartoloni e Otto Karner, un tedesco presente a Borgo per motivi di lavoro.
(2) Per questa parte vedi anche: Andrea Banchi “Tra chiusure e fermenti. Il gruppo di Presenza Operaia a Borgo San Lorenzo negli anni Sessanta” in “Religioni e società” trimestrale n. 49, 2004, Firenze University Press, pagg. 136-146. Nella Appendice è contenuto il Programma di Presenza Operaia di cui fa parte anche la Preghiera.
(3) Sono Giorgio Pastondi e Mario Ceserini, coautori di questo articolo, che ricordano come insieme ad essi si recarono a Barbiana anche gli scomparsi Giancarlo Donatini e Andrea Salvadori. Hanno riferito l’episodio in occasione di un incontro a Borgo San Lorenzo il 25 febbraio 2017 svoltosi in memoria della morte di Salvadori, avvenuta un anno prima.
(4) Questa convinzione era stata già palesata da don Milani a Nicola Pistelli nella famosa lettera intitolata “Un muro di foglio e d’incenso” dell’ 8 agosto 1959 (vedi Lettere di don Milani. Priore di Barbiana, a cura di Michele Gesualdi, Ed. Paoline).
(5) Il card. Betori, arcivescovo di Firenze, così si riferì a Don Milani nell’omelia del 26 giugno 2009 a Barbiana per il 42^ anniversario della morte di Don Lorenzo (vedi Toscana Oggi).
(6) I due consiglieri DC di PO furono Donatini e Salvadori.
(7) Furono: Andrea Salvadori (italiano), Andrea Bruschi e Pierluigi Squarcini (matematica), Giancarlo Donatini (disegno), inizialmente anche Giuliano Guidotti e Don Tarcisio Torracchi, salesiano che operava all’Oratorio.
(8) Particolarmente Paulo Freire – La pedagogia degli oppressi, Mondadori, Milano, 1971; Ivan Illich – Distruggere la scuola, Centro di Documentazione, Pistoia, 1972.
(9) Si tratta di Elisabetta Banchi, Enzo Squilloni, Antonio Barletti, Tamara Capecchi, Lidia Calzolai, Maria Bini, Andrea Banchi ed altri ancora.
(10) Col CCNL metalmeccanici del 1973 inizierà infatti il diritto dei lavoratori a vedersi riconosciuta la possibilità, almeno per una quota percentuale, ad usufruire di permessi gratuiti per la frequenza di corsi scolastici o universitari, appunto per 150 ore al massimo in un anno.
(11) Furono Riccardo Lasi e Giorgio Pastondi, il primo divenne in seguito vicesindaco con delega alla Pubblica Istruzione.

GLI AUTORI
Giorgio Pastondi ha fatto parte del gruppo di Presenza Operaia a Borgo San Lorenzo (FI) negli anni Sessanta. In seguito a quella esperienza riprese lo studio e si diplomò alle serali da geometra. Ha fatto parte del gruppo locale dei cattolici del dissenso ed è stato attivo nelle iniziative dei referendum sul divorzio e sull’aborto. Ha svolto volontariato in ambito di associazioni per la salute mentale.
Mario Ceserini ha fatto parte del gruppo di Presenza Operaia a Borgo San Lorenzo (FI) negli anni Sessanta. Cattolico e di sinistra da sempre ha rappresentato un riferimento locale per la rottura delle barriere. E’ stato attivo nelle iniziative dei cattolici del dissenso in occasione dei referendum su divorzio e aborto. Obiettore fiscale alle spese militari ha partecipato alle lotte pacifiste e al locale Comitato per la Pace.
Andrea Banchi, funzionario e dirigente comunale. Da universitario ha insegnato nella scuola popolare di Borgo San Lorenzo (FI); cattolico del dissenso è stato obiettore di coscienza al servizio militare, obiettore fiscale contro le spese militari, ha partecipato al Comitato per la pace. E’ stato responsabile intercategoriale della CISL del Mugello, direttore generale del Comune di Borgo San Lorenzo e segretario dell’Unione Mugello. Bibliotecario, ha poi svolto volontariato culturale come organizzatore di cineforum anche in comunità di recupero ed attività politiche nei gruppi ambientalisti.

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