Il grande cuore della famiglia Matti di Firenzuola nel giorno della Memoria

Il grande cuore della famiglia Matti di Firenzuola nel giorno della Memoria

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In occasione della giornata della Memoria  il Corriere Fiorentino pubblica un articolo di Adam Smulevich in cui racconta la storia della sua famiglia costretta a  fuggire da Firenze per le persecuzioni razziali e ospitata da una famiglia di Firenzuola che salvò la vita dei suoi antenati. La famiglia firenzuolina si chiamava Matti e fu in particolare il giovane Renato a gestire tutta la situazione. Renato prenderà poi i voti di sacerdote  e rimarrà in contatto con la famiglia Smulevich anche nei decenni successivi alla guerra. “Quel prete un po’ guascone che incuriosiva così tanto mio padre e mia zia, oltre ai cugini Ruben e Massimo, forse non aveva l’aspetto di un eroe, ma lo è stato senza ombra di dubbio – scrive Adam –  e con lui i fratelli, i genitori, alcuni amici stretti che frequentavano l’abitazione dei Matti a Firenzuola(…) tutti si diedero da fare, nei mesi della persecuzione antiebraica più feroce, quando già molti treni erano stati inviati nei campi di sterminio, per dare soccorso, assistenza e solidarietà”. Siamo nel periodo del confronto militare della Linea Gotica che aveva il suo centro proprio nell’Appennino e nel comune di Firenzuola. “Eppure fu in quel contesto così rischioso che gli Smulevich trovarono l’agognata salvezza dai persecutori. Nascosti in casa nelle grotte, trasportati sul sellino di una bicicletta sgangherata per cambiare nascondiglio e fuggire alla cattura. Fu Renato Matti – prosegue Adam – , futuro parroco,  a gestire l’operatività dell’azione di soccorso insieme ai genitori Armando e Clementina. Allora poco più che ventenne, educato sin da ragazzo  a una fervente militanza antifascista, Renato tenne i rapporti con chi da Prato aveva mandato gli Smulevich a Firenzuola (dove il cognome divenne Sigismondi)”. Ultimo rifugio della famiglia Smulevich fu la frazione di Ca’ di Sotto dove incontrarono alcuni soldati inglesi e americani che avevano sfondato al Giogo la Linea Gotica e fra loro anche alcuni esponenti della Brigata Ebraica composta da volontari provenienti anche dalla Palestina.
“Con la scomparsa della prozia Ester – scrive Adam- è venuta a mancare l’ultima diretta testimone di quei fatti, sia dalla parte dei salvati che dei salvatori” spetta quindi alle nuove generazioni rinnovare la memoria di quei fatti. “ Ci vorrà tempo -scrive Adam- perché le verifiche dello Yad Vashem richiedono sempre un po’ di pazienza, ma una pratica sarà presto aperta in Israele, presso il Memoriale che ricorda i crimini compiuti durante la Shoah ma a cui compete anche il conferimento del titolo di Giusto tra le Nazioni per coloro che seppero rifiutare l’indifferenza”.
“Firenzuola – conclude Smulevich- vanta già un Giusto, don Leto Casini, uno dei principali artefici della rete di assistenza che operò in quei mesi nel Centro Italia. E’ tempo di aggiornare l’elenco”, con la famiglia di don Renato Matti.
LR

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