La storia assurda di Iryna da Barberino a Molfetta

La storia assurda di Iryna da Barberino a Molfetta

Sulle pagine del Corriere fiorentino Jacopo Storni racconta la storia di una famiglia ucraina fuggita dalla guerra e da due anni ospitata in un centro a Barberino di Mugello gestito dalla Misericordia.
Ora Iryna con la figlia e il marito sono stati trasferiti a Molfetta in provincia di Bari a 700 km di distanza per far posto ad altri rifugiati e migranti.
Una decisione che definire assurda è un complimento. La donna a Barberino si era ormai inserita nel tessuto sociale aveva anche un lavoro part time ed ora ha dovuto abbandonare tutto.
Pochi mesi fa, a lei come ad altre donne ucraine, scrive il Corriere, è arrivata una lettera dalla Prefettura di Firenze in cui, secondo un piano del Ministero dell’Interno, le veniva imposto di trasferirsi al sud per liberare posti per i nuovi migranti in arrivo. E lei e il marito hanno firmato. «Non ci hanno dato alternative, ci hanno detto che se non avessimo firmato o tornavamo in Ucraina oppure ci arrangiavamo da qualche altra parte».
Dove è la logica in una simile decisione che tratta le persone come pacchi da poter sistemare senza nessun rispetto e senza nessuna volontà di accoglienza. Umanitario è ormai un termine che è stato abbandonato nella gestione delle vicende di profughi e migranti, ma con questi provvedimenti si sfiora l’assurdo. Persone che dal sud vengono inviate la nord e viceversa.

«Ho perso quello che avevo provato a costruire in quasi due anni». Oltre al danno, dice lei insieme al marito, la beffa: «Ci hanno trasferiti a Molfetta in una zona industriale dove non ci sono altre abitazioni, siamo proprio accanto ad un centro per i rifiuti, ogni notte intorno alle 4 un camion fa un rumore pazzesco e sveglia me e mia figlia. Nell’aria c’è un odore acre, a volte ho mal di gola e mia figlia ha una strana irritazione alla pelle. Viviamo praticamente in una discarica».
Unica nota positiva del trasferimento, scrive il Corriere Fiorentino, è il fatto che la nuova struttura è un centro Sai, sistema accoglienza integrazione, che prevede un percorso di inclusione più mirato rispetto al Cas. Il Sai è l’unico sistema di accoglienza che ha dimostrato negli anni , anche se con nomi diversi, di permettere un’integrazione di profughi, migranti e richiedenti asilo nel tessuto dei territori in cui operano favorendo la conoscenza della lingua italiana , la formazione e la ricerca di un’autonomia lavorativa e abitativa. Ma invece di potenziarlo si impegnano le risorse economiche per costruire centri che sembrano più di detenzione che di accoglienza.
Ma Iryna vuole andarsene da Molfetta , e per questo
ha contattato Padre Volodymyr Voloshyn, parroco della chiesa dei Santi Simone e Giuda, da anni la casa della comunità ucraina di Firenze, che condivide il dolore di Iryna e dice: «Iryna e la sua famiglia hanno faticato a integrarsi in Toscana ma ci erano riuscite ed erano diventati parte della comunità fiorentina, possiamo soltanto immaginare cosa significhi andare a centinaia di chilometri. Spero che la sua sofferenza possa essere ascoltata e spero vivamente che possa tornare in Toscana».
Ricordiamo che un provvedimento simile era previsto per altri profughi ucraini ospitati a Palazzuolo da due anni.
Siamo di fronte a provvedimenti attuati con superficialità e ignoranza oppure con voluta cattiveria e disumanità?

Leonardo Romagnoli

La foto è tratta dalla pagina web del Corriere fiorentino

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