Insetti e vino senza alcol, allarmi ingiustificati

Insetti e vino senza alcol, allarmi ingiustificati

L’unione europea ha autorizzato una ditta francese che ne aveva fatto richiesta a commercializzare le tarme della farina ad uso alimentare dopo una valutazione scientifica da parte dell’Efsa che è l’autorità che si occupa di sicurezza alimentare. Le tarme potranno essere consumate essiccate oppure come farina per produrre snack proteici.

Una notizia banale che è stata trasformata dai giornali e soprattutto sui social in una guerra come se stesse per arrivare l’invasione degli insetti sulle nostre tavole. Si tratta di una sciocchezza colossale per vari motivi che sarebbe quasi inutile specificare:

  1. nessuno è obbligato a mangiare tarme o prodotti da esse derivati, come nessuno è obbligato a mangiare lumache, rane o conigli.
  2. L’uso di insetti a fini alimentari è più diffuso di quanto si creda in giro per il mondo ed è determinato dalle condizioni ambientali e climatiche dei territori e anche da approcci culturali diversi dal nostro
  3. il formaggio con i vermi non è una specialità esotica ma sarda e se vi piace tanto l’alkermes sul gelato o nella vostra zuppa inglese saprete senz’altro che il bel colore rosso è dato da un insetto.

Qualche anno fa suscitò una certa discussione un libro del nostro ( di Borgo) Tebaldo Lorini che si intitolava “Ricette proibite” che raccontava come nel corso dei secoli fossero finiti sui nostri piatti animali di tutti i tipi, e Marvin Harris , famoso antropologo, pubblicò ormai molti anni fa (ma si trova ancora in commercio) l’esemplare “buono da mangiare” dove vengono raccontate le tradizioni alimentari di tutto il mondo, tabù compresi.

Il fatto che una specie sia esaltata o abominata dipende da quella che si potrebbe chiamare utilità o nocività residuale”(p.174), “perché mai una specie animale non venga mangiata, perché diventi un pet (Harris usa anche il termine di persone per procura)e non una specie paria, dipende una volta ancora dal modo in cui si colloca all’interno del sistema complessivo in base al quale una determinata cultura produce cibo, beni e servizi”(p.179) .
Il mangiare è un atto agricolo, diceva Wendell Berry, ma è anche una scelta culturale fatta di tradizioni, rapporto con l’ambiente e con la comunità. Il rapporto con il cibo spogliato del bisogno primario della sopravvivenza (che spinge alcuni popoli a cibarsi anche di cose strane) come è per noi occidentali diventa anche uno stimolo alla ricerca , alla sperimentazione che sono la base della nuova gastronomia. In questo senso perché escludere a priori l’uso di insetti nell’alimentazione del futuro? Come nessuno ci obbliga oggi a mangiare carne nessuno ci obbligherà a mangiare insetti, è, almeno per noi, resta una scelta individuale che ha le sue implicazioni etiche e ambientali.

Ancora più curiosa la vicenda del vino annacquato e senza alcol che l’UE potrebbe autorizzare, allarme lanciato in Italia da Coldiretti che teme per il prodotto italiano (Italia primo paese produttore al mondo). Come ha scritto Jacopo Cossater su Linkiesta si tratta di una notizia fortemente sopravvalutata . La proposta riguarderebbe la possibilità di aggiungere acqua per abbassare il grado alcolico del vino , cosa oggi non ammessa da nessun regolamento. In realtà il riferimento è solo ad una bozza di lavoro che prevederebbe di “ripristinare l’acqua ai prodotti delle vite che sono stati dealcolizzati”.

È questo l’aspetto centrale , scrive Cossater: tra i ministri dell’agricoltura dei Paesi dell’Unione europea si sta discutendo se permettere di aggiungere acqua a quei vini a cui è stato tolto alcol, pratica questa che andrebbe ben evidenziata in etichetta. Se ne fa riferimento nello stesso documento:

Per le categorie di prodotti vitivinicoli (…) quando tali prodotti sono stati sottoposti a un trattamento di dealcolizzazione secondo processi da definire (…) la designazione della categoria è accompagnata da:

il termine “dealcolizzato” se il prodotto raggiunge un titolo alcolometrico effettivo non superiore allo 0,5% in volume, e

  • il termine “parzialmente dealcolizzato” se il prodotto raggiunge un titolo alcolometrico effettivo superiore allo 0,5% in volume e inferiore al titolo alcolometrico effettivo minimo della categoria prima della dealcolizzazione.

Tutto qui. A parte che il percorso è appena agli inizi, quale danno può venire a vini prestigiosi Doc, Dop, Igp prodotti in Italia da vini con etichetta in cui c’è scritto alcol 0,0%? C’è qualcuno che comprerebbe un Brunello dealcolizzato? Dove starebbe la truffa?

In commercio da diversi anni esistono le birre con Zero alcol ma non mi sembra che abbiano rovinato il mercato delle birre tradizionali, anzi in questi anni il settore ha aumentato i volumi di vendita grazie anche a tanti ottimi birrifici artigianali. L’alcol zero però il suo mercato lo ha eccome in Europa e nei paesi che per tradizioni religiose o di altra natura non possono assumere alcolici.

Comunque per chiudere ricordo che i vini con 0 alcol esistono già, anche gli amari, e li potete acquistare anche in Italia ( www.zeroalcol.com).

Leonardo Romagnoli
7.5.21

PS
la tanto bistrattata UE investe milioni di euro per promuove il vino anche dei produttori italiani in tutto il mondo

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