Razzisti, non vi daremo tregua

Razzisti, non vi daremo tregua

di Roberto Saviano

Combatteremo ogni giorno contro chi ha voluto perdere la sua umanità, contro chi parla di “taxi del mare”, contro chi lascia in mezzo al Mediterraneo i migrantiRazzisti, non vi daremo tregua

Che pacchia nascere in Africa. Che pacchia sacrificare tutto e fare debiti per provare ad avere un futuro migliore, nella speranza di poter aiutare la famiglia che intanto resta lì perché numerosa, piena di donne, anziani e bambini che non potrebbero affrontare gli stenti di un viaggio lungo e faticoso. Che pacchia attraversare l’Africa, che pacchia viaggiare stipati su mezzi che potrebbero trasportare dieci persone ma che invece ne trasportano cinquanta. Che pacchia senza cibo, con poca acqua. Che pacchia essere nel pieno degli anni e sentirsi spossati, stanchi, affaticati. E che pacchia avere, nonostante tutto, ancora speranza. Che pacchia arrivare in Libia, che pacchia provare a non restare intrappolato in un campo profughi. Che pacchia cercare in ogni modo di non diventare merce di scambio tra gli aguzzini affamati di denaro e le famiglie rimaste in patria che, per aiutare chi sta fuggendo in Europa, fanno debiti che ripagheranno con anni e anni di lavoro.

Che pacchia comprare un posto su un gommone. Che pacchia passare ore e ore in mare. In mare calmo, in mare agitato. In mare caldo e accecante durante il giorno, in mare freddo e nero nella notte. Che pacchia essere schiacciati, compressi, insieme ad altre cento persone su imbarcazioni che prendono acqua. Che pacchia stare al centro, dove manca l’aria. Che pacchia stare seduti sui bordi, gambe penzolanti, addormentate, formicolanti e ghiacciate. Che pacchia essere bambini e vivere questo inferno. Che pacchia essere madri o padri e sentirsi responsabili di aver portato quanto di più prezioso hai al mondo in una situazione di estremo pericolo. Che pacchia quando il gommone non regge più, che pacchia quando sta per affondare.

Che pacchia quando tra Malta, Italia e resto d’Europa si tenta di scaricare la responsabilità su altri e allontanarle da sé. Che pacchia quando, per prestare soccorso, si impedisce l’intervento delle Ong, i cosiddetti «taxi del mare» (copyright Luigi Di Maio), i cosiddetti «vicescafisti» (copyright Matteo Salvini) ma si dà luce verde alla Guardia costiera libica, loro sì in combutta con i trafficanti di esseri umani (fonte Onu), in virtù di un accordo infame siglato con l’Italia. Che pacchia quando si trasmettono in tv video delle operazioni della guardia costiera libica e si tagliano proprio i minuti in cui i militari picchiano i migranti, sparano verso le imbarcazioni e minacciano il personale delle Ong. Che pacchia quando non arriva nessuno a prestare soccorso e l’imbarcazione si inabissa, portando con sé i corpi ormai di chi ha sopportato la separazione dalla famiglia, l’allontanamento dalla terra, il viaggio nel deserto, la denutrizione, le percosse, le torture in Libia, stupri e violenze di ogni tipo. Pensateci, cazzo, che pacchia.

E che pacchia quando va meglio, quando la Marina militare italiana dà l’ok e i “taxi del mare” possono iniziare le operazioni di salvataggio. Che pacchia poi, una volta saliti sui “taxi del mare”, pensare che le ore di navigazione saranno le uniche in cui sarà possibile, forse, tirare un respiro di sollievo. Magari dormire. Magari sperare che le dolorose piaghe sui piedi nudi, che all’asciutto si sono spaccati dopo essere stati tanto tempo in acqua, siano il peggio che possa succedere. E che pacchia, perché il peggio non sono i piedi spaccati, non è la denutrizione, non la mancanza di sonno e nemmeno la preoccupazione per i compagni di viaggio morti o dispersi. Il peggio verrà in Italia. In quella terra nota per la sua accoglienza. Dove la pacchia arriva di notte, di sabato notte, mentre aiuti dei compagni di pacchia a procurarsi lamiere per un rifugio che possa resistere alle fiamme. La pacchia arriva in un attimo. La pacchia è un proiettile.

Soumayla Sacko è morto così. Aveva un regolare permesso di soggiorno. Non oso immaginare quale sarà la pacchia (minacciata) per chi il permesso non ce l’ha. Quello che so con certezza e che non vi daremo tregua e vi faremo rimpiangere il giorno in cui per egoismo, interesse e cattiveria avete deciso – perché lo avete deciso – di diventare razzisti.

L’Espresso 10.6.18

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