Evviva le elementari e le medie senza bocciati

Evviva le elementari e le medie senza bocciati (e non tirate in ballo la meritocrazia, grazie)

Riponete l’ideologia nella fondina: i sistemi scolastici migliori sono quelli che promuovono automaticamente fino ai 16 anni. Perché bocciare è costoso, inefficiente e aumenta il rischio di dispersione scolastica.

31 Agosto 2017
www.linkiesta.it

 

Doverosa premessa: qui nessuno è per il sei e per il diciotto politico, per un istruzione superiore all’acqua di rose, per le università aperte a tutti, per mandrie di laureati analfabeti. Lo diciamo perché il dibattito che si sta scatenando attorno all’idea di abolire le bocciature alle elementari e alle medie – se non in casi gravissimi e previa unanimità del consiglio di classe – sta già correndo su questa china. Ecco l’Italia dei fannulloni, della tana libera per tutti, dei calci in culo e del buonismo (che non c’entra niente, ma funziona sempre).

No, cari nostri, riponete l’ideologia nella fondina: siete fuori strada. Non bocciare alle scuole dell’obbligo – elementari e medie: ripetiamo, elementari e medie – è invece una misura di buonsenso, efficiente, che l’Ocse ci consiglia da anni e che in molti Paesi con un sistema d’istruzione migliore del nostro è già realtà da parecchio tempo. E con la meritocrazia, spiacenti, non c’entra nulla.

Partiamo da un paio di dati. Alla faccia dei luoghi comuni, l’Italia – al pari di Francia, Germania e Spagna – è un Paese che boccia parecchio. Se consideriamo elementari, medie e i primi due anni di scuole superiori, la percentuale di studenti bocciati, nel 2014, era pari al 17%, cinque punti in più rispetto alla media europea, in crescita di due punti percentuali rispetto a dieci anni prima. La percentuale, peraltro, sale al 26% se ci riferiamo agli alunni provenienti da contesti socio-economici e culturali deprivati. In altre parole, le bocciature crescono al crescere del disagio sociale. E producono dispersione scolastica, altra malattia endemica del nostro sistema educativo: che è in calo, al 14,7% nel 2017 contro il 20,8% del 2006, ma è ancora ben al di sopra della media continentale.

Non è un caso che la tendenza, in molti Paesi cui non può certo essere addebitato un deficit di meritocrazia, sia quella di bocciare meno. Pensiamo alla Danimarca, alla Gran Bretagna, alla Norvegia dove la promozione è automatica fino ai 16 anni. O ai 24 paesi Ocse che bocciano meno del 5% degli studenti. O a Paesi come la Finlandia – il migliore sistema scolastico europeo, per l’Ocse – che ha rimodulato il sistema delle promozioni e delle bocciature, puntando sui diversi tempi di apprendimento nelle diverse materie. Bocciare, peraltro, è pure parecchio costoso e inefficiente. Inefficiente, perché “non ha evidenti benefici indicati per gli studenti o per i sistemi scolastici nel suo complesso”, come scrive l’Ocse. Costoso, perché ingolfa di studenti il sistema scolastico, aumentando la numerosità di studenti per classe, questo sì un problema per la qualità dell’insegnamento.

Cosa, allora? La ricetta del ministero – ore di insegnamento supplementari e corsi di recupero estivi – è la medesima dell’Ocse. E va bene. Ci permettiamo però di aggiungere una cosetta: la spesa per l’istruzione in Italia è pari al 4%, contro una media Ocse del 5,2%. Spesa, peraltro, che tra il 2008 e il 2013 è diminuita del 14%. Va bene fare gli scandinavi, ma farlo coi fichi secchi è dura.

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