Reddito minimo o di cittadinanza. Anche in Toscana si discute di una proposta di legge

Reddito minimo o di cittadinanza. Anche in Toscana una proposta di legge

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L’uscita dalla crisi sembra ancora lontana e sempre più famiglie e cittadini si trovano a vivere una situazione di marginalità anche nella Regione Toscana. Secondo i dati Irpet e dell’osservatorio sociale regionale “nel 2015 circa 54.000 nuclei familiari, ossia 139.000 persone, pari al 3,7% della popolazione residente, hanno vissuto in condizione di povertà assoluta, mentre sono 84 mila le famiglie in povertà relativa, ossia 216.000 persone, pari al 5,7% della popolazione residente, e 204.000 famiglie  in condizione di deprivazione, ossia 525.000 persone, pari al 14% della popolazione residente; su 3.752.654 residenti in Toscana, il 17% della popolazione tra i 18 e i 65 anni ha un reddito sotto i 10.000 euro e la disoccupazione giovanile tra i 18 e i 29 anni è del 26%, utilizzando come parametro un indicatore ISEE per nucleo familiare pari alla soglia di 6500 euro , la stima della povertà in Toscana identifica 155.000  nuclei familiari, ossia 398.000 persone , pari al 10,6% della popolazione”(Proposta di legge  M5S).

Di fronte a questa drammatica situazione anche la politica cerca di proporre delle soluzioni e a livello regionale le indicazioni di un certo rilievo sono due: una del PD per un reddito di solidarietà e quella più corposa del Movimento 5 stelle sul reddito di cittadinanza.

Prima di entrare nel merito delle due proposte e del loro rilievo economico e sociale è bene fare un passo indietro per cercare di capire quali differenze vi siano con un dibattito che è attivo da molti anni in Europa, dove l’Italia è uno dei pochi paesi a non avere una misura di sostegno generalizzata.

Sul questo sito alla pagina blog potete trovare numerosi approfondimenti pubblicati in questi anni , uno anche del sottoscritto qui .
“Per reddito di base intendiamo un trasferimento monetario, finanziato dalla collettività attraverso le imposte, e volto ad assicurare a tutti uno zoccolo di reddito, liberamente spendibile sulla base delle preferenze dei beneficiari, senza vincoli di destinazione”(Granaglia-Bolzoni) . I trasferimenti dovrebbero essere differenziati sulla base dei bisogni e con l’accesso riservato a chi vive situazioni di povertà e tenendo conto della famiglia più che del singolo individuo. In realtà secondo il teorico del Reddito di base Van Parijs questo viene “erogato a un livello uniforme e a intervalli regolari, a ciascun componente adulto della società” a prescindere dalla condizione economica o della disponibilità a lavorare. A questo punto è utile una distinzione tra reddito minimo e di cittadinanza.

In realtà oggi per reddito minimo intendiamo “un trasferimento di ultima istanza, erogato a intervalli regolari, e finalizzato alla protezione dalla povertà” e può essere erogato anche in presenza di un’attività lavorativa che non consenta il raggiungimento della soglia indicata dalla normativa (questo avviene sia in Francia che in Germania con l’aggiunta di alcuni servizi essenziali a partire dall’abitazione). Al reddito minimo sono sempre legati impegni e disponibilità del beneficiario a seguire corsi di formazione e a valutare offerte di lavoro, oppure l’assolvimento dell’obbligo scolastico per i figli e il perseguimento di stili di vita salubri.
Il reddito di cittadinanza è invece erogato al fine di dotare ciascuno di una base incondizionata di reddito a cui tutti avrebbero diritto. ”Nonostante la pretese di non condizionalità , il reddito di cittadinanza condivide con il reddito minimo alcune domande circa la selezione dei beneficiari”: appartenenza territoriale? Residenza? Età? Ma il valore sociale del reddito di cittadinanza supera l’obiettivo di ridurre la quota di popolazione in stato di disagio, secondo Van Parijs “il reddito di cittadinanza permette di “dire no” a ricatti da parte di familiari con il “potere della borsa”( a beneficio in particolare di giovani e donne); no a occupazioni considerate inaccettabili(disporre di un reddito anche se non si lavora aumenterebbe il salario di riserva e , con esso, il potere contrattuale dei lavoratori); no ad amministratori pubblici dotati di potere sulle nostre scelte di consumo e sui più complessi comportamenti”.(idem)cittadinaria 2

Altre forme di sostegno al reddito possono essere l’imposta negativa ( se la denuncia dei redditi è sotto una certa soglia si riceve un’integrazione al reddito), difficilmente praticabile in Italia, il reddito di partecipazione con disponibilità anche ad attività senza fini di lucro, di cura o studio. In Gran Bretagna fino al 2011 era in vigore il baby bond, ciascun bimbo alla nascita veniva dotato di un capitale vincolato fino alla maggiore età, che poteva essere incrementato dai genitori e dalla stato, graduato in base al reddito dei genitori.

Tornando alle proposte in discussione in Toscana, quella del PD non si riferisce a nessuna di quelle indicate essendo il “reddito di solidarietà” un sostegno per famiglie in difficoltà con Isee sotto i 3000 euro di 400 euro per 12 mesi riferita a circa 35.000 famiglie per un costo di circa 14 milioni di euro. Si tratta di un sostegno temporaneo per una platea molto limitata di famiglie sotto la soglia di povertà. Recentemente la proposta è stata puntualizzata , come riportato dalla Repubblica del 9 febbraio, e si parla di un costo di 35 milioni di euro per sostenere 54.000 famiglie toscane. Al di là dello squallido dibattito interno al Pd su come reperiere queste risorse, anche in questo caso, come vedremo poi per il reddito di cittadinanza, i conti non tornano  perchè 35 milioni diviso per 4800 euro (annui) fa  7.300 famiglie . Per venire incontro alle necessità di 54000 nuclei familiari di milioni ne servono quasi 260.

La proposta del Movimento 5 Stelle ispirata a quella presentata in parlamento è invece rivolta all’istituzione di un reddito di cittadinanza in via sperimentale per 3 anni con un costo di 176 milioni di euro. Come vedremo dopo la proposta in realtà è più catalogabile come reddito minimo non essendo un istituto generalizzato per tutti i cittadini ( come appunto per la cittadinanza) e giustamente nella parte introduttiva richiama più volte  le raccomandazioni, risoluzioni e comunicazioni provenienti dall’Europa: la raccomandazione 441 del 1992 che esortava gli stati membri a dotarsi di adeguati sistemi di protezione sociale; la comunicazione della Commissione del marzo 2010 su Europa 2020 per la riduzione del numero di persone a rischio povertà; la risoluzione del Parlamento europeo dell’ottobre 2010 che ha ricordato l’importanza del reddito minimo nella lotta alla povertà; l’art 34 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea che al fine di lottare contro l’esclusione sociale e la povertà riconosce e rispetta il diritto all’assistenza sociale e all’assistenza abitativa volte a garantire un’esistenza dignitosa a tutti coloro che non dispongono di risorse sufficienti. Inoltre i 5 stelle citano l’art. 151 del Trattato di funzionamento dell’Unione e  l’art.30 della Carta Sociale europea. Insomma W l’Europa. Come sempre avviene anche  in tanti altri settori il problema non è l’Europa ma la non applicazione delle normative molto avanzate che permetterebbero a tutti di vivere meglio e ci ricordiamo di Brusselles solo per i vincoli di bilancio su cui scaricare le nostre inefficienze.
La proposta del M5S “ istituisce il reddito di cittadinanza quale misura regionale diretta a garantire un’esistenza dignitosa di ogni persona ed a contrastare lo stato di povertà, la disuguaglianza e l’esclusione sociale”. In realtà si tratta di istituire un reddito minimo per una parte di popolazione che si impegni comunque “in percorsi di attivazione al lavoro”. L’importo è quantificato in 780 euro mensili utili al “raggiungimento di un reddito annuo netto ai fini Irpef quantificato sulla base della soglia di povertà con riferimento alla regione Toscana determinata annualmente dall’istat”.lavoro-sviluppo-sinistra

Ma , come dicevo, non è una norma generalizzata, vi possono acceder solo maggiorenni, inoccupati o disoccupati, residenti in Toscana da almeno 36 mesi, con ISEE del nucleo familiare inferiore a 6500 euro e reddito individuale inferiore a 9360 euro l’anno. Inoltre viene richiesta l’iscrizione al Centro per l’impiego territorialmente competente e la sottoscrizione del Piano di azione individuale che prevede percorsi concordati di ricerca attiva del lavoro o percorsi formativi.
In base all’art.7 chi riceve il reddito minimo deve “accettare almeno un’offerta di lavoro su tre proposte per il tramite del Centro per l’impiego, salvo che implichi mansioni incompatibili con il suo stato di salute o altre situazioni d’impossibilità certificate; offrire al disponibilità per partecipare a progetti gestiti dai comuni utili alla collettività in ambito culturale, sociale, artistico , ambientale, formativo e di tutela dei beni comuni per un minimo di cinque ore settimanali”.

Su questi aspetti della proposta e del reddito minimo in generale non mancano le obiezioni che possono essere di vario genere: 1) nella categoria sotto i 6500 euro ISEE possono rientrare anche persone che lavorano in modo precario. Vengono escluse dal beneficio? 2) in assenza di normative sul salario minimo “la richiesta della disponibilità a lavorare comporta l’immissione nel mercato del lavoro di manodopera a basso costo” (obiezione sollevata anche per tirocini e stage vari);3) l’utilizzo per attività pubbliche, pur condivisibile ( già avvenuto con i lavoro socialmente utili e l’impiego dei cassa integrati) rischia di aggirare la necessità di nuovi impieghi o turn over nella pubblica amministrazione.

La priorità per alcuni critici del reddito minimo deve essere la “piena e buona occupazione”  (L.Pennacchi) , ribadendo che” il diritto al lavoro è primario, superiore alo stesso diritto di proprietà, e che il rapporto che ha per oggetto una prestazione di lavoro non tocca solo l’avere ma “l’essere” del lavoratore”.  Queste obiezioni non sono condivise da tutti , “è bene tener presente che esistono motivi oggettivi ed esogeni per cui non tutta la popolazione è attiva sul mercato del lavoro né può esserlo per periodi più o meno lunghi. Si dirà, un trasferimento di reddito diretto, però, può non essere un intervento ottimale, contrariamente ai trasferimenti indiretti: case, scuole, asili, accesso gratuito ai mezzi di trasporto e così via, come già accade in molti altri paesi europei, e l’obiettivo è assicurare alla popolazione il soddisfacimento dei bisogni di base. In questo caso però l’azione non potrebbe essere contingente, perché in molti casi richiederebbe un intervento strutturale da parte del settore pubblico, quindi tempo, nonostante questi provvedimenti siano inevitabili e quanto mai urgenti. Occuparsi del reddito è necessario ma non sufficiente. Serve, infatti, avviare fin da subito un piano per l’occupazione (e per la sua redistribuzione), l’istituzione del salario minimo anche per i precari, strumento che insieme al reddito minimo può scongiurare il ricatto del lavoro gratuito e delle retribuzioni da fame. Allo Stato spetta, inoltre, definire un programma di investimenti pubblici, che guardino tanto alle piccole quanto alle grandi opere, accompagnati da una definitiva riforma dell’amministrazione pubblica. In sintesi, è necessaria una visione di politica industriale che sappia invertire la tendenza decennale alla de-industrializzazione e alla predilezione per la privatizzazione e acquisizione da parte di imprese straniere dell’industria italiana.(M.Fana).AltanRepubblicaLavoro
Nella proposta di legge del Movimento 5 stelle in Toscana viene previsto un costo di 172 milioni di euro in due anni e mezzo dal 2017 al 2019. Non entro nel merito del modo in cui queste risorse dovrebbero essere reperite nel bilancio regionale perché penso che sarà oggetto dell’eventuale discussione , anche se c’è da notare che non si può pensare di riversare quasi totalmente  sul reddito minimo fondi destinati alla formazione e al lavoro o l’11% della spesa sanitaria.
Con questo stanziamento però  si possono accontentare 7500 beneficiari che possono ovviamente variare nel corso di validità del provvedimento ma non potranno mai dare una risposta alle 155.000 famiglie sotto la soglia isee di 6500 euro indicata in narrativa.

Detto questo va dato merito al Movimento 5 stelle di aver proposto all’attenzione della politica nazionale e  regionale il tema del reddito minimo o di cittadinanza cercando mettere il nostro paese al passo con le grandi democrazie europee a dimostrazione che di Europa semmai ce ne vorrebbe di più e non di meno.

LR

Per chi vuole approfondire il tema consiglio vivamente il libro di
Elena Granaglia e Magda Bolzoni – Il reddito di base – Ediesse 2016 12 euro
PS

la mozione del Pd sul reddito di solidarietà è stata approvata dal consiglio regionale il 14 febbraio.

 

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