Popolo ed èlite. Un’interessante intervista

Guido Brera: «Lega – Cinque Stelle? Macché popolo, sono i migliori amici delle élite e dei ricchi»

Parla il finanziere-scrittore: «Con l’uscita dall’Euro ci guadagna il Capitale e la gente comune fa la fila agli sportelli. La sinistra? Ha responsabilità gravissime per l’ascesa dei Cinque Stelle. Renzi? Con le banche mi è piaciuto, ha difeso il risparmio»

29 Maggio 2018

Lose-lose situation. Una situazione in cui si perde, comunque vada. Così Guido Brera, qualche settimana fa, aveva descritto – meglio: fatto descrivere a Bruno Livraghi, personaggio del suo primo romanzo, I Diavoli – la situazione che si è delineata nella notte di domenica 26 maggio, con la remissione dell’incarico da parte del premier in pectore Giuseppe Conte a causa dei veti presidenziali sul nome del ministro dell’economia Paolo Savona: «Negli ultimi giorni ho avuto la sensazione che saltasse tutto – spiega Brera -, nella costruzione del programma e della squadra di governo si era innestato un elemento nuovo, quasi virale, quell’Euro di cui non si era minimamente parlato, che era stato sepolto in campagna elettorale, era stato dissepolto».

Partiamo da qua: come mai nessuno aveva parlato di Euro in campagna elettorale?
Perché se parli dell’Euro, se ne fai un tema da campagna elettorale, rischi di spaventare la gente e finisci come la Le Pen, sconfitta da Macron. È un argomento tabù: solo il fatto di aver parlato di una sorta di piano B ha concorso a uccidere in culla il governo Conte.

Lei si è sempre occupato di gestione del risparmio, rappresentando nei fatti una personificazione dei fantomatici “mercati”. Ecco: ma davvero i mercati si sono spaventati alla vista di Savona?
I mercati sono laici e non si spaventano di nulla. Ad aver paura sono i risparmiatori, gente comune che ha i soldi investiti in fondi pensione e titoli di stato. Sono loro che appena hanno cominciato a sentire parlare di stampare moneta, di mettere in discussione l’Euro e il ruolo della Banca Centrale Europea tu non puoi evitare che un bel po’ di gente si spaventi e cominci a spostare i suoi capitali all’estero. Ormai le crisi nascono così, dall’interno, non dall’esterno. I tempi in cui Soros attaccava la sterlina o la lira sono finiti.

Anche se non stava succedendo?
Non è importante che stesse succedendo. È importante che poteva accadere. Peraltro senza averlo raccontato in precedenza agli elettori.

Ok, però perché la situazione è lose-lose? Perché sarebbe stato un problema il governo giallo-verde? Solo per l’Euro?
No. Non solo, perlomeno. Io credo che questo governo avrebbe finito per fare il gioco delle élite: avrebbe favorito i pochi, contro i tanti. Se ci pensi La flat tax è regressiva, il reddito di cittadinanza è un sussdio di disoccupazione precario. Persino l’uscita dall’Euro è una misura che va contro i poveri: se si svaluta la moneta, la prima cosa che si svaluta sono gli stipendi dei lavoratori. E poi c’è la cosa più importante, quella che tutti si dimenticano.

Quale?
Che gli ultimi che si accorgono di una exit dall’euro sono i piccoli risparmiatori. I capitali in cerca di rendimento sono rapaci e le crisi sono il momento in cui estraggono valore, spostandosi in cinque secondi da un Paese all’altro. Se i mercati crollano perdiamo noi: il pensionato, il povero, il giovane, a cui tocca la fila agli sportelli bancari, come in Grecia. Ed è quello che manda davvero in crisi un Paese, la fila fuori dalle banche. Lo spread lo puoi controllare, la corsa agli sportelli no. Se vogliamo parlare di Europa, parliamo di questo: che non c’è niente, in tutto il Vecchio Continente, che possa evitare le code agli sportelli.

Ha fatto bene Mattarella a parlare di difesa del risparmio, quindi.
Sì, l’ho apprezzato molto. Le banche sono la mia fissazione, perché le banche siamo noi. E se dobbiamo fare una battaglia, una sola, in Europa, non è quella contro la moneta unica ma quella per avere i risparmi garantiti in tutta Europa. Oggi un Euro in un conto corrente tedesco vale di più di un Euro in un conto corrente italiano.

In che senso? 
In un’ipotesi di crisi del debito sovrano, le loro banche sono più sicure delle nostre. E quindi metti i soldi nei Paesi che presumi abbiano le metriche debito/Pil migliori . A meno che, ovviamente, non decidi di garantire i risparmi in egual misura in tutta Europa. È un patto sociale che ci tiene assieme. Senza, è un’Unione Europea a metà.

Renzi insegna, però: chi tocca le banche, muore…
Renzi ha sbagliato a comunicare: doveva dire con forza che chi difende le banche, difende i risparmiatori. Se non difendi le banche sai chi ci guadagna?

No. Chi?
Quello che si compra il credito deteriorato dell’imprenditore fallito di turno e gli porta via la casa o il capannone per un piatto di lenticchie. È la stessa storia: se tu non prendi di petto una crisi bancaria, è tutta manna dal cielo per il capitale. Renzi doveva intervenire ancora di più. E ha ragione a dire che chi l’ha preceduto doveva salvare le banche coi soldi pubblici, finché si poteva.

Non è mai stato particolarmente tenero con Renzi. Ha cambiato idea?
A me il Renzi che ha provato a salvare le banche, per difendere il risparmio è piaciuto molto. Mi piaceva meno il primo Renzi, quello che piaceva a tutti. Ha iniziato con una cena con Tony Blair a Palazzo Chigi, presentandosi come l’uomo della Terza Via all’italiana.

E a lei non piace la Terza Via…
Non mi è mai piaciuta: è una sinistra che ha perso completamente il ruolo di protezione delle classi più deboli. Ha sposato l’ideologia della Silicon Valley, ha barattato i diritti basilari dei lavoratori per un pranzo servito a domicilio. La sinistra ha responsabilità enormi, gigantesche, nel far emergere il populismo. Perché è diventata estremismo di centro.

Si spieghi meglio…
La nostra crisi ha radici da squilibri che ci portiamo dietro da tanto tempo. Dal momento in cui dici a un’azienda che può produrre dove vuole, che può spostare la sede fiscale dove vuole, che può pagare i lavoratori quanto vuole, che può evitare di pagare le tasse, tu stai dicendo alle aziende che gli abbatti i due costi più importanti: tasse e lavoro. E contemporaneamente dici a tutti gli altri che devono abbassarsi gli stipendi e pagare più tasse. Se per di più, ti auto-definisci di sinistra, ci credo che la gente più s’incazza. Hai spaccato la società in due, hai creato lacerazioni enormi, disequilibri, disuguaglianze. A questo vanno aggiunti due ingredienti, poi.

Quali?
I tassi a zero, che hanno aumentato le disuguaglianze. In America hanno liberato risorse perché gli americani sono indebitati. Quelli europei sono popoli di piccoli risparmiatori: il tasso a zero stimola la leva finanziaria per chi ha, o lo Stato, che paga meno il debito pubblico, ma per tutti gli altri è un disastro.

Il secondo ingrediente?
La tecnologia, ulteriore elemento di compressione salariale. Penso alla gig economy, all’economia dei lavoretti. Lega e Cinque Stelle hanno canalizzato il dissenso.

A proposito: secondo lei i Cinque Stelle sono di sinistra? Anche se oggi viaggiano a braccetto con la Lega?
I Cinque Stelle prendono il colore della fazione con cui si sposano. Nei Cinque Stelle ritrovo un po’ di anarco-capitalismo alla Bannon o alla Peter Thiel – lo Stato dev’essere solo un grande sorvegliante mentre il resto è del mercato – e un po’ di centri sociali, di NoTav, di movimenti per l’acqua pubblica. Loro hanno drenato consenso da tutte le parti: basta una goccia per farlo pendedre a sinistra o a destra. Mi preoccupa di più la Lega, in realtà.

Perché?
Perché sono gli epigoni di Orban in Italia, e l’orbanizzazione dell’Europa è un rischio concreto. È una risposta alla paura. Identifica i nemici sbagliati, come i migranti e i richiedenti asilo, ed è una ricetta che non mi piace. E che non aiuta la società a ricompattarsi.

Un’ultima domanda, Brera: non è un po’ troppo di sinistra, per il mestiere che fa?
Siccome faccio imprenditore e finanza non posso essere di sinistra? Lo sono e lo rivendico eccome. E rivendico la libertà di non condividere buona parte delle soluzioni delle destre sovraniste. La chiusura, come cura per le paure non ha mai portato benefici.

 

Salvini, Di Maio: volete uscire dall’Euro? Ditelo chiaramente

di Fulvio Giuliani

www.linkiesta.it

 

C’è ancora qualcuno disposto a credere che lo sconosciuto (agli elettori di Lega e M5S, ma almeno anche a Di Maio, fino a un mese fa…) Paolo Savona sia il vero, unico motivo che ha portato Salvini e il leader grillino al durissimo scontro con Mattarella?

La domanda è retorica, perché più passano le ore e più risulta politicamente insostenibile la scelta di Matteo Salvini (Di Maio, in questa fase, fa lo sparring del leader leghista). A parte la propaganda più facile, non c’è un motivo che sia uno, che possa giustificare il No della Lega a Giorgetti ministro e la fine dell’intesa giallo-verde. Urlare ‘Savona o morte’, nella migliore delle ipotesi può essere visto come il modo più facile di correre alle urne, evitando il duro confronto fra la realtà e il mitico contratto. Questa, ripetiamo, è la lettura più ‘buonista’.

Perché ora occorre tornare al drammatico accenno del presidente Mattarella a un tema mai posto – ci ha ricordato il presidente della Repubblica – agli elettori: l’uscita dell’Italia dall’Euro. Fra i tanti passaggi importanti del discorso di ieri, è quello con minori spiegazioni fornite dallo stesso Capo dello Stato.

A cosa si riferiva Sergio Mattarella? Al famoso ‘piano B’ del professor Savona, ipotesi più tranquillizzante a ben vedere, oppure a qualcosa di inconfessabile, sotto traccia, una sorta di disegno per portarci fuori dalla moneta unica, di cui il buon vecchio professor Savona sarebbe stato semplicemente uno strumento, più o meno inconsapevole?

C’è qualcosa che non ci è stato ancora detto fino in fondo e non lo scriviamo per alimentare balzane idee di complotti, ma perché non tutto torna. Salvini e Di Maio che buttano all’aria il loro governo del cambiamento, Mattarella irrigidito sulla linea del Piave. Fino a ieri mattina, il tema discusso in pubblico era fare la faccia feroce a Bruxelles, non certo abbandonare Euro e Ue. Oggi, si parla tranquillamente di una campagna elettorale-referendum, su moneta unica ed Europa. Escludendo che questo potesse essere il fine ultimo di Mattarella, non resterebbe che l’altra ipotesi: il nascente governo non lo diceva, ma lo pensava. Almeno, non lo escludeva. Più che sufficiente per mandarci tutti in malora.
Da adesso in avanti, almeno, che le carte siano scoperte: se qualcuno coltiva questa pazza idea lo dica e ne spieghi finalità e conseguenze.
È l’ora che tutti i protagonisti in scena si assumano le loro responsabilità fino in fondo e, visto che ci siamo, lasciando in pace vanesi professori di tutte le età.

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