Legno ed energia in Mugello

La presentazione del progetto Renovo  per la realizzazione di un cogeneratore a biomasse vegetali nell’area di Petrona ha alimentato un dibattito piuttosto vivace nel territorio con alcune prese di posizione da parte di forze politiche che paragonano questo impianto ad un inceneritore per i rifiuti. Così non è per le dimensioni e le caratteristiche dell’impianto (almeno da come è specificato nell’autorizzazione provinciale): si tratta di un impianto da 1 Mwe ovvero 3/4 Mwt che produrrà elettricità ed energia termica che , secondo le indicazioni del progetto, può essere utilizzata dalle aziende vicine(vedi Chima?) e per la produzione di pellet in uno stabilimento che dovrebbe essere attiguo alla centrale. La biomassa che può essere utilizzata nell’impianto é:
Legno prefrantumato e scarti di legno vergine, potature di olivo, sansa vergine a tre fasi, sottoprodotti della gestione del bosco e sottoprodotti della lavorazione dei prodotti forestali e Vinacce vergini. Inoltre ” per il rispetto della filiera corta per la biomassa è necessaria la presentazione, prima dell’inizio dei lavori, degli accordi di reperimento della bimassa locale”. L’autorizzazione è del giugno 2014 e concede un anno per l’inizio dei lavori, forse si poteva con maggiore tranquillità e  trasparenza favorire un più ampio coinvolgimento delle comunità locali e non solo degli operatori del settore. Ripropongo qui di seguito una riflessione che avevo pubblicato all’inizio di dicembre 2014 sulle biomasse in Mugello che, indipendentemente dalla discussione attuale, possono essere una buona opportunità per il territorio anche in previsione della nuova programmazione dei fondi comunitari.(LR)

Legno ed energia in Mugello

Le potenzialità energetiche delle biomasse in Mugello e Valdisieve

cippatrice

“La superficie boscata regionale , che copre oltre il 50% della superficie totale regionale, è in massima parte localizzata in montagna(54,8%), in misura minore in aree collinari (43,5%) e solo in piccola parte in pianura (1,7%). La forma di governo prevalente è il ceduo(75,6%) mentre le fustaie rappresentano solo il 18,8% della superficie totale. La maggior parte del patrimonio forestale appartiene a proprietari privati(80%), con un’alta percentuale di proprietà individuale (55,9%). La restante parte (13,8%), considerando che esiste un 6,2% di proprietà forestale non classificata, è proprietà pubblica, in gran parte regionale (11,4%) corrispondente a circa 110.000 ettari suddivisi in complessi forestali. Nel patrimonio forestale regionale la superficie protetta rappresenta il 22,94%. Se osserviamo la distribuzione dei boschi per classi di superficie tra le aziende private in base ai dati dell’ultimo censimento dell’agricoltura, si osserva che solo il 2% di aziende ha una superficie superiore ai 100 ettari di bosco, per complessivi 227.277 ettari (che corrisponde al 53,39%) della superficie totale dei boschi censiti)”(Valutazione ambientale strategica del Psr 2014-20)

Questi numeri con l’aggiunta degli obiettivi energetici fissati dall’Unione Europea al 2020 anche per la regione Toscana ci danno l’importanza del settore delle biomasse per la riduzione di combustibili di origine fossile e delle emissioni climalteranti ( per la Toscana l’obiettivo è 525 Ktep rispetto ai poco più di 100 attuali). Un apporto consistente alla produzione di energia può venire anche dai residui delle produzioni agricole, in particolare delle colture arboree, solo in provincia di Firenze i residui dalle coltivazioni di vite e olivo ammontano a 60.240 tonnellate all’anno ( secondo un’analisi effettuata sui residui di vite e olivo nel Chianti fiorentino la produzione potenziale di biomasse è stimata in 7.833 t/anno per la vite e in 31.005 t/anno per l’olivo).

Nel dicembre del 2012 La Regione Toscana ha sottoscritto un protocollo d’intesa per l’attivazione della filiera bosco-legno-energia con Anci, Uncem, organizzazioni sindacali dei lavoratori, organizzazioni agricole e della cooperazione ” per promuovere la realizzazione nel territorio toscano di una rete di piccoli impianti di produzione di energia elettrica e termica (cogenerazione) rinnovabile, della potenza complessiva di 70 Mw elettrici, alimentati da biomassa legnosa prodotta da filiera corta(…) favorire la collocazione preferibilmente nelle zone industrializzate, anche con la finalità di assicurare un impiego del calore prodotto(…) promuovere l’impiego di impianti di cogenerazione di potenza inferiore a 1 Mwe”.
Una volontà programmatica sostenuta dalla grande disponibilità di materia prima e di biomassa residue proveniente dalle lavorazioni boschive, dalle lavorazioni agricole e dalla manutenzione del verde e dagli interventi di bonifica, dalle lavorazioni di segherie e industrie del legno che un indagine di Arsia del 2009 stabiliva in circa 700.000 t. annue.
“Complessivamente, nella nostra regione, le biomasse agroforestali a destinazione energetica(residuali e da colture dedicate) potrebbero apportare annualmente circa 39.000.000 GJ, 24 dei quali dal comparto agricolo e 15 da quello forestale, che , ipotizzando la conversione delle biomasse in piccoli impianti di cogenerazione potrebbero essere tradotti in 300 Mw di potenze installabili”(E.Bonari).

Il Mugello e la Valdisieve con una copertura forestale che si avvicina al 70% dovrebbero avere un ruolo di primo piano nel futuro energetico della regione con grosse potenzialità per diventare un distretto energetico delle rinnovabili capace di creare lavoro e cura del territorio. Si tratta anche di un settore dove l’innovazione tecnologica è costante con risultati significativi nella costruzione di caldaie ad altissima efficienza energetica (tra l’85 e il 95%), la realizzazione di impianti di abbattimento dei fumi e loro recupero energetico, impianti innovativi di piccole dimensioni per pirolisi da biomasse. Il MUgello può vantare in questo campo un centro di ricerca di livello internazionale, il Consorzio Record, che ha sede nel comune di Scarperia ed è partecipato dall’Università e dalla Pianvallico Spa. Il laboratorio K182 collabora con governi e ministeri e anche con grosse compagnie a livello internazionale. “L’argomento delle bioenergie è spesso trattato con scarsa informazione e pregiudizi politici – ha dichiarato tempo fa il prof. Chiaramonti del Crear – con le giuste tecnologie e la giusta agricoltura, può essere una grande risorsa, compatibile con il territorio e le sue caratteristiche”.

Alcuni enti locali hanno creduto da tempo in questa grande risorsa derivante dalla lavorazione e cura dei nostri boschi ed hanno investito per realizzare impianti a servizio di strutture pubbliche e anche di piccole frazioni. In particolare l’Unione della Valdisieve ha creato il primo impianto a Rincine ( dove esistono anche miniydro e minieolico) e successivamente le centrali a biomassa di Pomino e Castagno d’andrea che forniscono acqua calda agli abitanti delle due frazioni di Rufina e San Godenzo. Si tratta di impianti di piccole dimensioni con caldaie da 970 Kwt con un fabbisogno annuo di 600/700 tonnellate di cippato ciascuna. Il comune di Vicchio ha installato una caldaia da 880 Kwt per riscaldare numerosi edifici pubblici con un consumo annuo di 550 t. di cippato.
L’impianto più grosso che si sta realizzando in Mugello è nel comune di Firenzuola ed è comunque inferiore a 1Mwe e prevede la trasformazione del cippato in syngas per la produzione di energia.
La sola Cooperativa Agriambiente che gestisce tramite MGE srl l’impianto di Pomino e quello privato della Casa di Riposo San Francesco ricava dai lavori di manutenzione forestale e del verde pubblico circa 1400 t. di biomassa da poter cippare e altre 700 da tronchi. Secondo dati ancora più recenti forniti in occasione di un convegno nel periodo agosto 2013/agosto 2014 Agriambiente   ha raccolto biomassa per 43.000 quintali proveniente per il 33% da lavori di bonifica , per il 38% da diradamenti, per il 28% da altri interventi forestali e per l’1% da segherie. Ma i soggetti che lavorano in campo forestale sono diversi e molti di questi sono oggi obbligati a portare la loro produzione fuori zona e fuori regione per mancanza di impianti oppure perchè alcune centrali di grosse dimensioni anche vicine non pagano prezzi remunerativi preferendo importare biomasse da altre zone della Toscana. La scelta della regione di sostenere unicamente impianti di potenza inferiore o uguale al Mw è corretta per vari motivi: 1) minor impatto ambientale;2) possibilità di funzionare con una filiera corta;3)favorire la produzione diffusa di energia termica ed elettrica con vantaggi per aziende e cittadini;4) creazione di posti di lavoro diretti e indiretti ; 6) favorire la cura del bosco con ricadute positive per l’assetto idrogeologico.

Non bisogna certo dimenticare che dalla combustione del legno si ottengono anche emissioni in atmosfera, principalmente anidride carbonica e vapore acqueo, ma anche ossidi di azoto, ossidi di zolfo, monossido di carbonio e idrocarburi incombusti(HC). I processi di combustione generano anche polveri sottili che possono costituire un fattore di rischio. Sono tutti fattori da tenere ben presenti in una valutazione ambientale anche se le caldaie di ultima generazione ad alta efficienza hanno emissioni simili a quelle del gas naturale e inferiori al gasolio e ai normali impianti a biomasse di uso domestico e sono dotate di filtri di abbattimento del particolato.

L’azione di agricoltori e selvicoltori fornisce inoltre un contributo attivo alla mitigazione dell’effetto serra, sia per la produzione di energia da fonti rinnovabili che per l’accumulo di sostanza organica nei suoli agricoli (carbon sink) e nelle foreste.
Anche a valle della filiera dei combustibili legnosi si può agire sulla mitigazione del cambiamento climatico attraverso l’utilizzo di centrali di teleriscaldamento, anche accoppiate a cogenerazione termica e elettrica, al servizio di più utenze e con impatto molto più contenuto rispetto a tante piccole stufe o caminetti. La realizzazione, ad esempio, di una rete di teleriscaldamento prevede però il confronto con le comunità locali, per valutare quali obiettivi fissare e quali azioni intraprendere: una buona prassi in questo caso è il Patto dei Sindaci, un movimento europeo che coinvolge direttamente gli Enti locali che si impegnano a ridurre le emissioni di CO2 oltre quel 20% fissato dal pacchetto clima-energia per il 2020.”(F.Serafini) Ed è quello che è stato fatto con i progetti portati avanti dalla Montagna Fiorentina a Pomino, Castagno e Vallombrosa.biomasse-castagno


Già una ricerca realizzata nel 2006 per il progetto Mugello Sostenibilità Ambientale (Mu.sa)metteva in evidenza la convenienza nell’utilizzo della biomassa locale legandola a “quattro fattori tecnici e strategici”:

1)La gestione razionale dei cantieri di taglio ed esbosco, dell’attività di trasformazione(i.e. cippatura) e della connessa attività logistica, ovvero i costi di trasporto e stoccaggio, che possono fortemente incidere sui costi del materiale alla bocca dell’impianto energetico;

2)I sistemi di produzione di energia, ovvero il tipo e le dimensioni degli impianti, le modalità di alimentazione degli stessi, l’assortimentazione del materiale e il rendimento energetico;

3)La dinamica dei costi di produzione di energia da altri combustibili convenzionali;

4)La capacità degli Enti Locali di operare scelte a sostegno dello sviluppo della filiera bosco-legno-energia che, nel concreto, dimostrino la volontà di contabilizzare e “pagare” per i benefici macro-economici locali e per i servizi ambientali derivanti dalla gestione sostenibile della risorsa forestale.

Lo studio analizza le potenzialità forestali del territorio del Mugello prevedendo tre scenari di utilizzo della biomasse derivante da lavori forestali, da quello massimo fino a quello minimo con una forbice molto elevata determinata dal grado di accessibilità, pendenza, periodicità dei tagli. Nello scenario intermedio si prevede di poter ottenere un potenziale energetico di 192.727 Mwh che corrisponde a circa 42 caldaie da 500 Kwt. A queste vanno aggiunte le biomasse cosiddette secondarie che sono gli scarti delle produzioni agricole , in particolare potature, la biomassa dei tagli lungo l’alveo dei fiumi che secondo le analisi del Cnr-Ivalsa possono fornire tra 600 e 1000 qt ha, biomassa da tagli di abetine deperienti, il recupero del legname invenduto e gli scarti di lavorazione dell’industria del legno.
Ovviamente dalla potenzialità al pieno utilizzo il passo non è breve e un piano di sviluppo e valorizzazione deve essere supportato da una seria analisi e quantificazione della domanda e dell’offerta a livello locale, con un’attenta programmazione dell’attività forestale e agricola per ottenere gli obiettivi di sostenibilità, riduzione delle emissioni di Co2 e creazione di nuova occupazione. La virtuosità di questo processo risiede esclusivamente nella possibilità di chiudere la filiera a livello locale rendendo il sistema autonomo e non dipendente da biomassa proveniente da fuori zona.
Un altro aspetto interessante legato alle biomasse riguarda la trasformazione in pellet di cui l’Italia è un grande consumatore e che importa non solo da paesi europei come l’Austria ma addirittura da Canada e Usa, anche in questo caso ci sono le quantità per inserirsi in questo mercato ricco e alcuni imprenditori locali hanno manifestato più volte questa volontà per ora frenata da un investimento iniziale non trascurabile. Un aiuto in tal senso potrebbe venire dalla nuova programmazione comunitaria 2014-20.
“Azioni per lo sviluppo della filiera portano sia impatti che interazioni positive , che predominano rispetto agli impatti negativi: si innescano infatti impatti macroeconomici (ad esempio, effetti occupazionali, creazione di valore aggiunto locale ed impulso all’imprenditorialità locale), oltre che una ampia serie di esternalità positive sociali ed ambientali, che deriverebbero ad esempio da una valorizzazione dei boschi cedui, in termini di tutela ambientale, di prevenzione degli incendi, di salvaguardia dai rischi di dissesto idrogeologico e, non ultimo, di potenziale contributo alla riduzione delle emissioni climalteranti.”(studio ecosolutions per Mu .Sa).impiantocippato

Oggi il settore è ancora troppo frammentato e mancano alcune strutture che permetterebbero di ottimizzare la raccolta e i costi, come piattaforme comuni di stoccaggio. anche se negli ultimi anni sono stati finanziati vari progetti che hanno migliorato sia le procedure di raccolta, sia la trasformazione delle biomasse di natura boschiva e agricola, sia le possibilità di utilizzo energetico con la creazione di nuovi impianti e prototipi di varie dimensioni. In Valdisieve è stata fatta la scelta di realizzare la prima Foresta Modello d’Italia e la seconda d’Europa coinvolgendo soggetti pubblici e imprese private agricole e della lavorazione del legno per una gestione sostenibile della risorsa forestale , la sua certificazione e interessanti ricadute di natura turistica e ambientale. Si tratta di un’esperienza coraggiosa che potrà avere ricadute importanti per la provincia di Firenze e per la salvaguardia del suo ricco patrimonio forestale con un’attenzione alla valorizzazione economica della risorsa legno sia dal punto di vista energetico che da quello edilizio.
Il Mugello – Valdisieve può essere allora un distretto per le energie rinnovabili, come già avviene in molti altri paesi europei? Uno sviluppo che non può certo basarsi sull’utilizzo solo delle biomasse ma su un processo di produzione diffusa di energia che valorizzi anche impianti aziendali e installazione di fotovoltaico(non su terreni agricoli) , di minieolico(con ridotto impatto ambientale) e miniydro.
La nuova programmazione europea, sia rivolta alle aziende che agli enti locali, può essere un aiuto non secondario al raggiungimento di obiettivi di sostenibilità che ci vengono indicati dalle stesse direttive comunitarie.

 

Leonardo Romagnoli

4.12.14

Aggiungo all’articolo il dossier di legambiente 2014 sul teleriscaldamento con riferimento anche alle biomasse. In relazione alla Toscana mi sembra che il rapporto trascuri le interessanti esperienze di enti locali come l’Unione della valdisieve giustamente premiata in più di un’occasione anche nel più avanzato, per l’uso di biomasse forestali,  Trentino Alto Adige

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