Parigi sotto attacco
di leonardo coen
da Ilfattoquotidiano.it
La Jihad attacca di nuovo Parigi e detta così è detto poco. Dopo lo stupore e degli attentati perpetrati lo scorso gennaio – l’assalto a Charlie Hebdo, la strage all’Yper kosher – c’era stata la grande mobilitazione popolare contro il fanatismo e i fattori di radicalizzazione islamica. Siamo tutti Charlie, è stata allora la parola d’ordine. Gridata da quaranta capi di Stato, da milioni e milioni di persone. Una mobilitazione popolare vasta e rassicurante. Poi, col passare delle settimane, i sentimenti di indignazione e di impotenza si erano lentamente dissolti, lo Stato aveva varato un imponente struttura di sicurezza e prevenzione, e la grande paura pareva ormai un ricordo, sia pure penoso per il prezzo pagato, le vittime uccise in nome di un’intransigenza religiosa.
Gli apparati antiterrorismo, i servizi e l’Europol da mesi hanno alzato i loro livelli d’allarme. Ma ancora una volta si sono dimostrati inefficaci. Il problema è che le azioni di venerdì sera sono ben altra cosa della strage a Charlie Hebdo. Il settimanale satirico era un obiettivo annunciato. Gli attentati di ieri hanno avuto una sola logica, quella di seminare morte e suscitare la reazione della gente. Provocare una crisi politica, obbligare l’Eliseo a scelte illiberali. Alzare muro contro muro.
L’insolenza dell’attacco allo stadio è un segnale per irridere alla superiorità tecnologica e allo strapotere dell’Occidente. E’ facile immaginare come sarà Parigi da stamani, al suo risveglio, attonita, stupefatta, incazzata. Occhio per occhio e dente per dente, chiederanno i demagoghi e le destre.
Pane per l’Isis, che vuole proprio questo. La proditorietà della lunga notte di venerdì 13 novembre, in termini di prestigio, per il califfato e i suoi seguaci è inestimabile.
Ecco l’editoriale pubblicato oggi da Libération con il titolo “Le plus grand défi”(la sfida più grande):
La barbarie terrorista ha oltrepassato una tappa storica. Un massacro coordinato nel cuore di Parigi e allo Stade de France, condotto con una fredda determinazione, con l’obiettivo di moltiplicare le vittime. Neanche al culmine degli scontri legati alla guerra civile algerina degli anni ‘90, la Francia aveva mai conosciuto questo grado di violenza. E’ la Francia, la sua politica, il suo ruolo internazionale, che sono presi di mira dagli assassini, non in attentati mirati come quello di Charlie Hebdo o dell’Hyper Cacher, ma attraverso una crudeltà indistinta, scatenata per ispirare il terrore a tutto un popolo. I luoghi colpiti, dedicati alla distrazione e alla convivialità, sono stati voluti, come a significare davvero che i francesi sono ormai minacciati nella loro vita più semplice e più amichevole.
La paura davanti all’ampiezza del massacro, la compassione per le vittime sono le reazioni più immediate e umane. Il pensiero va innanzitutto alle vittime e alle loro famiglie. Il resto è questione di sangue freddo e di civismo. La società francese deve armarsi di coraggio per non cedere niente agli assassini, per esercitare la sua vigilanza e la sua volontà indefettibile di far fronte all’orrore basandosi suoi principi del diritto e della solidarietà. La Repubblica, il suo Stato mobilitato e le sue forze dell’ordine affronteranno la prova senza tremare, con tutta l’efficacia che è loro propria. E’ impossibile non collegare questi avvenimenti sanguinosi ai combattimenti che sono in corso in Medio Oriente. La Francia fa la sua parte. Deve continuare la sua azione senza battere ciglio. Solo l’unità del Paese, solida e volontaria, basata sui suoi valori, permetterà al Paese di affrontare la sua sfida più grande.
di Laurent Joffrin, direttore editoriale di Libération