La Cna Mugello critica verso il “decreto dignità”

DECRETO DIGNITÀ, CNA: NON È UN PROVVEDIMENTO CHE AIUTA LO SVILUPPO ECONOMICO. PREOCCUPANTE LA RIFORMA DEI CONTRATTI A TEMPO DETERMINATO 

Capecchi, CNA Mugello: i rischi sono il calo dell’occupazione e la crescita del sommerso. Un “delitto” vista la crescita di occupazione nel Mugello: +5% circa nell’ultimo anno.La proposta: per un’occupazione stabile è necessario un nuovo sistema di incentivazione che spinga e premi la stabilità e una significativa riduzione del cuneo fiscale

Non è certo un provvedimento che aiuta lo sviluppo economico del nostro paese, né del nostro territorio, entrambi basati sulla piccola e media impresa. In base ai dati della Camera di Commercio di Firenze, 5.230 imprese (per il 35% artigiane) di tutti i settori produttivi nel Mugello, che danno lavoro a 18.119 persone (il 5% degli addetti di tutta la provincia), senza delocalizzare, ma invece investendo e vivendo sul territorio. Dovrebbe essere interesse di Governi e Enti Locali, ognuno per le proprie competenze, lavorare per lo sviluppo di questi settori e rendere le aziende più competitive. E invece, ancora una volta, così non è stato”.

Così, Massimo Capecchi, Presidente dell’area Mugello di CNA Firenze Metropolitana, nel commentare il recente Decreto Dignità che, per ciò che concerne le imprese, ritiene andare nella direzione della complicazione, della minor flessibilità occupazionale e dell’aumento dei costi.

A preoccupare l’associazione degli artigiani fiorentini è principalmente l’irrigidimento prodotto dalla reintroduzione della causale nei contratti a tempo determinato, che finirà per penalizzare proprio quanti stanno creando occupazionevanificando così la crescita occupazionale dell’ultimo anno: + 780 addetti in tutto il Mugello, con un incremento globale di circa 5% al 1° trimestre 2018 rispetto al 1° trimestre 2017 ed uno dell’1,4% per il solo artigianato” spiega Paolo Gianassi, coordinatore del Mugello per CNA.

Massimo Capecchi ricorda la posizione che la CNA ha preso a livello nazionale, cioè che l’intento del Decreto di contrastare il lavoro irregolare rischia invece di trasformarsi in un boomerang, disincentivando proprio la stabilizzazione, con la probabile crescita del contenzioso giudiziario (ridotto negli ultimi anni proprio dall’eliminazione della causale), sostenuto in ciò anche dall’allungamento del periodo di tempo nel quale sarà possibile impugnare il contratto.

Esistono inoltre anche ulteriori motivi di insoddisfazione per CNA. Il Decreto, oltre a reintrodurre l’inutile vessillo dell’obbligo di motivazione, accorcia di ben un terzo la possibile durata dei contratti a termine, che passano da 36 mesi a 24, ne irrigidisce la gestione, riducendo le proroghe a 4, e ne aumenta fortemente i costi, introducendo un costo aggiuntivo crescente fino al 2%.

Facendo valere le nuove regole anche per i contratti di somministrazione, il Decreto, inoltre, finisce per colpire, anacronisticamente, anche le agenzie autorizzate, vanificando così, dopo venti anni dalla Legge Treu (1997), il maggior ambito di flessibilità che imprese e lavoratori hanno concordato nel tempo attraverso la contrattazione collettiva specifica di settore.

Quel che serve per un’occupazione stabile è un nuovo sistema di incentivazione che spinga e premi la stabilità e un intervento significativo sulla riduzione del cuneo fiscale abbassando il costo del lavoro per le imprese e incrementando i salari dei lavoratori.

Per CNA è perciò irrinunciabile un ripensamento su questa parte del decreto in fase di conversione.

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