Una lettera sulla vicenda Vicchio

Il punto di vista di un giornalista attento alle vicende mugellane

Caro Leonardo,
ho letto con interesse il tuo articolo sul caso vicchiese del crocefisso, così come leggo con attenzione tutti gli articoli che ogni giorno pubblicate. E devo dire che sono molte le riflessioni che condivido. Siccome però, anche se indirettamente, mi sento tra quelli tirati in causa, ci tengo, da collega, a fare alcune precisazioni. Bada bene, non mi disturba affatto ricevere delle obiezioni a quanto scrivo, sia che mi chiamino in causa direttamente, sia che mi coinvolgano genericamente in termini di categoria. Scrivo questa lettera senza alcuna vena polemica, ma solo e soltanto perché credo che il confronto sia sempre utile.
Concordo pienamente con te che la polemica è stata su molti versanti assai strumentale. Concordo con te che molti rappresentanti politici aprano bocca soltanto per cogliere l’occasione di essere citati sugli organi di stampa. Ma è anche vero che il diritto-dovere di cronaca non ci impone, ma certo ci consiglia, di dare spazio allo scambio di opinioni che c’è stato.
Posso convenire con te che alcuni rappresentanti politici abbiano fatto dichiarazioni eccessivamente accalorate, ma è innegabile che dal momento che Vicchio ha rappresentato un caso unico a livello nazionale, era difficile ignorare la situazione. Rispetto la tua scelta di discrezione su un argomento che ritieni delicato. Personalmente, mi ritengo così "laico" da non ritenere affatto il crocefisso più "delicato" di altre questioni al centro dell’agenda politica. Per questo ne ho parlato con la stessa naturalezza con cui affronto mille altri argomenti.
Devo dire che però non condivido la tua posizione, secondo cui chi non assiste a un consiglio comunale non sarebbe legittimato a parlarne. Altrimenti soltanto testate locali, che hanno una capacità di copertura degli eventi assolutamente superiore agli altri, avrebbero diritto di raccontare quanto successo.
Permettimi, poi, un’ultima considerazione. Personalmente credo che il consiglio comunale di Vicchio non abbia fatto nulla di oltraggioso; anzi: ritengo che abbia approvato un atto costituzionalmente ineccepibile. Ritengo anche che la spaccatura nella maggioranza al momento del voto tale non sia. Si è trattato di un comunissimo caso di libertà di coscienza, tanto che il capogruppo del PD ha scelto saggiamente di astenersi. Ma se di fronte alla polemica che monta, una Giunta decide di non esprimersi soltanto perché il giornalista che la interpella è stato critico in passato nei suoi confronti, è inevitabile che nell’articolo ci sia maggiore risalto alle accuse e alle polemiche. E’ un punto cruciale: molti politici credono che non parlare a giornalisti sgraditi sia un grave danno per quei giornalisti. In realtà la politica, a torto convinta di essere vittima del codiddetto tritacarne giornalistico, non si rende conto che non parlare quasi sempre finisce per ritorcersi contro di lei. E’ come quel marito che trova la moglie a letto con l’amante…
Credo che se Izzo, che tra l’altro aveva votato contro all’odg sul crocefisso, avesse avuto un atteggiamento più laico nei confronti della stampa, probabilmente le polemiche sarebbero state molto ridimensionate.
Con stima,
Giulio Gori

 

Ringrazio Giulio per l’intervento anche se la mia riflessione non aveva preso in considerazione un articolo specifico.Anzi devo dare atto di un’attenzione puntuale da parte del Corriere fiorentino alle vicende mugellane .Una precisazione la devo fare sull’affermazione secondo cui chi non assiste a un consiglio comunale non sarebbe legittimato a parlarne. Io ho scritto "Allora tutti a farsi intervistare, esprimere opinioni che nulla aggiungono alla disputa, a parlare per sentito dire, ma nessuno che si sia presentato ad assistere al dibattito in consiglio" e il riferimento non era ai giornalisti ma ai tanti cittadini che pur sapendo di cosa si discuteva in consiglio si sono guardati bene dal partecipare.
lr

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