Smettete di chiamare Trump un populista

Smettete di chiamare Trump un populista

di Paul Krugman

Un messaggio a coloro che sui media dell’informazione continuano a chiamare Trump “populista”: non credo che quella parola significhi quello che pensate.

È vero che, all’occasione, Trump si presenta ancora come il sostenitore degli interessi degli americani comuni che lavorano contro quelli delle classi dirigenti. E suppongo che in un certo senso il suo abbraccio del nazionalismo bianco dia voce agli americani comuni che condividono il suo razzismo ma non si sono sentiti capaci di esprimere pubblicamente il loro pregiudizio.

Ma è stato in carica per un anno e mezzo, un tempo sufficiente per essere giudicato per quello che fa, non per quello che dice. E la sua Amministrazione è stata incessantemente contro i lavoratori, su ogni fronte. Trump è un populista nello stesso modo in cui è religioso – ovvero, non lo è affatto.

Cominciamo dalla politica fiscale, dove la massima realizzazione legislativa è un taglio delle tasse che va a vantaggio principalmente delle società – i cui pagamenti al fisco sono crollati in un precipizio – e non ha fatto nulla per aumentare i salari. Il programma fiscale fa così poco per i normali americani che i repubblicani hanno smesso di farne oggetto della campagna elettorale. Tuttavia l’Amministrazione sta ventilando l’idea (probabilmente illegale) di utilizzare il suo potere esecutivo per tagliare le tasse sui ricchi per altri 100 miliardi di dollari.

C’è poi la politica sanitaria, dove Trump, non essendo riuscito ad abrogare la riforma sanitaria di Obama – che sarebbe stato un colpo di vaste proporzioni per le famiglie dei lavoratori – si è piuttosto impegnato in una campagna di sabotaggio che ha probabilmente innalzato le polizze delle assicurazioni di quasi il 20 per cento, rispetto a quelle che sarebbero state altrimenti. Inevitabilmente, il prezzo di queste polizze più elevate ricade più pesantemente sulle famiglie che guadagnano appena un po’ di più della soglia dei requisiti per i sussidi, ovvero sulla parte della classe lavoratrice con redditi più elevati.

C’è poi la politica del lavoro, dove la Amministrazione Trump si è mossa su vari fronti per liquidare i regolamenti che avevano protetto i lavoratori dallo sfruttamento, dagli infortuni e da altro ancora.

Ma la politica in senso stretto non ci dà il quadro completo. Si deve anche guardare alle nomine di Trump. Quando si ragiona delle politiche che hanno effetti sui lavoratori, Trump ha creato una squadra di sodali: quasi tutte le posizioni importanti sono andate ai lobbisti o a qualcuno con forti collegamenti finanziari con il settore. Gli interessi del lavoro non hanno ricevuto alcuna rappresentazione.

E la nomina di Brett Kavanaugh alla Corte Suprema merita una attenzione particolare. In molti non sanno niente di Kavanaugh, in parte perché il Senato sta bloccando le richieste dei democratici per maggiori informazioni. Ma sappiamo che egli è estremamente, aspramente ostile ai lavoratori, nei modi che prevalgono nella destra tradizionale, e in buona misura persino tra la maggioranza dei repubblicani.

L’esempio più noto di questi punti di vista radicalmente ostili ai lavoratori è la sua tesi secondo la quale SeaWorld [1]non dovrebbe pagare alcun prezzo dopo che un’orca assassina ha ucciso una delle sue lavoratrici, perché la vittima avrebbe dovuto conoscere i rischi quando accettò il posto di lavoro. Ma c’è molto di più nel suo curriculum di estremismo contro i lavoratori.

Quando tenete a mente che Kavanaugh, se confermato, sarà in circolazione per un lungo periodo, quell’estremismo sarebbe sufficiente a giustificare un rigetto della sua nomina – in particolare quando si aggiungesse il suo sostegno per un illimitato potere presidenziale e tutto quello che i repubblicani stanno cercando di nascondere nelle sue prestazioni passate.

Ma perché Trump, il sedicente campione dei lavoratori americani, avrebbe scelto un personaggio del genere? Perché starebbe facendo tutto quello che fa per danneggiare proprio le persone che lo hanno messo alla Casa Bianca?

Non conosco la risposta, ma penso proprio che la spiegazione più comune – secondo la quale Trump, che è sia pigro che supremamente all’oscuro dei dettagli della politica, sarebbe stato inconsapevolmente catturato dall’ortodossia del Partito Repubblicano – sottostimano il Presidente e lo fanno sembrare più carino di quanto non sia.

Osservando le iniziative di Trump, è difficile sfuggire all’impressione che egli sappia molto bene che sta infliggendo una punizione alla sua stessa base. Ma è un individuo a cui piace umiliare gli altri, in modi grandi o piccoli. E la mia impressione è che effettivamente provi soddisfazione nell’osservare che i suoi sostenitori gli vanno dietro anche se lui li tradisce.

Di fatto, il suo disprezzo per la sua base di lavoratori talvolta si manifesta apertamente. Vi ricordate il suo “amo le persone con poca istruzione”? Vi ricordate la sua vanteria per la quale avrebbe potuto sparare a qualcuno sulla Quinta Strada senza perdere un elettore?

In ogni modo, qualsiasi siano le sue motivazioni, il vero Trump è l’opposto di un populista. E la sua guerra commerciale non modifica affatto tale giudizio. William McKinley, la quintessenza di Presidente dell’Età Dorata che sconfisse uno sfidante populista, era anche un protezionista. Inoltre, la guerra commerciale trumpiana viene messa in pratica in un modo che produce il massimo danno sui lavoratori americani in cambio di minimi benefici.

Se non è un populista, tuttavia, Trump è un bugiardo patologico, l’uomo più disonesto che abbia mai avuto la sua carica in America. E la sua pretesa di stare dalla parte degli americani che lavorano è una delle sue bugie più grandi.

Il che mi riporta ai media che usano il termine “populista”. Quando si descrive Trump utilizzando quella parola, in effetti si è complici della sua bugia – particolarmente quando lo si fa nel contesto di una presunta informazione oggettiva.

E non si deve far questo. Si può descrivere ciò che Trump sta facendo senza usare parole che gli danno credito dove non gli è dovuto. Lui raggira i suoi sostenitori; non lo si deve aiutare a farlo.

[1] SeaWorld è una catena americana di parchi di mammiferi, di acquari marini, di parchi tematici di animali e di centri di riabilitazione.

New York Times 2 agosto

www.fataturchinaeconomics.com

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