Bokassa non paga – AKELDAMA'(il campo di sangue)

AKELDAMA’

(Il campo di sangue)

Bokassa non paga


 

 

 

 

 

 

 

 

 

E’ notte fonda, cupa come un Giovedì santo. Fuori dal locale, sul passo del Cavallino, alcuni personaggi fumano in panciolle seduti sulle sedie di plastica, qualcuno dormicchia reggendosi il capo, qualcun altro conta i soldi rimasti dalle bevute. Akeldamà. La vecchia insegna pulsa di elettricità illuminando a tratti la statale. Sulla porta tremula del bar appoggio la sinistra al vetro, per un attimo dimentico tutto, e penso soltanto a Betta, che aveva gli occhi verdi…

Seratina niente male direi! Patty Stella e gli Amici del Sole per accontentare i vecchi, poi la chitarra sgargiante di Giorgione da Predappio, infine i salmi remixati e Pippo dj in console. A una certa la musica è divenuta un miscuglio così informe che c’ho capito niente. Guardavo le coppie volteggiare, i bimbetti scolarsi Bombay infiammati, i forestieri gioire di brutto per una disco-balera sperduta nel nulla sull’Appennino. Adesso sono così stanco dopo tutto questo sfracellarmi al muro, sgomitare e rimbalzare come una pallina da ping pong…!

« Ho sognato ch’ero ricco, l’altra sera, ricco sfondato. E’ per questo che ho la fede, o no? ».

« Sì sì, bravo, ma…la biondina…t’ho beccato, sai… – Il Ninja biascica sputacchiando goccioline di rosso nell’aria tersa – e la Rabù l’hai vista stasera? Quelle mele … oh come le ragionavan tra loro, su e giù su e giù, gli mancava la parola! ».

Poi colpisce il braccio di Nellino che alza appena la testa guardandolo di sghimbescio.

« ‘Scolta Ninja, se le potean parlare t’avean già dato di bischero ».

Le mele di Rabù, il fumo, la musica del giovedì all’Akeldamà. Ne posso più, a dire il vero, questo lo san tutti… e tutti sapevano che l’avrei venduto per il prezzo di uno schiavo. Mica male, no? Smack! Tum Tum Tum. «Largo, fate largo!». Il tumulto! Eran tutti d’accordo, eh, tutti! Ma l’artefice chi fu? Io, diavolo! I dieci minuti più esplosivi della storia. Qualcuno ci scriverà un romanzetto evangelico, un best-seller internazionale. Wow…!
Beh, comunque…c’è dell’altro. Ho conosciuto una tipa, si chiama Betta. Prima di incontrarla avevo ancora dei dubbi, se farlo o non farlo. Una carognata, forse? Poi… ho visto lei e allora ciao ciao Rabbì e tanti saluti a Cristo! Quel ciarlatano mi ha comprato a suon di barzellette. E fate bene a giudicare voi, ma si campa mica, con le barzellette! Io non sono così forte, sono un uomo. Ma insomma…! Laggiù niente più pesce, quassù terre svendute al miglior offerente! C’è più niente da mangiare! Solo radici e insetti… A valle, invece, nella città dorata, i sommi sacerdoti ne sgranano a chili di carne arrostita al fuoco con la testa, le gambe e pure le viscere. Di solito lo fanno avanzare fino al mattino e quello che al mattino avanza lo bruciano. Ma io no! Io mangio cavallette e un po’ di miele selvatico, se va bene.
Allora ho smesso di pormi domande. Il giudeo mi aveva detto: «Quel che devi fare, fallo presto». Ho chiuso gli occhi, la mano dietro i suoi capelli oleosi, le barbe di spine che si tagliavano a vicenda. La saliva pungente come un cuore di plastica bruciato al sole. Mentre lo portavano via mi ha guardato prima di abbassare il capo, quasi fosse colpa sua. E lo era! Poteva evitare di raccontare tutte quelle balle! Qua ci si mette poco a credere alle favole, siamo gente semplice, noi… 

« Parigi finita! », gorgoglia il Ninja, mettendo in mostra una maschera dentaria fatta di tartaro e uva pesta. Rabù, la proprietaria, tira giù il bandone dell’Akeldamà dopo aver fatto uscire gli ultimi guerrieri della notte.

« Ciao Rabù »

« Tciò… ci vediam domani! »

Nello, con la sua treccia da museo, fuma l’ennesima Camel mettendo fine al sonno. Lo imito infilandomi tra le labbra una Dunhill. La scritta Akeldamà ci lampeggia sulla testa come l’insegna di un motel in un film dell’orrore.

« Eh bella mossa Escariota, l’avrei fatto anch’io! »

« Qualcuno doveva pur farlo… », rispondo scoglionato, soffiando via nugoli di fumo.

« Invece sai, il tuo amico Pietralla poco fa sapeva niente. E’ sgusciato via come un’anguilla! »

Tsè…e poi dicono di me…la verità è che nella piazza siamo tutti disgraziati, nessuno che abbia avuto coraggio, io sono quello dei lavori sporchi! Me la sono sentita, così, all’improvviso. E così sono andato in città e gliel’ho offerto su un piatto d’argento:

« Oh il nazareno sta a una festa al Cavallino! E’ proprio lui mica vi prendo in giro… »

« Quaranta? »

« Facciam venti? »

« Diamogli nel mezzo, e non se ne parli più »

« Sei proprio un Giuda »

« Eh beh »

Al ritorno ho ballato tutta la notte prima dell’arrivo delle guardie. Con Betta era quasi una trance, un Devekut, come lo chiamano da ‘ste parti. Stringersi a Dio nella preghiera. O a una donna, nel desiderio. Ma ora il tempo è scaduto, la strada inizia a luccicare e le stelle vanno a morire. C’è un’aria preoccupante questa primavera, la tensione si affetta col coltello: ai festaioli si mescolano gli assassini, le spie, i rivoltosi. Gli zeloti di Barabba seminano bombe al passaggio dei carri romani e l’Appennino è in preda alle fiamme. I sommi sacerdoti, giù al Tempio, attendono immobili nelle loro tuniche di lana decorata, coi pettorali che strabordano di pietre scintillanti e le fasce in vita arrostite di perle bionde. Il loro potere arriva fin quassù, sui valichi semi-abbandonati, lungo le crepe delle case cantoniere. Tutto va in malora, e loro attendono.

« Ragazzi io devo andarmene da qui, troppo casino, o farò la fine del Fante »

Il Ninja sobbalza, si alza in piedi goffamente urtando il tavolino appiccicoso di amaro. Prima di parlare fa dondolare il busto a destra e a sinistra, scioglie i muscoli del corpo, come a testare la sua stessa esistenza.

« Oh lascia fare i morti! Quello zelota beota se l’è cercata! »

« M’importa niente, c’è poco da fidarsi delle guardie, ché qua ci vuol niente a finir su una croce…»

« Ma te non ci pensare a i’ giudeo, ven via! Quello tanto durava poco, l’avean già preso di mira! Facea le magie facea, i’ cieco, i’ pane, i’ pesci, i’ vino. Guarda che c’ha la gente dietro quello lì…l’aiutano co…co…come si chiamano…i giochi di prestigio. E tutti a abboccare sai. E anche te! »

« Io non ho abboccato proprio a niente! Tant’è che ho fatto il mio dovere e me
ne vado ».

« Fa’ come ttu vòi, io te l’ho detto »

Nellino getta il mozzicone a terra schiacciandolo col tacco. Poi mi mette una mano sulla spalla, gli occhi insieme rossi e gelidi, immobili sui miei.

« Giuda ascolta me, lascialo fare quello stordito…al campo di sangue passa una carovana per il mare. Vai là e prendi il largo finchè non si calmano le acque, è la cosa migliore. Questo mondo è duro da capire sai…un giorno credi di essere dalla parte giusta, poi le cose cambiano e non sai perchè. Piano piano ti succhiano l’anima e ciò che era il bene diventa il male, il buono si fa cattivo e finisci con le pezze al culo. Ma non avere rimorsi, è un piano incomprensibile a tutti. Potevo farlo io, o il Ninja o chiunque altro, ma è toccato a te. E se questa storiella ti fa carogna, se ti senti il vuoto intorno, fregatene, vai e insegui il poco che ti resta. E’ l’unica battaglia buona che ci sia. Torna presto, se puoi, e…come si dice… in culo alla balena »

C’ho capito niente, del suo discorso…ormai sono da un’altra parte. Ho i muscoli della bocca paralizzati, lo stomaco a pezzi, così farfuglio un congedo rapido e indolore.

« Nellino… in culo alla balena dici?…Speriamo la un cahi »

Scivolo dietro il locale, il sentiero conduce verso casa dove le braci fumano ancora dalla sera prima, le rattizzo e accatasto qualche legnetto per ridare fiamma. Mi siedo davanti al camino, contemplo le monete alla luce fioca, e mentre il fuoco illumina l’effigie di un qualche cesare, lascio cadere l’argento sulle assi di legno provocando un ticchettìo gradevole all’udito. Alle monete si aggiunge il tocco di una pioggerellina passeggera, e la polvere, che durante il giorno prima aveva danzato imperlando gli edifici di giallo ocra, d’improvviso si acquatta come un cane stanco. Raccolgo le monete e le impilo in fragili colonne verticali, prima di rimetterle nella sacca.
Dalla finestra vedo Gerusalemme in tutto il suo splendore. A oriente la collina sovrasta la città con i suoi fianchi carichi di olivi. Fra le basse case rosa e beige spicca il Tempio ferito, lacrimante del sangue di Dio. Ed è come se cercassi un segno di imbarazzo in tutta quella solennità, ma vedo soltanto un milite romano che sputa sulle macerie di un fuoco spento.
Forse è stato tutto un sogno? Un sogno in cui Betta aveva dei meravigliosi occhi verdi. Caspita dovrà tornare al passo, prima o poi! In fondo siam tutti di zona…sì, zona di confine. E il confine si sa, non è nè carne nè pesce, è gente di passaggio, gente di via, una spuma bionda, una parola sempre nuova, un bicchiere di vino rosso….rosso…come il sangue che inizia a scorrere dalle mani appese. A scorrere…
Ahi! Non pensarci, Giuda! Non-devi-pensarci… Pensa a Betta, solo a Betta. Oh sì, la rivedrò … giusto al campo di sangue!… e un giorno costruirò per lei una casa sul lago di Tiberiade, sì, all’ombra di un albero secolare! Lontani dal passato, da Rabbì, da Pietro e da tutti gli altri…
Il lago…già…quella notte la ricordo bene…infuriava la tempesta. Io facevo ancora il pescatore e piangevo e piangevo e mi cagavo sotto dal terrore. Ero un ragazzo fragile, con la schiena fatta a pezzi dal lavoro. Gesù calmò le acque in un baleno, poi mi diede una carezza con le sue mani ruvide. In fondo era un brav’uomo…
E Se Pilato gli desse ragione? Se le guardie tornassero? Ahi ahi ahi, scappa! Seguirò i paesi della bassa, lungo il Montone che scivola giù verso il mare…
E pensare che era proprio ieri… eri…ieri…e sarai ancora…

« Come ti chiami? »

« Betta, e tu? »

« Non lo so dimmelo tu »

« Quanti anni hai? Di dove sei? »

« Non lo so dimmelo tu! »

« Sei matto? »

« Forse » 

Poi mi ha fissato sorridendo, i capelli biondi e scompigliati le scivolavano sulla fronte, una cicatrice in mezzo al collo pulsava su e giù al ritmo del respiro. Già immaginavo una sera scarlatta, la prepotenza del fuoco in una stanza, tanto che dopo un po’ ho dovuto abbassare lo sguardo.
…In fondo avevo solo bisogno di soldi! Ma insomma non la merito io una chance?!

« Questa vita è tosta sai?…Ma tu sei così bella…»

Questo è ciò che avrei voluto dirle. Solo che non sapevo dirlo, e così non dissi niente. E non feci niente.
L’unico bacio che ho dato, l’ho dato al Messia! Ci posso credere, ancora? Avrei dovuto darlo a te, Betta mia, e sarebbe stato come attraversare di nuovo la soglia dell’Eden!… Ma mi rifarò, oh se mi rifarò… Sei troppo bella e la bellezza non si spreca…
Quasi ignaro le gambe mi portano nel bosco, innumerevoli deviazioni e miglia di strade fangose, con la pioggia che rende tutto più difficile. Ma l’andrenalina spinge e spinge e spinge, e il fiume gonfio disegna anse profonde. Il suono impetuoso dell’acqua altro non è che un rimedio alla paura…Vai, sembra dire. Vai!

Spiana, finalmente, e sul muretto di cinta del piccolo cimitero vedo una fila di fori mitragliati profanare il silenzio. Di lato, un uomo vestito di nero sgambetta imprecando Yaweh.

« Fante!? Che ci fai qui, per la miseria! Tu non eri…?»

« …Non perdere tempo Giuda! Muoviti che il Pilato ha deciso! Va là che c’è qualcuno che ti cerca! »

« Chi?? Che diavolo…Forse la Betta? L’hai vista? Era al Cavallino, giusto ieri! Aveva gli occhi…»

« Cosa vuoi che me ne importi?! Va’ là, corri, codardo! Ahahahahaha vai su! Uno due uno due! Zang Tumb Zang Tumb…Ahahahahahah »

Ma allora mi sta cercando anche lei, mi sta aspettando, per dio! Meglio che mi sbrighi. Ho ferite ovunque, piedi polpacci mani braccia, graffi profondi come solchi che frizzano a ogni sterzata maledetta. Neanche ricordo come me li son fatti ma in fondo … non me ne importa niente!

Quello che importa… è là! Quella grande spianata di tulipani, il pioppo, la via marina! Ci siamo! E’ il campo di sangue, lor signori! Akeldamà! 

« FERMO! »

« Betta?! », mi volto di scatto, ma il suono mi si strozza in gola.

« …ISCARIOTA – una voce malefica, metallica, perfetta – IL POPOLO SI E’ PRONUNCIATO! »

Io non lo sapevo mica cosa accadeva di preciso in un uomo quando arriva la fine.

« ….Ho capito. Non la vedrò più, non è così?…Beh ma allora spiegatemi voi, che senso ha tutto ciò? E Dio dov’è, dolce Rabbì? E che ci faccio qui?! Dunque è così che finisce? Toh! Allora prendetevi questa elemosina bastarda!

Decine di sandali battono sul selciato. Si schierano in fila marziale osservando i danari d’argento ricadere sui fiori rossi, uno dopo l’altro. Tic …Tic… Tic

« FERMO LI’, GIUDA! DUE PAROLE IN CONCESSIONE, LE ULTIME, DI GRAZIA! »

« Ma io…cosa volete vi dica, boia d’un mondo infame! Lo sai, Gesù, se puoi sentirmi, che mi fa fatica alzarmi, qualche volta, questo è il discorso. Non certo quello urlato dalla Torah, nè dai Vangeli che sorgeranno sulle tue ossa. La storia non è fatta di fantasmi, nè speranza…non più! La storia è qui e ora, per dio! … è quest’ultimo grido codardo che mi costerà il collo e quel briciolo di dignità che mi restava. La storia è anche… era… Betta, per la miseria! »

« PLOTONE, ATTENTI! »

« Ancora un secondo, che non ho finito, diavoli! Oh insomma Gesù
fa’ qualcosa, aiutami, sei il figlio di Dio no?! »

« CARICARE! »

« Misericordia! Amo – gli occhi – tuoi! …amica mia…!

Quel loro gioco splendido di fiamme
Quando li alzi all’improvviso
E con un fulmine celeste guardi di luce, tutt’intorno…

« PUNTARE! »

Ma c’è un fascino più forte:
Gli occhi tuoi rivolti in basso,
Negli attimi di un bacio appassionato
E fra le ciglia semichiuse,
del desiderio il cupo
e fosco … 

« … FUOCO!!! »

 

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