La centrale termo-elettrica di Barberino e le miniere di lignite (1920-24)

LA CENTRALE TERMO – ELETTRICA DI BARBERINO DI MUGELLO e LE MINIERE DI LIGNITE

Il Messaggero del Mugello del 15 agosto 1920 informava che era stato approntato un progetto per la costruzione di una centrale termo-elettrica a Barberino di Mugello alimentata a lignite che veniva estratta da diverse miniere presenti nel territorio di quel comune e nella vicina Lumena nel comune di Scarperia.

La centrale con altre attività connesse  sarebbe sorta nelle “immediata adiacenze di Barberino di Mugello e ciò allo scopo di poter sfruttare completamente il bacino lignitifero”.

“In detta centrale – proseguiva il Messaggero – saranno installate 3 unità della potenza complessiva di 6.900 kw circa ; l’energia prodotta potrà servire principalmente per le Ferrovie dello Stato, massime per la elettrificazione della direttissima, e sarà allo stesso tempo adibita ad usi agricoli e industriali.” I lavori per la direttissima Firenze – Bologna che passava dalla Val di Bisenzio erano iniziati nel 1913 ma si conclusero solo nel 1934 per lo scoppio della guerra e per la complessità dell’opera che prevedeva una delle gallerie più lunghe del mondo.

“Per il funzionamento della Centrale in parola – scrive il Messaggero – sarà assorbito un quantitativo di lignite pari a 172.800 tonnellate anno . Evidentemente per l’estrazione di sì grande quantità di combustibile, dovranno essere messe in azione potenti sterratrici e conseguentemente si renderà necessaria tanta mano d’opera, da far temere appena sufficiente quella locale disponibile a coprire il fabbisogno”.

Dopo la fine del primo conflitto mondiale la situazione economica era molto difficile con una forte disoccupazione che dette luogo a manifestazioni di protesta anche violente. A questo in Mugello si aggiunse il terremoto del giugno 1919 che colpì duramente alcuni comuni come Vicchio e Borgo San Lorenzo con migliaia di persone che rimasero senza abitazione e con i lavori affidati al genio civile che procedevano, in alcuni casi, a rilento mentre avrebbero potuto dare un lavoro ai molti disoccupati presenti nel territorio.

“Con al distillazione della lignite – informava sempre il Messaggero- la Centrale, pur producendo gas sufficiente al proprio fabbisogno, disporrà all’anno di circa 2.400 tonnellate di concime chimico e di circa 3.100 tonnellate di catrame, nonché di 55.530.000 metri cubi di gas, i quali verranno utilizzati in varie industrie sussidiarie, gas che a quanto pare può esser ceduto ad un prezzo 3 – 4 volte inferiore a qualsiasi altro tipo di combustibile attualmente sul mercato.
Mentre plaudiamo alla grandiosa iniziativa che apporterà notevole benessere a tutta la Regione, sia per i benefici che ne deriveranno all’agricoltura ed alla industria, sia alla risoluzione del grave problema della disoccupazione, facciamo voti acciocché il Ministero che ha già approvati i progetti e in massima accordate le concessioni, solleciti al più presto le pratiche del caso affinché possano essere iniziati i lavori”.

Passano i mesi ma i lavori non iniziano e i progetti ancora non hanno ottenuto i necessari finanziamenti statali e in un articolo del 21 novembre 1920 il Messaggero torna sull’argomento partendo dalla grave situazione occupazionale della zona. La centrale potrebbe secondo il Messaggero dare lavoro a migliaia di operai e ricorda quelli che potrebbero essere i vantaggi dell’opera :”1) sfruttamento della lignite sul posto e quindi non solo sicurezza di smercio della lignite scavata dai minatori uniti in cooperativa, ma anche smercio al prezzo più alto possibile avendo ridotto al minimo le spese di trasporto; 2) produzione all’anno di Kw-ore 20.700.000 sufficienti per dotare di luce ed energia motrice tutta la nostra regione; 3) produzione all’anno di 23 milioni di mattoni e di 6000 mc di calce, materiale che avrebbe già trovato il suo collocamento nella costruzione della galleria di Castiglion de’ Pepoli per la direttissima Firenze- Bologna; 4) produzione all’anno di tonnellate 3100 di catrame; 5) produzione all’anno di tonnellate 2800 di solfato di ammonio, che risolverebbe interamente per il Mugello il difficile problema di dare convenientemente ai nostri campi la concimazione azotata. Oltre a tutti questi vantaggi , l’assorbimento completo di tutta la mano d’opera che oggi cerca lavoro.”
Mancano però gli atti governativi per l’impiego degli eventuali sopraprofitti di guerra. “Se questa decisione sarà favorevole – dice il Messaggero – i lavori verranno subito iniziati , poiché la società imprenditrice ha più che terminato i necessari progetti”.

Nel luglio del 1921 anche i fascisti mugellani si interessano alla costruzione della centrale e il cap. Francesco Baldi a nome dei Fasci di Combattimento mugellani invita in zona l’on Francesco Giunta “ per rendersi conto direttamente della disoccupazione nella nostra vallata e dei mezzi per lenirne gli effetti dolorosi”. Ovviamente la realizzazione della centrale termo-elettrica viene individuata come la soluzione migliore in quanto il progetto esiste già “ma la pratica è rimasta misteriosamente arenata negli scaffali del Ministero dei Lavori Pubblici”. Petto in fuori il fascistissimo Giunta promette : “la scoverò dal nascondiglio e la farò camminare perché non posso lasciar passare in altri lavori il fondo di 400 milioni per la disoccupazione, senza tutto tentare che a questo grande e utilissimo lavoro mugellano sia data la giusta parte”. Dalle parole del Giunta emerge anche un’altra novità perché accanto alla centrale termoelettrica dovrebbe sorgerne una idroelettrica. “Questo consiste in uno sbarramento del bacino della Sieve e dello Stura per ottenerne un grande serbatoio d’acqua capace di alimentare le turbine dell’impianto elettrico.”
Si tratta di lavori quantificati in circa 30 milioni di lire che avrebbero dato lavoro per diversi anni ai disoccupati del Mugello. “ Siamo sicuri – commenta il Messaggero -che l’on Giunta farà camminare fascisticamente la pratica relativa”. Il giornale mugellano si impegna a seguire la vicenda ma già nelle settimane successive deve registrare la mancanza di fondi da parte del Governo e il disimpegno da parte di privati e società elettriche “ per colpa della Burocrazia”. “ E così la centrale è in panne e lo Stato fa la magnifica figura di avere compiuto tutto il suo dovere per la soluzione dell’importante problema d’interesse nazionale e ….. non versa un solo centesimo”.

Passano i mesi e cambia il cavallo. L’amministrazione comunale di Barberino preme per la realizzazione della centrale “lignito-elettrica” per contrastare la disoccupazione causata proprio dalla chiusura delle miniere di lignite presenti sul territorio barberinese e in altre zone del Mugello e per fare pressione sul governo si affida “ al valoroso deputato fiorentino M.A. Martini” il quale unisce la realizzazione della centrale all’elettrificazione della Faentina e riesce a ricevere dal governo una interessante nota a firma di S.E. Micheli riportata sul Messaggero del 29 gennaio 1922 dal sindaco di Barberino Bianchi: “L’amministrazione ferroviaria ha già iniziato i lavori di elettrificazione della Firenze-Faenza , lavori che procedono con grande alacrità tanto da lasciar sperare che alla fine del 1924 si possa avere l’esercizio elettrico su quella linea. Il Tratto Faenza -Ravenna non è compreso nel programma di prossime elettrificazioni inquantoché su di esso il traffico non ha raggiunto quella intensità che è necessaria per conseguire con risparmio di carbone una economia che compensi la spesa non indifferente da sostenersi per gli impianti fissi. In ogni modo la elettrificazione della Firenze-Faenza, che è in corso di esecuzione insieme a quella Firenze-Pistoia-Bologna e Bologna -Faenza, è predisposta in modo da poter utilizzare tutta o parte dell’energia elettrica producibile dalla progettata centrale Lignito-elettrica di Barberino di Mugello ed all’uopo le linee primarie di trasporto dell’energia destinata all’elettrificazione dei tronchi ferroviari summenzionati ( linee primarie già in corso di costruzione)passano appunto in prossimità di Barberino di Mugello.”

Le società che avevano presentato progetti erano la Mineraria Elettrica del Valdarno e la Società Bolognese di Elettricità ( in altri articoli si parla di Società del Brasimone. Ndr) che però chiedono di accedere ai finanziamenti statali previsti da un decreto del marzo 1919. Inoltre viene richiesto alle due società di presentare un progetto unico poiché, come emerge da varie note sulla realizzazione della Centrale barberinese, “producono l’energia con periodi e intensità diversa”.
Nella sua risposta Micheli ricorda che “la sopraggiunta Crisi Bancaria non permette , almeno per ora, il necessario finanziamento” ma terrà presente la richiesta dell’on. Martini cercando “ di facilitare lo sfruttamento dei giacimenti lignitiferi del Mugello, utilizzandone il combustibile per la produzione sul posto di energia elettrica”.

C’è la sensazione se non la certezza che la Centrale di Barberino sia legata strettamente all’elettrificazione della ferrovia Faentina che ,secondo il ministro, “ procedeva alacremente”.

Secondo Guido Barchielli che interviene sull’argomento riportando una sua visita al ministero “il baco” sta nella burocrazia che non fa niente per sollecitare le due società interessate ad unificare i loro progetti . “La Burocrazia è così placida – scrive il Barchielli – e così felice nell’aspettare l’accordo, intanto che la pratica dorme sotto una coltre di polvere!”.

Il 6 maggio 1922 a Barberino si riuniscono alcuni sindaci del Mugello insieme a quello di Calenzano per sollecitare il ministero all’approvazione del progetto della Centrale.
“ Esprimono un energico voto al Ministero dei LLPP perché faciliti la favorevole evasione della pratica e con premuroso interessamento la sospinga presso i diversi Corpi di consulenza e negli uffici che debbono esaminarla , a somiglianza di quanto consta che in casi simili è stato praticato”. I sindaci invitano anche i proprietari dei terreni lignitiferi ad offrire “ spontaneamente la concessione delle miniere aperte e di quelle da attivarsi alla Ditta che assumerà l’impianto ed il funzionamento della centrale termo-elettrica mugellana, e comunque conducano le trattative per la concessione con criteri di equità tali da favorire la necessaria espansione e lo sviluppo dell’impresa”. Quindi i sindaci danno vita anche ad un Comitato che mantenga i contatti con la Ditta e con il governo per arrivare alla conclusione dell’iter progettuale.

La Ditta citata in questi atti sembra diversa da quelle fin qui interessate alla centrale ed ha un progetto con qualche variante, come spiega ancora il Barchielli il 14 maggio 1922, che si propone “l’utilizzazione della lignite mediante la distillazione per averne un gas povero allo scopo di azionare la dinamo e sottoprodotti utili come olii volatili e pesanti, ammoniaca, catrame , etc che a loro volta rendono proficuo un impianto di fabbriche per prodotti chimici e per prodotti di anilina”.

All’inizio di giugno il ministero invia in zona un funzionario per verificare le potenzialità del bacino lignitifero del Mugello in rapporto alla futura centrale. “ Il comm. Novi – scrive il Messagero dell’11 giugno – ha ricevuto buona impressione sulla quantità e sulla qualità della lignite del nostro sottosuolo” anche se resta la confusione tra le varie proposte progettuali e l’articolista nota pure la contrarietà “ di privati alla trasformazione della nostra vallata in zona industriale, perché temono che ne soffra poi lo sviluppo agricolo delle loro proprietà”.

I fascisti – scrive il giornale mugellano –“ non permetteranno mai la trasformazione di questo progetto in una burletta elettorale”. Il progetto avrebbe dovuto avere un costo di 20 milioni(inizialmente erano 30) e lo Stato avrebbe dovuto concedere un contributo di 150 lire per Kw annuo per 20 anni.

All’inizio di agosto il sindaco Bianchi fa affiggere un manifesto in cui afferma che il sottosegretario di stato ai lavori pubblici gli ha comunicato che il “Consiglio Superiore delle acque ha ieri deliberato favorevolmente sulla concessione governativa sovvenzionata per l’impianto della Centrale termo-elettrica nel territorio del comune di Barberino e che gli ulteriori provvedimenti saranno presi ed emanati con la massima sollecitudine”. Tanto ottimismo non convince però alcuni osservatori come il Barchielli che sottolinea il pericolo proveniente dall’utilizzo delle miniere di lignite del Valdarno e dalle pressioni di quella società “ per impedire  qui in Toscana il sorgere di un’altra centrale (Castelnuovo Sabbioni era già attiva e sarà poi ampliata) in un buon bacino lignitifero secondo quel progetto di completa utilizzazione dei sottoprodotti che renderà economica quanto mai la produzione di energia”.

Ma se il bacino lignitifero del Mugello era così importante perché stava per essere abbandonato?

La lignite del Mugello è un piligno di natura torbosa ad elementi minuti con molta minore proporzione di elementi legnosi del piligno valdarnese ed assai più ricco di cenere. In generale presenta una massa bruna compatta, con intercalazione di argilla con rari elementi legnosi è molto umida. I banchi riscontrati nelle varie miniere dimostrano non trattarsi di un giacimento unico, anche nel solo bacino di Barberino.

In questo sono da distinguersi 3 generi di giacitura cioè:

1. I giacimenti del piano della Sieve rappresentati dai banchi lignitiferi del Turlaccio, di Ripa della Cavallina e di Pian di Lora, sono quelli che hanno spessore maggiore (8 m a 3.50) ed hanno pure qualità migliore.

2. I banchi di collina, come quelli del Pallaio, Toso ecc. che hanno spessore assai minore di circa m. 2 qualità meno legnosa ma buona tuttora.

3. I banchi di collina come quelli di Comparino, il Piano, Mercatale, che hanno spessore ancora minore di circa m. 1.00 e qualità meno buona dei precedenti.

La lignite essendo a piccoli elementi e molto umida, ne segue che nello essiccarsi si restringe e si divide in piccole particelle riducendosi in frantumi inutilizzabili.

Per questo è necessario utilizzare la lignite umida come viene dalla cava”. Sono brani tratti dalla relazione dell’ing Celso Capacci del 1918 citata da Simone Fagioli nel suo saggio sulle ligniti di Lumena.

Il dibattito sulla centrale prosegue negli anni e nel 1923 c’è da registrare la nascita di un Comitato Esecutivo dei sindaci di Vaglia, Barberino, Scarperia, San Piero a Sieve e Borgo san Lorenzo che si propone di collocare azioni da 500 lire presso i mugellani per favorire la partecipazione diretta all’impresa da parte dei cittadini. I fasci mugellani diventano i principali protagonisti e chiedono che il progetto venga portato da 12 a 20 mila Kw annui “ il che porterà a circa 600 tonnellate la produzione di solfato ammonico tanto necessario ai nostri agricoltori” e vantano addirittura un interessamento diretto di Benito Mussolini perché il progetto venga discusso e approvato dal Consiglio superiore dei lavori pubblici. “ Non si tratta di un’impresa parassitaria – scrive Guido Barchielli- di cui lo Stato debba pagare le passività, come nei bei tempi della democrazia scialacquatrice : si tratta invece di un buon affare anche per lo Stato in quanto contribuisce ad affrancarci dalla servitù estera del carbone ferroviario in quanto mette in efficienza una ricchezza enorme del sottosuolo mugellano ora latente(…) ora abbiamo messo fuori circolazione i ciarlatani politici e vogliamo far posto alle competenze tanto necessarie nell’ardua spesa per la ricostruzione della ricchezza nazionale e del riallacciamento delle sue varie fonti, è tempo di fermar l’animo e la volontà su questa grande azienda barberinese, insidiata tanto da aziende monopolistiche concorrenti quanto da qualche nero baronetto che vede di mal occhio sorgere un grande centro operaio industriale nella nostra vallata. Ma queste forze inferiori – conclude il Barchielli- e parassitarie non devono vincerla sull’urgente necessità di dare alla Nazione una nuova sorgente di ricchezza e al bilancio ferroviario un notevole sgravio”.


Nonostante i fascistissimi proclami del capitano Baldi e dello stesso Barchielli il progetto non decolla anche se viene approvato dal Consiglio dei lavori pubblici. Bisognerà attendere il 28 agosto del 1924 quando verrà approvato il regio decreto 1549 che riguarda la convenzione per la realizzazione di una centrale termoelettrica a Barberino, approvata dal consiglio dei ministri il 29 e sottoscritta dal ministro il 30 agosto. “ La battaglia contro i varii ostacoli – scrive il Messaggero il 7 settembre 1924 – e contro lo scetticismo è, dunque, stata vinta felicemente, Barberino avrà il suo avvenire nelle grandiose officine e distillerie” e tanto per ambire ad ulteriori traguardi viene anche richiesto” che sorga presto la ferrovia Vernio- Barberino-San Piero-Borgo per congiungere Pontassieve alla direttissima Prato- Bologna, per avere un’arteria trasversale di rapido transito per le merci tra il nord occidentale d’Italia e Roma”. ( per le questioni ferroviarie rimando al mio Mugello 1919 oppure QUI).
Un sol dell’avvenire di stampo fascista che non sorgerà mai. Il fallimento del progetto  e della società  nata per promuovere la centrale elettrica saranno tra le cause del suicidio del Cap. Baldi podestà di Barberino nel 1931.
Della lignite del Mugello si tornerà invece a parlare nel 1940 in epoca autarchica con l’intervento della società Soterna e alcune miniere resteranno attive anche per alcuni anni nel secondo dopoguerra.

Leonardo Romagnoli

13.8.20

(alcune foto sono tratte dalla relazione di Simone Fagioli)

I commenti sono chiusi.