Paolo Cocchi ha pubblicato con l’editore Pagliai il libro “La Bilancia Smarrita. Cronaca di un’inchiesta” ( 11 euro) in cui ripercorre sotto la forma del romanzo la sua vicenda giudiziaria che lo ha visto coinvolto nell’indagine della procura fiorentina sulle vicende urbanistiche di Barberino di Mugello. L’impianto accusatorio che fin dall’inizio era parso poco consistente è stato demolito dal Giudice per l’Udienza Preliminare che ha prosciolto completamente Cocchi ed altri indagati.
Con questo libro Cocchi non si propone di dare la sua versione dei fatti o di fare una contro indagine ma sceglie la forma del romanzo per illustrare la storia di Celestino Buoncompagni ( lui stesso) raccontata da un amico intimo per tratteggiare le pochezze e le gelosie della vita paesana, le assurdità degli atteggiamenti politici e il ruolo davvero sconcertante di tanta informazione.
La vicenda in cui resta coinvolto il protagonista del libro è emblematica di come il sensazionalismo ricercato a tutti i costi vada oltre ogni seria ricerca della verità e tenda a mescolare considerazioni morali e politiche con fatti di nessuna rilevanza penale al solo scopo di gettare discredito sulle persone. E quando il verdetto arriva ormai forse è già troppo tardi per rimediare al danno morale e materiale a cui una persona è stata sottoposta, in questo caso un assessore regionale dal brillante futuro. La gente ha poca memoria e come si esalta al momento della caduta del potente resta invece indifferente nel momento della verità. Dal libro si capisce che i magistrati per ben due volte avevano chiesto l’arresto dell’indagato e il giudice aveva sempre negato la richiesta documentando la mancanza di prove sulla colpevolezza di Buoncompagni-Cocchi. Fatti questi conosciuti dai giornalisti che si sono ben guardati da pubblicare perché avrebbero potuto instillare il dubbio sulla fondatezza dell’inchiesta fin dall’inizio. Giornalisti che invece non hanno avuto dubbi nel pubblicare conversazioni personali che non avevano nessuna attinenza con l’indagine al solo scopo di “sputtanare” qualche politico locale, quasi come un’ultima spiaggia per cercare di incanalare verso un certo esito un’inchiesta che faceva acqua da tutte le parti e senza uno straccio di prova.
Cocchi sceglie la forma del romanzo per raccontare alcune verità , io avrei preferito la forma del saggio come una controinchiesta e soprattutto emozioni, dolori, dubbi avrebbero avuto un altro peso se raccontati in prima persona. Il messaggio comunque arriva ugualmente forte e chiaro.
LR