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Don Milani senza mito

di Leonardo Romagnoli

Don Milani senza mito

LO SPETTACOLO
Affrontiamo Don Milani come specchio per interpretare la realtà attuale. Come metro di paragone.
I campi da affrontare sono ampi. È la stessa opera di Don Milani a richiederlo. Controversa, fraintesa spesso, sempre radicale, provocatoria. Un’opera che interrogava e scuoteva la coscienza della società italiana di allora, della Chiesa di allora, della Scuola di allora, dei Cattolici di allora, dei Comunisti di allora. Un’opera che è stata celebrata, amata (e fraintesa) (e tradita?) dai giovani del Sessantotto. Assunta come punto di riferimento per una riforma radicale dell’istruzione, quando non dell’educazione tout court. In nome della fine della selezione classista. Ma senza tener conto del rigore quasi monacale della Scuola di Barbiana. Necessario, secondo Don Milani, per recuperare il divario culturale accumulato dai poveri in secoli di esclusione e di forzata inferiorità. Necessario per diventare a pieno titolo: cittadini. Un’opera che pone interrogativi enormi, ai laici, ai cattolici, agli insegnanti, agli intellettuali. All’oggi. Di tale radicalità da permettere, secondo noi, di essere utilizzata come specchio per farci le domande: a che punto siamo arrivati? Qual è lo stato della nostra Cultura? Dell’Educazione? Della Spiritualità?


ENZO BIAGI DISSE DI DON MILANI: “SICURAMENTE LA FIGURA PIÙ RIVOLUZIONARIA DEL NOVECENTO”.
Da questa sollecitazione lo stimolo per EmmeA’ Teatro, sempre alla ricerca di esempi da rimettere in circolo, da interrogare di nuovo, di affrontare la figura del priore di Barbiana.
La sua storia, le lettere, le polemiche, la scuola di Barbiana, la morte, il “tradimento” del Sessantotto. Nello spettacolo investighiamo e raccontiamo la figura di don Lorenzo Milani cercando di fuggire ogni deviazione agiografica. Ci basiamo sulle sue opere e sulle biografie disponibili dando allo spettacolo un taglio leggero, per quanto il materiale permetta. C’è un che di lieve che ricerchiamo nei nostri lavori, pur seguendo spesso, come in questo caso, dei temi a pieno titolo “pesanti”. È la nostra speranza. Per don Milani quella lievità di fondo era il dono della fede in Dio. Per noi, è il dovere della speranza negli uomini. E nel teatro. Le due cose, a dire il vero, per noi, umilmente, coincidono.
Il racconto segue le tappe della vita di don Milani (la conversione, il seminario, il primo incarico a San Donato di Calenzano, le polemiche, l’esilio a Barbiana, la scuola, la malattia, la morte).
Inseguiamo Don Milani persona: il retaggio ebraico, la vanità, la durezza programmatica, l’ironia feroce e tipicamente fiorentina, l’estrema ricchezza della famiglia e le violente accuse ai ricchi, il rapporto con la madre, la pubblica difesa degli obbiettori di coscienza che gli costò la condanna – postuma – in appello). Il tutto incastonato nella storia d’Italia dal dopoguerra agli albori del Sessantotto

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