Bokassa non paga  – Quarantena bis

Bokassa non paga 

QUARANTENA BIS

 

Mi sveglio un sabato mattina. Dalle persiane trapelano le ombre e le luci, l’inquietudine e la pace che s’involano sul viso sonnolento fanno a gara mentre mi siedo. Testa bassa e giù di peso, un braccio molle, l’altro poggiato sul ginocchio. Ho memorie di bagordi secoli fa, che m’imbardavano lo stomaco di fiamme e bestemmie…ora compro più nemmeno l’alcol…
Ma nello stomaco c’è pur sempre un macigno bastardo, un vortice ch’è peggio d’una spavalda discesa di gradazione, da un bushmills a una docile birretta. Mi sollevo a fatica, spalanco la finestra e non vedo altro che una serie di quadretti inferriati forzati da una ferrovia a comando. Pochi treni verso il ravennate rasentano l’anima,  sulla rotta faentina. Rari movimenti, questa è l’energia cinetica che desta invidia, perdìo. E’ il calore apparente d’un aprile che spaccia fumo negli occhi. Invece è ritornato il freddo e l’aria pullula di azoto, pullula di nervi scoperti che si intasano s’azzuffanno s’assembrano, e vivono alla giornata nel chiuso di una stanza immobile, tant’è che in fila ieri ho urlato: – “Datemi un chilo di vento, datemi!”.
Accendo pc e proiettore…:

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Metto il primo file che mi capita sott’occhio: un gruppo di ragazzi che ragionano del niente in una stanza senza finestre. Applausi a chi vuole suicidarsi, non c’è male. Momento down, che dire?
– “Piano piano, senza esagerare – mormora una voce – piuttosto, fermo lì accendi la radio!”.
E va bene, facciamolo ancora, come ogni stupida mattina. Ondate radioattive sgocciolano brandelli di parole a tono:

“…Forse non ci siamo capiti. Molti di voi, la maggior parte, dimostra di avere buon senso. Poi ci sono i soliti furbetti che pensano di poter fare come pare a loro. Proprio per questo siamo costretti, come comuni mugellani, ad adottare misure ancora più restrittive…” 

Parla coi muscoli d’argento il prode soldato il maresciallo il generale Badoglio dell’Arciminchiofanfani del Borgo! Urca se spaventa, tanto che a breve da Roma ci mandan l’esercito…l’esercito! E ci arriva per salvare tutta ‘sta canaglia infreddolita dalla paura della morte. Arriverà in pompa magna, sì, sulle camionette verdi, coi soldatini tutti imbellettati bascheggianti e pettinfuori agli angoli delle strade… e i vecchi, i vecchi finalmente con la sporta sotto mano si pisceranno addosso e quasi quasi con la voglia di crepare… e guarderanno il cantiere a metà con le lacrime agli occhi come un sogno infranto. Storco il naso alla finestra mentre leggo e ascolto e fingo lo sputacchio tutt’attorno per scaramanzia. A non più di 200 metri, non sia mai: uno sputacchio finto, un pipino moscio e spento, mica quei razzi da record che si osavano un tempo tra i muri del quartiere, alla dolce veneranda età dei nonsoniente.
E’ l’ora d’aria, sì, ma…: – “Piano piano, non esagerare!” – ripete ancora. I 30 metri quadri sono la mia scusa, e non ho il giardino e neanche un cervello responsabile, nevvero?! Attorno solo la campagna qualche casa sparuta un ponte sui binari. Mi scuserà l’istituzione generale l’Assoluto ma alla coop eran finite le folate delle cinque.
E invece no, non mi scusano per niente tant’è che una pattuglia s’avvicina poco dopo e “dove vai e dove stai e ti abbiam visto pure ieri e sei a cinquecento metri torna indietro ti ringrazio”. Parigi finita.
Non è che voglia far l’anarchico la gente muore e i dottori e gl’infermieri e la responsabilità non c’è che dire!
– “Devi avere il buon senso di stare a casa! Lo capisci o no?”
Io un sorto, resto a casa resto a casa resta a casa resto a casa resto a casa.
Avanti casa, eccola, e il silenzio incombe come una mannaia…a pochi metri il bosco la macchia lo sterrato. I muscoli s’avanzano di quota su un asfalto secondario che porta sulle rotte clandestine, un mercato nero dove tutto puoi trovare e puoi smerciare con il tuo respiro, comprare un ghigno soddisfatto per soli dieci metri  di affanno e una buona dose di consenso sociale. Oggi sconti speciali per le anime coraggiose, oggi niente fila e molta moltissima offerta! Basta prendere e partire… è la sana trasgressione per i traditor di patria, nevvero?

Dieci, solo dieci giri di lancetta e costeggio filari di ulivi tagliuzzati amputati accasciati per le pulizie di marzo. I cani ringhiano ai bordi della strada, rissosi addetti pubblici pagati dallo Stato per abbattere l’untore vagabondo! Se ne corrono su e giù per le ringhiere come una volante impazzita al ritmo di quelle brezze che cambiano verso ogni dieci secondi. Allungo una mano un segnale di pace uno schiocco laterale, ma quelli sono incorruttibili, dei veri funzionari intransigenti! Salgo di quota ancora e la stradella curva a manca per poi risalire di violenza come un sacrificio.
– “Devi soffrire! Tu vuoi esagerare!! Tu…che te ne vai in libertà in piena consapevolezza di martirio, senti il polpaccio come tira, lo senti?”.
Il cimitero annuncia il capolinea, in ogni senso… forse 2-300 metri di cammino? Quassù non c’è distanza sociale, poche anime lontane, o così pare. Altri 20 metri e c’è la chiesa antica da dove il panorama è benedetto come iddio comanda. Il sagrato è invaso dalle erbe e ventilato dalle tende rosine che coprono la Vergine di Pulicciano.
Mi affaccio come un duce sul terrazzo che un tempo era un ritrovo di frazione  (“no agli assembramenti!”) e mi piglio i poderi, le ville consacrate all’ozio, i giardini! Tutto è mio, attraversato espropriato ed aspirato come un fumo nel silenzio complice di una quarantena.
Poi eccolo…il tocco del bastone…l’incedere costante (“Va’ via…va’ via ti dico!”): l’omino dei ganci, l’allegro stenterello che ogni giorno è quello buono per l’inchino finale. Dunque meglio attaccarli presto ‘sti bottoni! E dire tutto quello che si deve senza manco salutare…alla dovuta distanza, si capisce, 6-7 metri di prudenza ché non si sa mai. Attacca…

«…Ti diho quella villa di Sacchetti e di Guidi lì…e queste hi insomma…laggiù gliera tutto podere hoso…noi si staa lì…ha’ histo lì alla curva indo c’è la villa…quella che prima l’era di’ Raperiti…si staa lì ma l’era tutto podere eh…un c’era miha tutte quelle hase laggiù…» 

E’ un disco rotto con quei nomi che volteggiano nell’aria e immagino una danza tra le sillabe e le gocce di covid che ronzano e mi s’attaccano su per il palato e tra le dita della mano destra o lungo il dorso …e allora musica maestro!…

«…e ci dicea “Pieri comprahelo questo terreno…unne importa della hasa…comprahelo…” e i’ mi babbo c’avea sette otto figlioli…ma un milione a quell’epoha nell’ottanta…e…un volle rischiare, via…poi verse su quegl’altri i D’Alessandro e compronno ..oh unn’avean un..uno..oh..unn’avean uno pe’ fa’ due…» 

Si moltiplicano i terreni le geografie i focolari accesi e me ne resto lì senza capirci nulla, senza un filo del discorso ch’è già morto da un bel pezzo.

«…Che la faranno ancora messa eh?…ritornerà i’ priore? Bah…e sa’ può darsi…Eh! Don Paolo mi disse…tu se’ battezzato, la comunione…e la cresima…ma…i’ matrimonio?! Eh mi dispiace …ancora gli dissi tempo fa… ancora un mi son preparato…eheheh…mi dispiace ma ancora…ehh mmm…un mi fido…! Eh ma ora gliel’ho detto ora siamo in quarantena… niente un si pole fino a maggio…! Dopo maggio se ne riparla…ovvia…la saluto…arrivederci!» 

Monologo finito e applausi scroscianti dai balconi. L’omino aveva voglia di parlare e io d’ascoltare, o meglio di sentire. Arriva il nuovo decreto l’ultimo verdetto bulgaro la fine coi suoi caratteri cubitali:

SI COMUNICA CHE IL DETENUTO NUMERO 17 HA INFRANTO IL REGIME DI QUARANTENA BIS IMPOSTOGLI DALLO STATO ITALIANO, COMUNICANDO CON L’ORGANIZZAZIONE CRIMINALE A CUI APPARTIENE. DA QUESTO MOMENTO IN POI SCATTA LA SORVEGLIANZA DIVINA, IL SENSO DI COLPA, INFINE LA MORTE ETICO-MORALE DELL’INDIVIDUO. E COSÌ SIA. 

Intanto suonano campane ammorto (“vedi?! Te lo avevo detto!”) e soffia un’arietta a bruzzico che porta rogna. Sulle crepe della chiesa passano le camionette bergamasche, sfilano pure lungo gli uliveti le anime dei morti…e tutti ne parlano, perdìo (“e di cosa vuoi parlare dell’amore? O di quanto sono cari gli amichetti stretti stretti e delle mangiate di luglio sotto la bandiera?!”).
E mi vien voglia di continuare a ruspare sui monti, diavolo! E infrangere la Legge che governa questo mondo infame, via su per l’Appennino sullo zero zero Colla ..Lozzole.. Faenza! Evadere miglia e miglia fino a scomparire…ma quanto ancora vorrò camminare?! Quanto dovrò desiderare?
Stop. La notte che ho davanti è troppo lunga per rimuginare ancora e ancora e ancora…
– “Piano piano, senza esagerare…”.
La radio l’ho sentita ho colto dei segnali ho rinforzato la muscolatura ho infranto il regime, che altro fare?
Mentre il sole cala ed io con lui, verso la valle sento ancora ragionare il Pieri e quei  frammenti di rumori, uguali da mattina a sera… qualche spiraglio di colore, il lamento dei figli e delle madri, gli odori…
E’ un freddo cane rientro in cella, perdìo, ed il portone in legno sbatte biasimando un profumo di pane amico…un aroma che resiste e gira ancora tra le case nel tira e molla di un apocalisse sghemba.
Penetra tra le narici le sbarre della galera gli infissi le toppe delle porte, passa informazioni si dilegua negli anfratti e ricompare. Combatte s’impone rincuora in questa notte sola, fino a dissolversi come un bandito.

Ivan Ferraro

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