Il recente ritrovamento di una discarica abusiva nei pressi di Rovigo ha riportato alla luce non solo tonnellate di rifiuti, ma anche un pezzo scomodo del passato. In quell’area periferica, oggi ricoperta da materiali di ogni tipo – plastica, residui edili, scarti industriali – forse non si trattava di un caso isolato. Negli anni in cui è stata attiva, buttare la nettezza dove capitava era quasi una prassi: una consuetudine mai scritta, ma largamente tollerata.
All’epoca, la gestione dei rifiuti seguiva logiche spesso fondate su taciti accordi.
Per la discarica di Rovigo, le autorità hanno annunciato l’avvio di indagini per far luce sull’origine del sito, anche se le responsabilità, a distanza di anni, rischiano di perdersi tra archivi dimenticati e memorie troppo comode.
“Non è solo questione di rifiuti, ma di memoria collettiva: dimenticare è il primo passo per ripetere gli errori.”
E oggi, quella discarica sepolta nel silenzio di ieri torna a gridare il suo monito per il domani.
Abbiamo condotto una piccola ricerca su come, all’epoca, fosse consuetudine lasciare i rifiuti in luoghi non adeguatamente destinati, e forse nemmeno per negligenza o dolo, ma semplicemente perché così si era soliti fare. Non esisteva la raccolta differenziata, e tutto finiva in un unico contenitore.
La nostra indagine si è soffermata su un libro dal titolo Il Mugello e la Sieve – Storia antica e moderna di un paesaggio che scompare, di Giuliano Rodolfi. A pagina 142 si fa riferimento a una discarica lungo la Sieve, corredata da fotografie.
“La generale crescita del tenore di vita pose il problema dello smaltimento dei rifiuti solidi urbani. Alcuni finivano direttamente nella Sieve, scaricati forse abusivamente dalle Balze di Vicchio, trasferendo il problema a valle; altri venivano interrati in cave esaurite, forse altrettanto abusivamente. Cito fra tutti il caso delle cave di Fonte Bretta, tornato recentemente alla ribalta nel corso dei lavori per il Treno ad Alta Velocità: in corrispondenza dell’attraversamento della Sieve, sulla sponda sinistra, gli scavi per il viadotto portarono alla luce ogni sorta di immondizie che, da allora, hanno validamente contribuito all’inquinamento della falda acquifera. Sempre nello stesso luogo, ma anche lungo il Rimotoso, poco lontano, sconosciuti piromani preferivano la combustione come metodo per eliminare il problema. In altre parole, alcune aree mugellane erano diventate ‘terre dei fuochi’ ben prima di quelle campane.”
A proposito del sito alle Balze di Vicchio citato nel testo sopra, si tratta delle balze situate oltre Vicchio, in direzione di Dicomano. A conferma di ciò, nel 1980 perse la vita, mentre stava scaricando rifiuti in quel luogo, un operaio borghigiano di 56 anni, precipitato con il camion in un dirupo.
Un’altra discarica, sempre negli anni ’70, era segnalata a Panicaglia, in via del Cantone, proprio nella zona della famosa frana.
Questi sono i risultati, a titolo informativo, della nostra ricerca sulla situazione dei rifiuti in quegli anni.
Fabio Ceseri
