Paesaggio e agricoltura tra cultura ed economia

Paesaggio e agricoltura tra cultura ed economia

il caso di Moscheta

Nella stesura della carta costituzionale i membri dell’assemblea costituente dimostrarono una grande attenzione alla dignità dei cittadini con una serie di articoli che conservano ancora oggi tutta la loro carica veramente riformatrice e che dovrebbero essere alla base delle proposte legislative che interessano i vari settori della vita economica e sociale del nostro paese.

Inoltre dimostrarono, caso quasi unico a livello internazionale, un’attenzione particolare al paesaggio come elemento qualificante della bellezza di un paese ed elemento distintivo della sua storia con un articolo, il 9, di poche righe ma molto significative “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione. “
Purtroppo , come per tanti altri articoli, l’azione amministrativa e la pratica quotidiana ne hanno disatteso l’applicazione con scempi che hanno segnato lo sviluppo edilizio e produttivo dagli anni 50 in poi, e di cui oggi tutti si rendono conto, con una cementificazione che ha ridotto alcune regioni del nostro paese ad un unico agglomerato tra aree urbane e zone industriali o artigianali senza soluzione di continuità.(QUI)
Nonostante questo c’è ancora chi propugna condoni e teme che leggi ispirate al rispetto del territorio agricolo e aperto possano compromettere lo “sviluppo” del paese o di un particolare territorio.
Il consumo zero di suolo è una misura di buon senso che ancora non ha trovato un recepimento legislativo nazionale mentre qualcosa si sta muovendo a livello regionale, come in Toscana prima con il Piano Paesaggistico e poi con la nuova legge urbanistica, D’altra parte sono indicazioni in gran parte contenute nella convenzione europea del paesaggio che anche il nostro paese ha approvato ben 18 anni fa a dimostrazione ancora una volta di come una maggiore unificazione europea sarebbe un grande vantaggio per le popolazioni dei singoli stati alzando il livello della legislazione proprio in materia ambientale e di diritti.

Per quanto riguarda il nostro paese ci sono due provvedimenti che vanno nella direzione indicata dall’Europa e dal buon senso e che potrebbero avere anche ricadute economiche importanti. Pensare che la conservazione e la tutela della bellezza del paesaggio siano contrarie allo sviluppo è solo una visione miope , astorica e contraria all’interesse e al benessere dei cittadini.

Recentemente è stata approvata la Carta Nazionale del Paesaggio e dal 2012 esiste l’Osservatorio Nazionale del Paesaggio Rurale che ha realizzato il “Registro nazionale dei paesaggi rurali di interesse storico, delle pratiche agricole e delle conoscenze tradizionali” al quale ad oggi sono iscritti 10 paesaggi e due pratiche agricole ma con oltre 100 candidature. Con la legge 65 per il governo del territorio in Toscana è stato istituito anche l’osservatorio regionale che collabora con quello nazionale.
I paesaggi italiani costituiscono uno straordinario fattore di identità per i territori e i loro abitanti. Sono infatti un patrimonio nel quale è possibile leggere il succedersi dei secoli, delle civiltà, della storia e quindi lo svolgersi della vita delle comunità, evidente racconto di “chi siamo e chi eravamo”. La lettura delle sue trasformazioni – fondamentale per la trasmissione della memoria e

della cultura – è però troppo spesso la prova di come il paesaggio sia stato modificato in modo casuale, improvvido, in assenza di una visione organica scevra da qualsiasi ragionevole riflessione sulla vita delle persone, sulle reali previsioni di crescita demografica e senza alcuna valutazione dei danni permanenti che si sarebbero prodotti, assegnando al nostro Paese un sinistro primato in termini di abusivismo, cementificazione delle coste, degrado urbano e consumo di suolo.

Per invertire questa tendenza, anche grazie ai cittadini, che hanno assunto una maggiore consapevolezza della concezione del paesaggio come “bene comune” e quindi risorsa preziosa da tutelare e valorizzare, è urgente assumere come principio ispiratore di qualsiasi buona politica, sia a livello nazionale che locale, la considerazione che il paesaggio è fattore determinante di identità, sviluppo, coesione sociale e benessere.”(preambolo carta del paesaggio)

Non stiamo parlando solo di un’ identità storica da preservare ( che non va confusa con un richiamo reazionario ed escudente alle radici e alla nazione), ma anche di prospettive economiche per il futuro.
“Un paesaggio degradato, sia esso urbano, naturale o rurale, porta con sé alcune conseguenze non prive di un costo sociale: la perdita di un patrimonio e, in alcuni casi, anche di una reale opportunità di sviluppo economico, soprattutto turistico e produttivo.

L’idea che una lungimirante politica per il paesaggio possa essere un elemento portante di quello sviluppo diffuso e sostenibile verso il quale l’Italia deve andare, al pari del resto dei paesi europei più avanzati, non è una chimera ma un fatto: tutelare e valorizzare il paesaggio è la strada maestra per migliorare la vita delle comunità e garantire un futuro alle nuove generazioni.”(idem)

In questa ottica la tutela dei paesaggi rurali acquista ancora un valore maggiore come è stato sottolineato anche in un recente convegno svoltosi a Firenze nell’indifferenza di molti amministratori locali nonostante che l’incontro fosse espressamente rivolto ai Comuni con particolare vocazione alla tutela e valorizzazione del Paesaggio rurale, ma anche agli enti Parco, alle comunità di animazione e/o tutela del territorio (GAL, associazioni pubblico-private, consorzi) .
Ed è significativo che questi argomenti, compreso l’intero comparto agricolo, siano stati i grandi assenti prima della campagna elettorale e poi delle proposte programmatiche.

Sebbene l’agricoltura riguardi solo un paio di punti del PIL, il territorio rurale rappresenta 70% dell’Italia.  Qui si producono i prodotti tipici per i quali l’Italia gode in questo momento una fama forse superiore anche ai nostri monumenti. Inoltre, il paesaggio rurale svolge un ruolo di valore aggiunto non riproducibile dalla concorrenza fondamentale per agriturismo e turismo che valgono il 10 % del PIL considerando l’indotto.”(Agnoletti)

Insomma la qualità alimentare deve essere collegata alla qualità del paesaggio in un grande progetto economico e culturale che deve interessare la nostra agricoltura che altrimenti diventerà marginale in un mondo di grandi produzioni e bassi costi. Il prodotto è anche il territorio che lo produce come dimostra la ricchezza di marchi di qualità detenuti dal nostro paese e dalla nostra regione in particolare. Lo stesso vitigno coltivato su un terrazzamento ligure o in una piana della costa toscana, come è stato detto nel convegno, sono diversi proprio per la diversità del paesaggio e delle tradizioni colturali. Un oliveto di una collina toscana non rappresenta solo la sua storia culturale ma le ricerche hanno dimostrato che può assorbire carbonio come una foresta mediterranea diminuendo gli input climatici ed energetici.
La difesa del paesaggio rurale non è però uno sguardo indietro ma una sfida per il futuro in cui si sommano tradizione e innovazione. L’esempio della fattoria di Lamole premiata dalla Regione Toscana è in questo senso illuminante. Il proprietario è impegnato da anni in un recupero dei terrazzamenti con la tradizionale coltivazione del sangiovese e il suo lavoro, supportato dalla ricerca universitaria , ha permesso di riportare il paesaggio alla sua antica bellezaa ma con interventi innovativi che permettono anche lavorazioni meccaniche prima impossibili. Lamole fa parte del registro dei paesaggi rurali.”
Tornando al caso toscano, per ora siamo a premiare degli eroi visto che,   specialmente nelle aree collinari e montane,  non si può altro che definire così chi  cerca di ricoltivare la terraha scritto il prof. Agnoletti.  

L’azienda agricola in questa visione ricopre un ruolo di multifunzionalità a servizio dei territori con la salvaguardia dell’assetto idrogeologico e la prevenzione dell’erosione, di supporto allo sviluppo turistico, senza tralasciare i risvolti sanitari di produzioni rispettose dell’ambiente e sociali per l’inserimento lavorativo di persone svantaggiate.

Tutto questo richiede che le ingenti risorse pubbliche dedicate all’agricoltura (oltre il 40% del bilancio comunitario) e anche alle aree interne debbano essere veicolati in una direzione non solo produttiva , ma essere un vero sostegno al reddito degli agricoltori e non alle singole produzioni.

Negli ultimi Piani di Sviluppo Rurale alcune di queste indicazioni erano state recepite ma non sempre c’è stato il coraggio politico per destinarvi una quota più consistente di risorse. Dovrebbero essere argomenti al centro dell’agenda politica e invece nessuno ne parla neppure quando si parla dei rapporti con l’ Europa su cui si continuano a sentire delle solenni stupidaggini.
La politica agricola nel corrente periodo 2007-13  vale 52 miliardi di euro per l’Italia e la Commissione stima attorno al 46% complessivamente il contributo al reddito degli agricoltori. Si tratta di somme ingenti, ma per quale modello di agricoltura  contratteremo con Brussels visto che  la nuova PAC 2020-27 si discute adesso. La nostra competitività ha margini molto stretti, spesso legati a quel delicato connubio fra qualità della produzione e qualità dei luoghi, cioè il paesaggio, che rappresenta una delle poche prospettive per tante aree interne, ugualmente assenti dall’agenda politica. “(Agnoletti)

E’ necessaria una maggiore integrazione tra programmi delle aree interne, programmi di sviluppo rurale e interventi del fondo sociale che tra l’altro è già contenuta nelle indicazioni comunitarie ma che le regioni sono restie ad applicare.
Tornando ai paesaggi rurali storici la loro tutela permetterà di rilanciare l’agricoltura in aree marginali altrimenti destinate all’abbandono e diventerà uno strumento “per migliorare la reddittività dei fattori produtivi impegnati in agricoltura a partire dal lavoro”(Tempesta).

Il miglioramento del reddito potrà arrivare da contributi mirati dal PSR , dal turismo rurale, dai marchi produttivi e infine dall’applicazione di tecnologie innovative compatibili con la conservazione del paesaggio. In questo senso i paesaggi tradizionali diventano luoghi di sperimentazione e ricerca nel solco della tradizione.
Tra i paesaggi iscritti al registro nazionale c’è anche Moscheta nel comune di Firenzuola(in Toscana ce ne sono solo altri due riconosciuti e sono il comune di Trequanda e Lamole a Greve).

L’area di Moscheta è stata oggetto di un proposta per un parco rurale del paesaggio appeninico in un progetto curato dal Prof. Mauro Agnoletti. “La proposta di Parco intende offrire – fu scritto alcuni anni fa – una alternativa rispetto a più generici “itinerari naturalistici”, “strade del vino” ecc., cercando di recuperare e valorizzare l’identità culturale millenaria di una porzione limitata, ma significativa, del territorio appenninico non solo attraverso una oculata gestione, ma anche attraverso il restauro.” La proposta è stata poi la base per l’iscrizione al registro nazionale con il nome “I paesaggi silvo pastorali di Moscheta” ed è stato uno degli esempi illustrati nel corso del convegno nazionale che si è svolto a Firenze lunedi 28 maggio con una relazione di Stefano Manni , responsabile dell’ufficio patrimonio agricolo forestale dell’Unione Montana dei comuni del Mugello. La scelta di Moscheta non è stata casuale ma dovuta alla presenza di castagneti secolari, aree di grande valore ambientale, presenza di una rete escursionistica, siti di importanza comunitaria , l’abbazia vallombrosana fondata da San Giovanni Gualberto dopo il 1000 e il Museo del Paesaggio storico dell’Appennino. Sono centinaia di ettari di proprietà della Regione Toscana in gestione prima alla Comunità Montana e ora all’Unione su cui nel periodo 1997 – 2013 sono stati investiti oltre 2 milioni di euro. Nel solo periodo 2008-15 l’impegno finanziario è stato di 950 mila euro di cui 610 di provenienza europea e 210 regionale. Sono ancora molti gli interventi che sarebbero necessari a partire dalla chiesa interna all’abbaziache,però, necessitano di fondi solo in parte reperibili tramite progetti da presentare sulla programmazione GAL mentre sarebbero indispensabili impegni diretti da parte della Regione. Le strutture ricettive sono affidate alla Cooperativa Agriambiente che ha assorbito a suo tempo quella degli operai forestali e che permette di mantenere tutti gli immobili in perfetta efficienza. Ma , come è stato sottolieanto nell’intervento del funzionario dell’Unione, la gestione resta un aspetto problematico che invece dovrebbe essere superato proprio dall’iscrizione di Moscheta al registro dei paesaggi storici rurali voluto dagli stessi amministratori nel 2014 e riconosciuto dal Ministero nel 2016( il sito www.mugellotoscana.it è fermo come aggiornamento alla presentazione della domanda nel 2014).
Intanto però bisognerebbe cominciare a valorizzare in modo adeguato questa iscrizione ,che ancora adesso e limitata a pochi luoghi in Italia, come un marchio d’eccellenza di cui il Mugello deve essere fiero come del riconoscimento Unesco per le ville medicee.

Forse il convegno non era la sede per trovare una soluzione ai problemi gestionali ma la presenza di qualche amministratore locale sarebbe stata utile per porre il problema davanti ad una platea qualificata e con la presenza di qualche assessore regionale. E forse per valutare se altre aree del territorio del Mugello e della Valdisieve possono concorrere a questa prestigiosa iscrizione.

Leonardo Romagnoli

30.5.18

Il progetto di parco rurale di Moscheta

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