“A una sinistra che aspira a governare l’Italia non sono consentiti, su questioni rilevanti rispetto all’avvenire del nostro Paese, nè tentennamenti, nè maldestre strizzatine d’occhio a chi non perde occasione per sollevare proteste, tanto demagogiche quanto velleitarie”.
”I lavori per la tratta dell’alta velocità devono iniziare subito – continua – perché il Paese non può perdere l’opportunità di ricevere i finanziamenti dall’Europa, destinati all’opera, per assecondare una frangia limitata di eversivi”
“Il centrosinistra – conclude N- quello “del buon governo”, per essere una forza che ispira i propri programmi ad un riformismo moderno e privo di zavorre post-ideologiche, deve assolutamente separare il proprio cammino da chi seguita a giustificare, con sterili bizantinismi lessicali, episodi e comportamenti del tutto inaccettabili”.
Un amministratore serio dovrebbe informarsi prima di parlare ma soprattutto dovrebbe saper valutare le opere che sono utili da quelle inutili e, come dicono anche gli economisti liberali, porre a confronto ipotesi alternative per fare la scelta giusta rispetto agli obiettivi che si vogliono raggiungere. C’ è anche da dubitare delle capacità matematiche di certi amministratori che parlano di finanziamenti comunitari quando quelli previsti coprono appena il 5% del costo complessivo dell’opera prevista. Se non l’avete capito sto parlando della tratta Lione –Torino in val di Susa che ha un costo valutato attualmente in 15 miliardi di euro ma che potrebbe arrivare a 20 miliardi dopo 15-20 anni di lavori. Tutto questo in un’Italia che non riesce a varare una manovra da 40 miliardi di euro in 3 anni. Sono soldi pubblici spesi bene? per un’opera che serve? Che avrà un ritorno economico? In Francia sono così entusiasti del tunnel? O preferirebbero soluzioni meno costose?
Partiamo da lontano per comprendere di cosa stiamo parlando: la tratta Torino –Lione è inserita nel cosiddetto corridoio 5 previsto dall’Unione Europea da Lisbona a Kiev. Da quando è stato pensato il mondo dei trasporti è cambiato totalmente per cui è totalmente inutile per il trasporto delle persone ( con percorrenze superiori a 400 km gli attuali costi del trasporto aereo non hanno competitori), per il trasporto delle merci non serve a niente una linea ad Alta Velocità. ( qualche intelligentone leggendo i corridoi comunitari pensava fosse possibile anche di fare un ponte fra la Sicilia e il Nord Africa).
Uno Stato serio e degli amministratori seri dovrebbe quindi sottoporre un progetto di questa entità ad una valutazione comparata di tipo ambientale, economico e trasportistico senza ascoltare chi ha l’interesse diretto nella costruzione da cui trarrà comunque un vantaggio indipendentemente dall’utilità dell’opera proposta ( questo vale per qualsiasi grande opera). Alcuni quotidiani nazionali che sono espressione diretta di grossi gruppi industriali e delle costruzioni hanno suonato un unico spartito facendo della bella disinformazione. E, come si ricava dalla citazione iniziale, chi è contro lo fa sempre per motivi ideologici chi è a favore è invece un ragionevole sostenitore del progresso, mentre magari chi è contro è solo attento all’ambiente e ai conti pubblici, chi è a favore ha fatto costruire opere inutili e alimentato il nostra stratosferico debito pubblico.
In Val di Susa esiste già la ferrovia e negli ultimi 30 anni si sono fatti lavori di ammodernamento che nessuno ha mai contestato, esiste un’autostrada, ed esistono due trafori, ferroviario e stradale, nel Frejus. Questa rete con la Francia è satura ? Ha ritmi di crescita insostenibili? Qual è il numero dei passeggeri previsto per la nuova linea? Cosa succederà con il nuovo tunnel svizzero del San Gottardo? Sono domande a cui si devono dare delle risposte serie senza chiamare in causa l’Europa che non avrebbe niente da ridire di fronte a soluzione alternative. Sulla linea attuale potrebbero transitare fino a 30 milioni di tonnellate di merce e invece attualmente sono soltanto 6, per non parlare dei passeggeri che anche nelle più rosse previsioni non giustificherebbero mai un simile investimento. Allora perché non si operano tutti quegli accorgimenti e interventi che permetterebbero di attirare più traffico? Costano pochissimo. Solo dopo un investimento di questo tipo molto meno impattante e possibile fare delle valutazioni serie. Oggi non ci sono soldi da sprecare e le priorità devono essere sottoposte ad una seria valutazione ambientale ed economica che è l’unica che ci permetterà in futuro di evitare gli scampi che costellano il panorama italiano senza nessun vantaggio per i cittadini. Riporto qui di seguito parte di un articolo pubblicato qualche tempo fa sul sito Lavoce.info a firma di due esperti di trasporti (Ponti e Boitani) che non sono accusabili di simpatie ambientaliste o di pregiudizi verso le grandi opere:
Il collegamento ferroviario ad alta velocità (Av) tra Torino e Lione sta attirando molta attenzione sulla stampa per le proteste degli abitanti e dei sindaci della Val di Susa, che temono un impatto ambientale dell’opera devastante. Molti politici nazionali, di maggioranza come di opposizione, dicono invece che la Tav Torino-Lione si deve fare comunque e che non si può permettere agli interessi particolari dei valligiani di prevalere su quello nazionale di realizzare un’infrastruttura così strategica per il futuro dell’Italia. Stimati giornalisti temono il prevalere di una deleteria "cultura del non fare" o, peggio, il ritorno di un "piccolo mondo antico italiano".
Lasciamo da parte le preoccupazioni ambientaliste e gli esasperati localismi (ignobilmente cavalcati dall’estremismo politico) e cerchiamo di capire se, al di fuori della retorica, l’alta velocità Torino-Lione sia veramente così strategica per l’Italia o se vi siano altre grandi opere ferroviarie più urgenti. E di valutare se proprio l’avvio dell’opera non possa esso sì configurarsi come un caso di "piccolo mondo antico italiano" e non finisca per contribuire alla "cultura del non fare" e, peggio, alla "pratica del non fare" (le cose giuste).
Dove e quando
Partiamo da qualche fastidiosa informazione tecnica, di quelle che i sostenitori della strategicità tendono a ignorare. Il progetto Tav Torino-Lione si compone, in realtà, di tre parti. Quella al centro dell’attenzione in questi giorni è solo la tratta di valico o parte comune italo-francese, di 79,5 km. Quasi interamente in galleria (64 km), collegherebbe St. Jean de Maurienne in Francia e Bussoleno in Piemonte.
In queste due località vi sarebbe la connessione con la linea storica, almeno finché le tratte tra Bussoleno e Torino e tra St. Jean e Lione non saranno completate. E qui si può fare la prima osservazione: date le caratteristiche del progetto, la parte di valico sarà fruibile solo quando sarà del tutto completata, cioè secondo le previsioni ufficiali, tra il 2018 e il 2020. Fino ad allora, i treni continueranno a percorrere per intero la linea storica, dal momento che si è deciso di realizzare le due tratte di adduzione dopo e non prima della tratta di valico. Quanto è lecito che sia differita la disponibilità di un’infrastruttura per continuare a definirla strategica? E quale ritardo nel completamento dei lavori è tollerabile per la strategicità, tenendo conto che i tempi di realizzazione sono nella maggior parte dei casi molto più lunghi di quelli previsti?
Quale domanda di traffico?
Secondo le stime del Gruppo di lavoro intergovernativo italo-francese , lo stato della domanda di traffico sulla tratta ferroviaria Torino-Lione (nel 1997) era così riassumibile: 10,1 milioni di tonnellate di merci e 1,3 milioni di passeggeri per anno, di cui il 60 per cento in transito notturno. Nel 2004 il traffico merci è sceso a 8,5 milioni di tonnellate/anno. Il traffico passeggeri era ed è rimasto irrisorio. La concorrenza dei voli low cost tra Roma, Genova, Milano o Torino e Parigi rende prevedibile un’ulteriore diminuzione del traffico. Pochi sono e pochi rimarranno i viaggiatori che vanno soltanto da Torino a Lione e viceversa.
Ancora in virtù delle stime ufficiali del Gli, tenendo conto della realizzazione dei valichi ferroviari svizzeri del Gottardo di base e del nuovo Loethchberg, il traffico merci sulla linea storica per il valico di Modane salirebbe a 12,1 Mtonn/anno nel 2015. Ma tale previsione non poteva tenere conto della diminuzione di traffico negli anni più recenti e quindi va ritenuta ottimista. Con il potenziamento della linea esistente, la capacità della tratta potrebbe arrivare a 20 Mtonn/anno. Se tale potenziamento venisse realizzato e ogni camion in transito per i valichi stradali venisse tassato per ulteriori 100 euro, la domanda ferroviaria per Modane potrebbe salire fino a 16,9 Mtonn/anno nel 2015.
Con la realizzazione del progetto Av, e mantenendo la tassa sui camion, la domanda potrebbe arrivare fino a 21,1 Mtonn/anno. Su queste previsioni di domanda bisogna, però, fare la tara: non tengono conto che la domanda tende a crescere in valore, ma non altrettanto in peso.
La capacità della nuova linea sarebbe di 40 Mtonn/anno, da aggiungere alle 10 della linea storica così com’è o delle 20 della linea storica potenziata. Inoltre, si sta raddoppiando la linea ferroviaria costiera con la Francia, che non è molto distante dalla Val di Susa. Si realizzerebbe, dunque, un’opera per far rimanere inutilizzata dal 58 al 65 per cento della capacità.
Sempre secondo le stime del Gli, l’opera non contribuirebbe a uno spostamento "spontaneo" di traffico dalla strada alla rotaia, che rimarrebbe intorno al 39 per cento del totale, contro il 38 per cento del 1997: gli aumenti di traffico sulla linea ferroviaria Torino-Lione si avrebbero a scapito di altre linee ferroviarie. I benefici ambientali (aggregati) e di decongestionamento delle arterie stradali sarebbero nulli o vicini allo zero. Dunque, la strategicità non sta nel cambio modale.
Del resto, ponendo vincoli "a termine" molto stringenti sulle emissioni dei camion si potrebbe ottenere un risultato migliore dal punto di vista ambientale attraverso il progresso tecnico dell’industria motoristica.
I costi e i finanziamenti
Il costo della sola tratta di valico stimato dalla società Ltf – Lyon-Turin Ferroviarie, aggiornato al 2003, è di 6,7 miliardi di euro, con una crescita dal 2000 del 17 per cento (stime del Gli). Applicando lo stesso tasso di crescita medio annuo, oggi le previsioni dovrebbero arrivare a 7,46 miliardi di euro. In base al "Memorandum di intesa" del 5 maggio 2004, l’Italia si farà carico del 63 per cento dei costi non coperti dall’Unione Europea e la Francia del 37 per cento. Per la tratta esclusivamente italiana (Bussoleno-Torino), dovrebbe aggirarsi sui 4,6 miliardi di euro, cui vanno aggiunte le spese per adeguare il nodo di Torino e quelle per il potenziamento della linea storica, necessaria a far fronte ai previsti incrementi di domanda da adesso al 2020.
Le previsioni più accreditate ritengono che il costo per il bilancio pubblico italiano dovrebbe aggirarsi intorno ai 13 miliardi di euro. Ma l’esperienza internazionale insegna che, in media, i costi delle opere ferroviarie sono più alti di un buon 30 per cento rispetto alle previsioni. In questo caso, il costo per il bilancio italiano salirebbe a circa 17 miliardi di euro.
Non c’è forse il rischio che un costo così ingente porterà con sé ritardo nei finanziamenti e quindi ritardo nella realizzazione dell’opera, allontanando nel tempo la sua utilità economica?
Anche dando ampio peso alle esternalità ambientali, tutte le analisi costi-benefici condotte dal Gli, sotto diverse ipotesi, conducevano a risultati negativi.
Secondo quali criteri può definirsi strategica un’opera i cui costi (probabilmente sottostimati) superano largamente i benefici, pur stimati molto generosamente? Sarebbe ragionevole attendersi che chi afferma la strategicità fornisse qualche giustificazione un po’ più robusta di quelle basate su uno "sguardo alla cartina geografica".
Essere contro certe scelte non vuol dire è essere contro il progresso ma contro lo spreco e per l’interesse pubblico che dovrebbe essere la stella cometa di qualsiasi amministratore.
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