Secondo le accuse, tra il 1997 e il 1999, le case di cura condannate al maxi risarcimento effettuarono interventi su pazienti in regime di libera professione nelle proprie cliniche private e se li fecero pagare dai pazienti stessi. Ma poi le stesse case di cura chiesero alla Asl di Firenze i rispettivi rimborsi come se si trattasse di interventi svolti in convenzione con la Azienda sanitaria.
Per ottenere i rimborsi non dovuti, queste cliniche private – scrivono i giudici nella sentenza – inserirono «nei tracciati dei record di controllo codici identificativi non corrispondenti alla realtà, e relativi a spese per prestazioni già pagate direttamente dai pazienti». È così, quindi, che per la procura contabile si verifica il danno erariale. Gli importi corrisposti nel periodo 1997-1999 dalla Asl 10 di Firenze in conseguenza delle richieste delle case di cura relative a prestazioni libero-professionali – scrivono i giudici contabili della Toscana – rappresentano somme indebitamente percepite e costituiscono un danno erariale in quanto rappresentano importi che dovevano rimanere esclusivamente a carico del paziente».
La procura della Corte dei Conti ha evidenziato la mancanza di controlli da parte di dirigenti della Asl 10 di Firenze.
Su questa vicenda c’era stato anche un procedimento penale che si è concluso nel 2009 con la prescrizione del reato di truffa aggravata.
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