Sulla proposta di chiusura dei piccoli ospedali da parte del ministro Beatrice Lorenzin
Il sistema ospedaliero della regione Toscana è il risultato di una estesa ristrutturazione sviluppata nel corso di diversi anni, antecedenti alle epoche dei tagli lineari e delle cosiddette spending review.
La drastica razionalizzazione compiuta in Toscana – una regione che è passata da 92 ospedali agli attuali 38 – è stata il frutto di un totale ripensamento delle prestazioni sanitarie, che cercava di coniugare due aspetti:
garantire servizi di alta qualità e specializzazione, concentrati soprattutto nelle grandi aree urbane
e mantenere presìdi territoriali, sia pure di piccole dimensioni, che fossero comunque in grado di rispondere a bisogni ed esigenze, offrendo determinate funzioni, altrimenti difficilmente assicurabili.
Infatti, i bacini demografici serviti dai piccoli ospedali sono collocati in aree periferiche (come gli ospedali di Pitigliano, Fivizzano e Pontremoli, San Sepolcro, Borgo San Lorenzo, ecc.) o perfino insulari – come l’ospedale di Portoferraio, nell’isola d’Elba – e sono caratterizzati da una complicata orografia e da una tortuosa viabilità, che moltiplica i tempi della percorrenza e rende più incerti ed insicuri i tragitti, particolarmente in situazioni di
emergenza-urgenza individuali, ma anche nelle contingenze di catastrofi naturali (terremoti, alluvioni, esondazioni), purtroppo sempre più frequenti su tutto il territorio nazionale e, in particolar modo, in Toscana.
Dal punto di vista delle persone che si avvalgono dei servizi dei piccoli ospedali e delle loro famiglie, occorre tener conto della prevalenza di anziani, delle loro specifiche difficoltà negli spostamenti, nonché degli aggravi di spesa per una mobilità, sempre meno garantita da servizi pubblici, anch’essi ridimensionati dalle politiche di austerità.
Il taglio – tout court – dei posti letto non porta ad un decremento delle patologie né delle persone malate, che invece andranno ad aumentare, in quanto i cittadini già tartassati da ticket e super-ticket, sono obbligati molte volte a rinunciare alla prevenzione, ad interventi precoci ed alla riabilitazione.
In periodi di grave crisi, insistendo con la riduzione dei servizi sanitari, si consegna definitivamente, più di quanto non si sia fatto già con la diagnostica, il Servizio Sanitario pubblico nelle mani delle strutture private.
Non vi è dubbio quindi che, ad una chiusura dei piccoli ospedali, per i quali sarà pure necessaria un’attenta disamina sulla qualità delle prestazioni, in funzione di una più efficace e sicura risposta verso i bisogni dei cittadini, corrisponda e corrisponderà l’apertura di imprese sanitarie private sul territorio.
Le conseguenze saranno soprattutto a carico dei soggetti deboli, più bisognosi di cure.
Alla luce di tali ulteriori misure e conseguenze, persino il concetto di prevenzione dovrà essere rivisitato.
La riduzione delle cure comporterà un aumento delle cronicità, con ulteriore aggravi per le persone e per le loro famiglie ed incrementi di spesa per il servizio sanitario.
Pertanto, come Cittadinanzattiva toscana, diciamo decisamente stop ad ulteriori tagli alla spesa sanitaria pubblica, che, in Italia, è già molto al di sotto di quella di altri paesi europei.
A cura dell’Ufficio stampa di Cittadinanzattiva- Tribunale per i diritti del malato della regione Toscana