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Fisco e disuguaglianza

di Leonardo Romagnoli

 

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FISCO E DISUGUAGLIANZA

Il vice ministro dell’economia Stefano Fassina ha parlato recentemente dell’evasione fiscale nel nostro paese facendo un’analisi corretta sulla necessità di non considerare tutti i comportamenti uguali. Questo intervento è stato riportato da quasi tutta la stampa come un’adesione al pensiero berlusconiano dell’evasione come autodifesa dei cittadini e soprattutto delle imprese dalla fiscalità statale. In realtà il viceministro ha detto cose molto diverse sia nella forma che nella sostanza. Ormai anche i grandi giornali vivono sui lanci d’agenzia che per sintesi a volte riportano solo frasi prese qua e là da un discorso ed evitano di fare un doveroso approfondimento su una notizia che invece interessa milioni di contribuenti. I telegiornali fanno anche di peggio e sono la fonte principale di informazione per oltre il 70% della popolazione. Nel suo discorso Fassina ha prima fatto una premessa che era tutta incentrata sul dovere di una severa lotta all’evasione ma precisando che per combattere l’evasione bisogna conoscerla e che non tutta l’evasione è uguale e può avere una pluralità di cause. Una considerazione di buon senso che non è un lasciapassare per nessuno ma un invito a non generalizzare e mettere sullo stesso piano lo scontrino e la falsa fattura milionaria, ambedue sono atti illegittimi ma considerarli simili è semplicemente un’idiozia. Come considerare chi ruba una mela , per fame o altro, alla stregua di una rapina a mano armata.

C’è una connessione stretta tra pressione fiscale, spesa, ed evasione, ed affermarlo non vuol dire strizzare l’occhio a nessuno né ammettere ambiguità nel volerla contrastare. Semmai il contrario. Per contrastare gli evasori, dobbiamo renderci conto che non sono tutti milionari con grandi patrimoni in Svizzera o altri paradisi fiscali”(Fassina). La stessa stampa che ha criticato Fassina parlando di comprensione per gli evasori si è comportata in modo alquanto singolare nella vicenda Dolce e Gabbana con i due stilisti miliardari che hanno inscenato una ridicola serrata dei loro negozi milanesi per protestare contro le affermazioni di un assessore della giunta Pisapia sull’opportunità di concedere spazi pubblici a chi ha evaso il fisco. Un dubbio sacrosanto per chi si trova ad amministrare la cosa pubblica e invece sono arrivate critiche a non finire e anche il sindaco ha invitato a non esasperare i toni. I grandi giornaloni che dalla premiata Ditta D&G ricevono milionate di pubblicità ogni anno sono corsi ad intervistare i due poveretti dopo aver ospitato a pagamento due pagine in cui i due si dichiaravano rispettosi del fisco. L’avessero fatto in America ,che li ama tanto, sarebbero finiti tutti e due in galera. L’Espresso in edicola ricorda che due anni fa la regina degli alberghi di New York , Leona Helmsley, arrestata per evasione cercò di barattare la pena offrendo al municipio i suoi immobili per i senza tetto, la fecero accomodare in un penitenziario. In Italia invece “ gli stilisti Dolce e Gabbana , sotto inchiesta dal 2007 e poi condannati in primo grado a un anno e otto mesi per una presunta mega evasione, nel 2010 hanno potuto festeggiare i loro vent’anni di attività con un party nelle sale del municipio milanese”(espresso 26.7.13). Evasori per necessità secondo i grandi giornali che sbattono in prima pagina la lotta agli scontrini di bar e ambulanti? Non scherziamo. Dolce e Gabbana sono un bell’esempio di come con una serie di società a scatole cinesi, con sede in alcuni paradisi fiscali (Lussemburgo) si riescano a non pagare tasse per centinaia di milioni ( lo stesso ha fatto Berlusconi con la Fininvest e altre società collegate con sedi in paradisi fiscali, la sua autodifesa fiscale). In pratica gli utili passano dalle società italiane a quelle estere che pagane tasse irrisorie. I giudici tributari hanno condannato Dolce e Gabbana perchè questa pratica non si può fare , “ non ci sono valide ragioni economiche per allocare in Lussemburgo la catena di controllo delle attività di Dolce e Gabbana : tutto è stato fatto per non pagare le tasse”. Cosa c’è da scusarsi allora? “Ma allora è vero che gli evasori non sono delinquenti, solo un po’ birichini? Ma vi sembra sensato un atteggiamento del genere nell’Italia di oggi?”(B.Tinti) Fassina non parlava di D&G ma di un tessuto di partite iva (molti precari) e piccole imprese che vivono momenti di grande difficoltà. Meno interviste zerbino e un po’ di silenzio sulla vicenda D&G sarebbero stati doverosi.
Secondo l’agenzia delle entrate l’80% dell’evasione dell’ultimo decennio è costituito da importi superiori ai 500.000 euro che non sono certo frutto di qualche scontrino o lavoro artigianale senza fattura. Detto questo nulla deve cambiare nel rispetto della legge e delle regole ma se non si riesce a recuperare quell’80% , che in dieci anni sono circa 1500 miliardi di euro, tutto il resto non sarà sufficiente a diminuire la pressione fiscale sul lavoro. “ Se la verità affermata da Fassina, la disuguaglianza tra gli evasori, dovesse rimanere un’intelligente osservazione sociologica non arriveremo mai ad organizzare una diversa fiscalità”(Bascetta).

Come è ripartita l’irpef versata allo stato? Già qui inizia la prima sorpresa e ci rifacciamo ai dati della denuncia 2011: il 54,5% viene dal lavoro dipendente, il 25,5% dalle pensioni, il 6,7% da lavoro autonomo, il 3,5% da imprese, il 3,9% da fabbricati, il 5,1% da partecipazioni e lo 0,8% da capitale. Se poi si entra nelle specifico delle dichiarazioni la sorpresa è ancora maggiore: l’8,61% dichiara meno di 7500 euro, il 23,85% tra 7.500/15.000, il 20,18% tra 15.000/20.000,  il 18,86% tra 20 e 26.000,  14,88% tra 26 e 35.000,  il 10,44% tra 35-70.000,l’1,83% da 70 a 100.000, 1,10% tra 100-200.000,  lo 0,15% da 200 a 300.000 e solo lo 0,10% sopra i 300.000 euro. Vale a dire che in Italia ci sono solo 31.000 contribuenti sopra i 300.000 euro e addirittura quelli sopra il milione riempiono a malapena una sala cinematografica. Basta incrociare i dati su immobili e beni di lusso per rendersi conto che c’è una quota d’evasione molto ampia.
Anche l’evasione dell’Iva è molto consistente e si aggira intorno ai 35 miliardi di euro all’anno “ ma il grosso della cifra non arriva certo dalle partitelle miserabili dei precari, che pure costituiscono gran parte del cosiddetto “popolo delle partite iva”,ma dalle società che a suon di fatture false e altri trucchi contabili riescono non solo a non versare l’iva, ma anche a risultare fiscalmente in credito, una doppia truffa, praticata in larga scala a livello europeo, che da qualche tempo ci ha inserito a pieno titolo nella lista nera UE”(N.Penelope) Le società di capitali che dovrebbero essere il cuore della nostra economia per oltre un terzo dichiarano bilanci in perdita , il 60% raggiunge a malapena i 250.000 euro, il 7% non va oltre i 500.000 euro e solo il 4 per cento vale più di 7 milioni.       Secondo gli esperti la crisi non c’entra niente mentre conta molto l’evasione e non stiamo parlando di baristi che non rilasciano lo scontrino per il caffè: qui si parla di imprese di medie dimensioni e di reati penali che presuppongono quindi l’evasione di somme molto consistenti, attraverso sistemi molto sofisticati”.(idem) sono soldi che in gran parte finiscono all’estero nei paradisi fiscali per centinaia di miliardi di euro. Un gruppo di lavoro formato a livello istituzionale nel 2011 per studiare il fenomeno sottolineava: “ L’economia non osservata e l’evasione fiscale sono fenomeni complessi che producono seri problemi al corretto sviluppo economico e ricadute negative sulla struttura economico- produttiva e sociale nazionale. Esse , infatti, causano distorsioni ed inefficienze al normale funzionamento della concorrenza e del mercato, sottraggono risorse al bilancio pubblico e determinano iniquità. Le forme attraverso cui si manifestano l’economia sommersa, l’evasione e la frode fiscale sono molteplici e sempre mutevoli. Cogliere queste realtà in divenire non è agevole poiché l’economia sommersa e l’evasione fiscale sono, per definizione non osservabili. Il generale riconoscimento della necessità e l’urgenza di operare in modo efficace contro l’evasione va utilizzato dalle forze politiche per adottare le misure necessarie prima possibile”. La politica invece non ha fatto niente anzi ha cercato di limitare l’intervento delle strutture delegate alla riscossione, ha depenalizzato il falso in bilancio, ha prodotto condoni fiscali , conditi da qualche controllo tanto spettacolare quanto inutile sull’emissione degli scontrini. Quello che ha detto Fassina si inserisce pienamente in questa direzione che richiede conoscenza analitica del fenomeno, semplificazione del sistema fiscale e pieno rispetto del dettato costituzionale sulla progressività delle aliquote. In questi anni invece abbiamo assistito ad una diminuzione della quota della ricchezza nazionale destinata ai redditi da lavoro con un forte spostamento verso profitti e rendite e nello stesso tempo ad un
aumento della tassazione proprio sui redditi da lavoro dipendente e pensioni. Dal  1975 la quota di Pil dedicata ai redditi da lavoro è passata dal 69,7% al 53,3% mentre tra il tra il 1993 e il 2005 la quota andata ai profitti è passata dal 23,1% al 31,3% del Pil cioè 120 miliardi di euro che ogni anno si sono spostati dal lavoro ai profitti e “ secondo l’organizzazione internazionale del lavoro a parità di potere d’acquisto gli stipendi reali sono diminuiti in Italia del 16% circa tra il 1988 e il 2006”(Baranes) La crisi per qualcuno è iniziata molto prima e la crisi non è uguale per tutti. Secondo un rapporto dell’Ocse “la disuguaglianza e la povertà sono cresciute rapidamente durante i primi anni 90 e in Italia i redditi da lavoro, capitale e risparmi sono diventati il 33% più disuguali a partire dalla metà degli anni 80, si tratta del più elevato aumento nei 30 paesi Ocse dove l’aumento medio è stato del 12%”: in Italia nel 2010 il 10% delle famiglie deteneva il 45% della ricchezza, mentre il 50% delle famiglie più povere ne aveva poco meno del 10%. Questi dati avrebbero dovuto indirizzare la politica fiscale dello stato spostando il prelievo dal lavoro alle rendite, alla finanza e ai profitti non reinvestiti nelle attività produttive e nell’innovazione. Invece secondo uno studio “ tra il 1980 e il 2008 l’entità della ritenuta alla fonte per i redditi da lavoro dipendente è passata dal 40% al 52%, nello stesso periodo i proventi da lavoro non dipendente sono passati dal 37 al 24%, oggi in Italia lavoratori dipendenti e pensionati detengono il 30% della ricchezza nazionale e pagano il 78% delle imposte, il mondo delle imprese e le persone più facoltose, al contrario, detengono il 70% della ricchezza ma contribuiscono per il 22% al gettito fiscale.”(idem)
Questi dati non sono migliorati ma peggiorati tanto che nel 2012 si stima che l’incidenza di stipendi e pensioni è arrivata all’82% del reddito dichiarato dagli italiani. Nel frattempo ci si sofferma sugli sgravi Imu come se questi servissero a rilanciare l’economia, in realtà andranno a incidere nuovamente sulle risorse da destinare agli enti locali creando quindi maggiore difficoltà  in un momento che invece richiede un maggiore intervento in campo sociale da parte degli enti pubblici per sostenere le situazioni di disagio. Le stesse raccomandazioni del consiglio europeo invitano a “ spostare il prelievo dalle imposte sul lavoro e sul capitale, che scoraggiano l’occupazione e gli investimenti, alle imposte sui consumi e le proprietà”, quindi sulle rendite e , aggiungiamo, sulle transazioni finanziarie per penalizzare la speculazione. Con la scusa che il 78% degli italiani sono proprietari di abitazione si attuano politiche che in realtà premiano i proprietari immobiliari. Già oggi esistono sgravi per le famiglie che rendono l’imu più vantaggiosa dell’ici: grazie alle detrazioni il 25% dei proprietari non ha pagato un euro, 17,8 milioni hanno pagato 225 euro di media e solo il 6,7% ha dovuto pagare più di 600 euro. I problemi evidentemente sono altri. Inoltre non esiste una vera riforma del catasto che permetterebbe di dare il vero valore alle abitazioni. Secondo un’inchiesta dell’Espresso in Italia ci sono 350.000 abitazioni fantasma e 1.600.000 unità immobiliari che compaiono all’anagrafe ma non nelle dichiarazioni dei redditi degli italiani e ancora 4 milioni di appartamenti e garage di cui non si conosce la metratura. Tutto questo fa sì che il gettito fiscale che dovrebbe arrivare nelle casse dello stato sia molto inferiore al valore reale del patrimonio immobiliare. “Basti pensare che , mettendo a confronto i dati delle dichiarazioni dei redditi degli italiani con quelle di un’indagine campionaria anonima della Banca d’Italia , i rentiers conquistano di gran lunga il primato nazionale dell’evasione, con un tasso dell’83,7%”(Livadiotti)

Secondo il Centro Studi Immobiliari il 13,8% delle case italiane ha un valore superiore ai 500.000 euro e il 3,5 sopra il milione mentre al Catasto su 33.807.982 unità immobiliari residenziali solo 35.694 risultano di tipo signorile (lo 0,11%!). 12 milioni sono accatastate come economiche e 5.700.000 come popolari (senza riscaldamento ) e 1 milione ultrapopolari (cioè anche senza bagno). In realtà i valori di mercato sono 3 o 4 volte quelli di mercato e in alcuni casi limite si arriva addirittura a 10 volte. Stiamo parlando di un patrimonio da 5.400 miliardi di euro che potrebbe risolvere molti problemi del nostro paese con una tassazione più equa e magari con una patrimoniale finalizzata ad occupazione e investimenti o ad abbassare il prelievo fiscale sui redditi da lavoro.”Tra il 1990 e il 2010 il peso della tassazione su lavoro e reddito d’impresa è passato dal 55,2 al 62,9% mentre era sceso negli anni 80.Tra il 1990 e il 2010 diminuisce di un punto la tassazione sulle cose (iva e accise) e si riduce di 6,6 punti la tassazione sul capitale, le rendite e altro (compresa l’Ici). Nell’ultimo ventennio il peso complessivo della “tassazione sulle cose” è sceso di 1,1 punti”(Sapelli).

Ma per fare qun intervento serio sulle rendite non basta conoscere i dati ci vuole anche una volontà politica che oggi non si vede all’orizzonte nonostante i gravi problemi del paese.

Leonardo Romagnoli

28.7.13

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