Dalla democrazia diretta a quella eterodiretta

Lo confesso, ora ho paura

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Il voto sulla piattaforma privata Rousseau svuota una volta di più il Parlamento e la funzione dei parlamentari. Dalla democrazia diretta alla democrazia eterodiretta il passo è stato breve. Nel merito la decisione sul caso Diciotti afferma il pericolosissimo principio che l’azione di Governo è al di sopra della legge

Di Maio Conte Salvini

“Abbiamo difeso una scelta politica che rivendichiamo”, è questo il mantra dei capi e capetti del Movimento 5 Stelle dopo la votazione sulla piattaforma Rousseau in merito al blocco allo sbarco dei 177 migranti della Diciotti, nave della Marina Militare italiana che ha deciso grazie al consenso del 59% degli oltre 50mila votanti di non concedere l’autorizzazione a procedere al processo per “sequestro di persona” richiesto dai giudici di Catania per Matteo Salvini, vice premier e ministro dell’Interno.

Al di là, del quesito truffaldino della consultazione e dei meccanismi oscuri delle votazioni fatte su una piattaforma di un’azienda privata, la Casaleggio e associati, ancora una volta senza la presenza di un ente terzo di controllo che certifichi la correttezza del voto e la sua non manipolabilità, ciò che impressiona è che la votazione di ieri svuota di fatto le prerogative della Giunta per le autorizzazioni a procedere e del Parlamento.

Si è intaccato un altro pezzettino del principio sancito all’articolo 67 della Costituzione in base al quale «ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato». Il “Voto online è vincolante” ha detto ieri il capo politico dei 5 Stelle, Luigi di Maio. La separazione fra i poteri ne esce nel modo peggiore. Un no ‘pregiudiziale’ in difesa delle prerogative ministeriali di Salvini poteva rappresentare, almeno, un alquanto discutibile scatto di orgoglio dei poteri della politica (legislativo ed esecutivo) contro quello della magistratura.

Dalla democrazia diretta alla democrazia eterodiretta

Così, in un colpo solo si riesce a svilire le prerogative parlamentari e quelle della magistratura. Perché comunque non sapremo mai se il ministro dell’Interno ha commesso o meno il reato di sequestro aggravato, e non sapremo nemmeno se una simile condotta potrà essere ripetuta in futuro. Ad impedire di andare a sentenza non sarà stato il Parlamento, bensì il pronunciamento di una piattaforma online, nella quale un campione molto limitato di cittadini elettori ha deciso per tutti.

I parlamentari 5 Stelle che non sono stati ritenuti degni né di presentare un emendamento alla Legge di Bilancio o al Decreto sicurezza (chi ha osato farlo è stato espulso) ancora una volta dovranno votare “obbedendo” agli esiti decisi altrove e non nei gruppi parlamentari. Le prerogative del Parlamento non erano mai state così umiliate (leggi anche qui) e i parlamentari pentastelli ridotti a statuine che si muovono col telecomando.

Non possiamo scordarci che neppure i presidenti e vicepresidenti di Commissione dei 5 Stelle sono stati votati dai gruppi parlamentari ma paracadutati dalle decisioni del capo politico. Così i profeti della democrazia diretta sono diventati presto i fantocci della democrazia eterodiretta.

Problemi loro direte. No, problemi nostri giacchè l’insofferenza per pluralismo e dissenso, il furore spartitorio, il fastidio per le autorità indipendenti mette a dura prova la nostra democrazia e i nostri assetti istituzionali.

L’immunità alla seconda, l’azione di Governo è al di sopra della legge

Sin qui le questioni di metodo. Nel merito le cose mostrano una faccia ancora peggiore. Per il tribunale dei ministri di Catania c’è stata “la precisa volontà del ministero dell’interno” di privare della libertà personale le persone già provatissime a bordo della Diciotti. L’aggravante, sempre secondi i giudici, è data dal fatto che il reato è stato “commesso da un pubblico ufficiale e con abuso dei poteri inerenti alle funzioni esercitate, nonché per essere stato commesso anche in danno di soggetti minori di età”. Per i giudici di Catania, Salvini avrebbe quindi disposto in maniera arbitraria “la forzosa permanenza dei migranti a bordo dell’unità navale Diciotti”, privandoli della libertà personale senza l’autorizzazione di un giudice, oltre il limite consentito dalla legge, per ben 6 giorni a danno di persone provate da violenze.

Nel caso Diciotti in ballo c’è il rapporto tra poteri dello stato: la magistratura sta affermando che nemmeno l’esecutivo è legibus solutus, cioè al di sopra della legge, e deve rispettare alcuni limiti stabiliti dallo stato di diritto e dalle Convenzioni internazionali.

Per questo, il quesito proposto dalla piattaforma Rousseau, “Il ritardo dello sbarco della nave Diciotti, per redistribuire i migranti nei vari paesi europei, è avvenuto per la tutela di un interesse dello Stato?” è di una gravità assolutaEsso afferma un’immunità all’ennesima potenza, un’immunità alla seconda e dice che la ragion di Stato (anche quando palesemente contraria ai diritti delle persone come nel caso della Diciotti) è sempre al di sopra della legge. La Ragion di Stato, qualunque essa sia non risponde a nient’altro che a se stessa. La corresponsabilità invocata da Conte e da Di Maio, le votazioni online e il mantra “Abbiamo difeso una scelta politica che rivendichiamo”, affermano questo pericolosissimo principio: l’azione politica del governo non può essere mai imputabile.

Se a tutto questo aggiungiamo la situazione economica del Paese che in soli 8 mesi di Governo gialloverde non solo ha battuto ogni record negativo, dalla decrescita infelice del Pil, all’occupazione, al calo di fiducia di imprese e consumatori, al crollo della produzione industriale e dell’export sino al deficit già accumulato per maggior spesa corrente e per interessi sul debito, ma ha ipotecato anche il nostro futuro con 53 miliardi di clausole di salvaguardia Iva. A me tutto questo fa paura.

Impossibile cavarsela con un “Stiamo a vedere cosa succede”.

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