Andrea Benati, su reteresistenzacrinali, riassume la situazione relativa al progetto Impianto Eolico Monte Giogo di Villore

Il paesaggio della montagna toscana secondo la Soprintendenza di Firenze….

 

…ovvero “Lavori in corso”. Con la “elle” iniziale, come “Firenze”

 

Non è uno scherzo.

In merito al progetto di AGSM Verona Spa per una centrale eolica industriale sul crinale del Mugello (“Monte Giogo di Villore”), la Soprintendenza fiorentina, dopo un parere in cui non aveva analizzato l’intervisibilità dell’impianto da e per le aree incluse nel Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi e a quote superiori ai 1.200 metri, che sono tutelate direttamente dal “Codice del Paesaggio”, ha proposto l’installazione di un impianto come quello da noi simulato in foto. Né più, né meno.

Dettagli, precedenti e considerazioni nel post che segue.

La vicenda

Da qualche mese, le Regioni Toscana ed Emilia-Romagna, una Soprintendenza, enti locali, autorità varie, qualche sindaco di provincia (grazie al cielo non tutti – qualcuno ha rispetto per la propria carica…) sembrano proprio arrampicarsi sugli specchi per consentire ad AGSM Verona Spa di sfregiare lo spartiacque appenninico di Giotto e del Beato Angelico, di Dante e Dino Campana, di fronte alla Barbiana di Don Milani, per produrre (quando c’è abbastanza vento, cioè senza continuità) l’energia elettrica appena sufficiente per qualche migliaio di utenze domestiche: cioè per una popolazione teorica, che vive di stenti, che non va mai in un negozio di alimentari dotato di frigo, in un ambulatorio fornito di corrente, su un treno, o che rinuncia ad andare in ospedale o in un ufficio pubblico. Gente che non usa mai un qualsiasi oggetto prodotto dall’industria, visto che le attività manifatturiere, e tutte le altre che abbiamo detto, hanno bisogno di molta ALTRA energia elettrica: molta di più di quella che necessita alle case di quelle famiglie. Ma AGSM pensa solo a loro quando mostra i muscoli della sua produzione eolica. Rifornite le “famiglie”, al resto, da AGSM, sembra che non arrivi nulla.

Un affarone, quindi…

Eppure appaiono titanici gli sforzi per soccorrere AGSM da parte di molte amministrazioni, di qualsiasi colore. A Roma, Firenze, Bologna, Borgo San Lorenzo, Vicchio, Dicomano, si trovano amici della speculazione eolica in qualsiasi formazione politica parlamentare e nei rispettivi servitori.

Chissà mai a cosa si deve questa trasversalità di consenso. Mah…

Le premesse del deposito del progetto

Gli sforzi sono iniziati sin da subito, quando, a progetto appena depositato, la Regione Toscana chiese garbatamente ad AGSM quali fossero i comuni da cui voleva farselo valutare. E, garbatamente, AGSM rispose che, insomma, non era bello appesantire la procedura: bastava interpellare chi stava sul versante tirrenico. Vabbè, sette turbine erano previste sul crinale, più una dalla parte di là, ma, insomma, via… Se proprio non se ne può fare a meno, sentiamo San Godenzo, toh… Tanto, tutta l’altra plebe poteva fare le osservazioni come un cittadino qualunque. Nessuno tenne conto del fatto che escludere un comune dalla conferenza dei servizi comporta il mancato deposito del progetto presso la sua sede, e quindi l’impossibilità della sua consultazione da parte dei cittadini, salvo dover scavalcare il crinale: conosciamo tutti la “facilità” con cui, in montagna, si scaricano dal web carte progettuali da centinaia di MegaByte.

Dopo il deposito preliminare del progetto venne chiesta la prima tornata di integrazioni: un evento specifico lasciò capire che continuava il lavorìo di indulgenza nei confronti della ditta. Quale evento? Eh no! mica ve la diciamo tutta, così su due piedi: omissioni e spunti significativi li teniamo in serbo per il magistrato. Contabile, amministrativo. O altro.

Il progetto andò così finalmente in pubblicazione, con le proroghe dei termini imposte dal governo Conte, e la società civile iniziò a vederlo e a farsi sentire, direttamente o attraverso rappresentanti politici o associazioni. Le osservazioni espresse, per corposità e contenuti, furono impressionanti.

Il parto del progetto di AGSM Verona spa

Si vide che il presunto progetto non era propriamente tale, ma qualcosa d’altro: una specie di dichiarazione d’intenti di un disinvolto signore che asseriva che il mondo deve urgentemente e radicalmente cambiare il suo modo di vivere per consentirgli di continuare il mestiere da lui appreso e ben retribuito, e quindi di stravolgere la vita di contadini e montanari, a spese delle bollette della cittadinanza. Che, secondo lui, ha diritto all’energia elettrica solo quando il vento fa girare le sue turbine: e se, in una notte di bonaccia, finisci in sala operatoria o in terapia intensiva, puoi sperare nel funzionamento del gruppo di continuità dell’ospedale (mica tanto “green”), altrimenti… beh, sfiga: il suo stipendio, quel signore, lo deve incassare.

C’erano, sì, allegati tanti disegnini e tante relazioncine, incasinati a dovere: della presunta “qualità” e delle macroscopiche lacune del progetto di AGSM si è già parlato su questo sito. Ma in molti, compresi diversi funzionari pubblici, si accorsero che, oltre a presentarsi caotico, il progetto faceva acqua da molte parti: per esempio sotto il profilo geologico, geotecnico e strutturale, fra l’altro con precedenti non esattamente rassicuranti, e di analogo padre (Carpinaccio).

 

 

Le “Linee guida per la valutazione di impatto ambientale degli impianti eolici” della Regione Toscana in buona parte erano di fatto state eluse, ignorati i requisiti normativi e il significato stesso di “progetto definitivo”, dimenticata la relazione sugli impatti socioeconomici (presentata da AGSM a consultazioni concluse), volutamente NON indicato il modello stesso delle turbine da installare, monitoraggi faunistici inadeguati e lacunosi, mancato rispetto di documenti e strumenti di pianificazione del territorio. Un tale progetto avrebbe meritato la bocciatura già in principio, ma spuntò la richiesta di una sequenza (anch’essa impressionante) di integrazioni: un documento di diciassette pagine, che rinviava ad altri documenti altrettanto corposi, formulati dai vari Enti coinvolti, in cui si invitava AGSM a dare risposta anche ai contenuti delle osservazioni del pubblico, impossibili da riassumere.

C’era da attendersi che l’entità (umiliante) delle integrazioni richieste convincesse AGSM a fare un buon progetto.

E invece no.

Integrazioni? Carenti. Quanto il progetto originario

Chi ha potuto (non tutti potevano) si è ritrovato a dover fare, di nuovo, sostanziali osservazioni alle integrazioni. Si possono scaricare da qui: Osservazioni_48h_precedenti CdS 16 marzo 2021. Un elenco delle integrazioni eluse da AGSM si trova in una di queste osservazioni di seconda istanza, più precisamente nelle “Osservazioni consigliere pr_.pdf”.

Un esempio su tutti: i sondaggi geotecnici richiesti dagli uffici tecnici. Per installare oggetti pesanti svariate centinaia di tonnellate, alti oltre 100 metri e sottoposti alle sollecitazioni flettenti del vento, secondo AGSM bastano e avanzano sondaggi profondi giusto qualche metro. E il capo progetto di AGSM è anche andato… in visita di cortesia, da quei tecnici, nei loro uffici, per convincerli che, suvvia, i rispettivi pareri erano eccessivamente scrupolosi, e che, insomma, aveva ragione lui. Chissà perché, per tali colloqui, non andavano bene il telefono o la videoriunione. L’episodio, stuzzicante, è ripreso e commentato nelle stesse osservazioni citate sopra. Alla fine, comunque sia, le richieste di integrazione espresse da quei tecnici NON sono state soddisfatte.

Di fronte alle osservazioni della cittadinanza, la risposta di AGSM è stata quanto meno parziale, o carica di irrisioni da marchese del Grillo (“io so’ io, e voi nun siete ‘n ca…”), fra l’altro con argomentazioni più o meno del tipo “io c’ho l’Università che mi dà ragione” (l’Università… chi? dipartimento? docente? ricercatore? criteri di elaborazione dei dati? risultati? peer review?). Oppure: “nel tale Piano territoriale non è specificamente scritto un divieto di installare, lassù, un impianto eolico”. Non essendo espressamente vietate, secondo AGSM si potrebbero quindi piazzare sul crinale dell’Appennino anche centrali nucleari, fonderie, aeroporti o condomini di 37 piani e mezzo: con l’attico o senza? Ah, dipende cos’è scritto di specifico nel Piano. A molte osservazioni AGSM ha risposto che “se n’era parlato in Inchiesta Pubblica”, anche quando NON era vero. Tanto quasi nessuno degli “osservanti” originari ha avuto diritto di replica sulle integrazioni.

I commenti alle integrazioni e i pareri (che dovevano essere) finali

Molti Enti hanno esplicitamente ammesso che le integrazioni da loro stessi richieste sono in gran parte risultate insoddisfacenti: il progetto rimane cioè carente. Bocciato, quindi? Certo che no!!

Il parere con cui si concludono tali note… è favorevole (!) e rinvia il soddisfacimento delle prescrizioni a un ulteriore, successivo passaggio. Ma qui l’indulgenza appare quanto meno imbarazzante: secondo il “Codice dell’Ambiente” (art. 27bis) la procedura non prevede altri passaggi, e questo avrebbe dovuto essere l’ultimo. Qualche Ente sembra avere addirittura rinunciato a vedere soddisfatte le richieste di integrazioni che pure aveva formalizzato.

Siamo ormai pronti a veder sanate molte carenze progettuali col contributo attivo delle amministrazioni. Continueranno quindi, di fatto, a lavorare sul progetto di AGSM (e magari come vuole AGSM) a spese del contribuente?

Intanto, la Salamandrina del Savi dei primi tratti torrentizi è condannata a morte (o alla deportazione, che è poi la stessa cosa). Le precise modalità di trasporto delle turbine e mezzi d’opera le conosceremo solo vivendo. I frantoi continueranno a macinare la roccia su cui sono appoggiati. Il progetto di smontaggio (o di demolizione con esplosivi?) continua a mancare (i calcoli ci sono, ma non tornano). Alla creatività della contabilità di progetto si porrà un qualche rimedio che non è dato sapere (e le garanzie fidejussorie su cosa si baseranno?). La scelta del modello delle turbine da installare è rinviata a dopo la musica. Eppure sembra andare tutto bene.

Tre esempi ci sembrano molto significativi di come “vada tutto bene” nel progetto di AGSM.

Tre fulgidi esempi – numero 1. Un parere per conto terzi.

Il dirigente del Settore Paesaggio della Regione Toscana ha attestato che la documentazione integrativa di AGSM “conferma alcune delle criticità rispetto all’inserimento del progetto nell’ambito di paesaggio del Mugello”, e “che i fotoinserimenti continuano a non mostrare le condizioni di massima visibilità come richiesto e che la verifica non è stata sufficientemente indagata (…), limitandosi in modo puntuale agli immobili tutelati da vincoli diretti o ex lege e non privilegiando l’indagine sulle aree di maggior percezione visiva all’interno del buffer di visibilità potenziale e strade di comunicazione”.

Eppure alla fine il suo parere è… “favorevole”, visto che ritiene “…che il progetto possa costituire opera di utilità pubblica che va nella direzione di una ‘Toscana carbon free’ di uno sviluppo energeticamente sostenibile”, e che (udite udite) “i risultati in altro impianto gestito dal proponente mostrano un effetto compatibile con i luoghi”. Quindi, archiviate le indagini solo perché l’indagato ha aiutato una vecchietta sulle strisce pedonali, il dirigente del paesaggio ha attestato che il progetto è paesaggisticamente critico, che ancora manca documentazione paesaggistica necessaria. Ma che va approvato. Il valore planetario del paesaggio toscano è (anche) in queste mani.

Viene almeno da sperare che il dirigente in questione non abbia mai visto le desolanti pietraie rimaste ai piedi delle turbine del Carpinaccio, e il “bello” spettacolo che danno di sé nel bacino del Diaterna e lungo la strada del passo della Futa.

Sia come sia, il dirigente in questione formalizza il suo via libera ad AGSM sulla base di competenze NON SUE, come un Fantozzi che sbriga il lavoro dell’amata signorina Silvani.

A dire la verità, da lui ci si attendeva che pretendesse il rispetto del Piano Paesaggistico affidatogli dalla Regione che lo retribuisce: piano che, da solo, precluderebbe l’installazione di qualsivoglia sola turbina eolica sul crinale. Ma non lo ha fatto. Ci si attendeva che chiedesse l’applicazione delle Linee Guida per la VIA degli Impianti Eolici, cioè quelle della Regione Toscana stessa, letteralmente ignorate da AGSM in più punti, visto che, per esempio, omette di produrre la cartografia dell’Area di Impatto Visivo Assoluto Teorico (AIVAT).

Ci si attendeva che, lui o qualcun altro, lamentasse l’assenza di una concreta alternativa progettuale, o di uno studio LCA specifico per l’impianto (presupposto anch’esso dalle Linee Guida Regionali): non che ci si accontentasse dell’asserzione di AGSM secondo cui impianto eolico, uno qualsiasi, comporta SEMPRE un vantaggio ambientale, senza fare i conti basati sul suo rendimento reale, sui problemi dei danni dei cantieri, delle attività estrattive e di raffinazione dei materiali necessari, terre rare comprese, della perdita di superficie boscata, dell’inquinamento da produzione di turbine in acciaieria, dei problemi di smaltimento del vetroresina delle eliche, e così via. Se, come dice AGSM, qualsiasi impianto eolico comporta un vantaggio ambientale, cosa attende a installarne uno sul crinale nord dei Monti Lessini, praticamente dietro casa? I ponti servono? Certo! Allora vanno fatti tutti! Facciamolo quindi, senza tanto discutere, ‘sto ponte sullo stretto di Messina, ma anche quello per Lipari, e, perché no, tutte le centrali nucleari: sai quanta combustione di carbone si risparmierebbe. C’è l’uranio da estrarre e smaltire? Vabbè, saremmo “carbon free”, vuoi mettere?

Tre fulgidi esempi – numero 2. Un po’ di geografia non guasta.

Il parere sulle integrazioni firmato dal dirigente del Servizio “VIA” della Regione Emilia-Romagna, tanto per gradire, smentisce il punto di vista, chiarissimo, già formulato dall’Unione Montana dei Comuni Forlivesi, ente che AGSM non aveva voluto al tavolo di chi conta. Ma si sa, cosa vuoi che capiscano, di casa loro, quei montanari.

In quel di Bologna ritroviamo infatti una tesi singolare, chissà come rimbalzata di qua e di là dall’Appennino: quella per cui quando le turbine rotanti e l’area o l’immobile tutelati appaiono “con viste non contestuali e comunque contrapposte a ovest e a est” gli impatti paesaggistici non sono rilevanti. La tesi (fatta propria anche dalla Soprintendenza fiorentina) è cioè questa: se dal sagrato di una pieve millenaria ti “godi” lo spettacolo delle turbine AGSM, ma sei girato con la pieve di spalle, quest’ultima non sarebbe impattata: come ti volti per entrarci, delle turbine ti sei già dimenticato. Se ti trovi sulla soglia del portale, ammiri le turbine, ma non l’architettura romanica che ti avvolge, o viceversa: e quindi non c’è impatto. Non è quindi chiaro perché non si scelgano i dintorni delle pievi romaniche per aprirvi, di fronte, una qualche discarica. E comunque la pieve te la puoi sempre ammirare, magari un po’ di lontano, dall’impianto di AGSM stesso, a meno che qualcuno non lamenti che sia quest’ultimo a essere impattato.

E poi secondo il dirigente della Regione Emilia-Romagna “opere o interventi” si trovano “ad oltre 4-5 km dal confine regionale”: quindi contano poco. E… le distanze di riferimento delle “Linee Guida Statali”? Dimenticate. “Codice del Paesaggio”? Neppure citato.

Eppure lo stesso dirigente aveva chiesto ad AGSM, nel maggio 2020, di fornire “tutta la documentazione, le analisi, le considerazioni previste”, appunto dalle Linee Guida Statali (D.M. 10-9-2010), in merito a “impatto visivo ed impatto sui beni culturali e sul paesaggio”, come per esempio “una appropriata ed esaustiva documentazione fotografica dei luoghi così come essi si presentano ante operam e delle simulazioni di come essi si presenteranno post operam”. Ma nessuna simulazione fotografica (dal territorio emiliano-romagnolo o meno) è stata prodotta da AGSM da aree tutelate direttamente dal Codice del Paesaggio, quelle cioè situate sopra i 1200 m di quota (ci abbiamo dovuto pensare noi), o perché incluse in Parchi o aree protette, o da porzioni dei sentieri escursionistici che percorrono il territorio del ”bene paesaggistico ‘Acqua Cheta’”.

E ci avviciniamo alla “chicca”.

Il dirigente in questione ha motivato il favore espresso nel suo parere anche con la “video-simulazione dal territorio della Regione Emilia-Romagna” presentata da AGSM. E qui, Houston, abbiamo un problema. Serio.

Tale videosimulazione ha 9 punti di fermo immagine: ma soltanto 1 di essi (ben lontano dall’impianto, per carità) ricade nel territorio della Regione Emilia-Romagna, affidato alle cure dei rispettivi dirigenti regionali. I rimanenti 8 punti di fermo-immagine (su 9) sono fissati nel comune di Marradi che, in quanto provincia di Firenze… sarebbe in Toscana. (Vedere il file .mp4 contenuto sotto il link DVD4g). Occorre una colletta per spedire, nelle torri bolognesi di Kenzo Tange, sedi della Regione, qualche sano e vecchio atlante. Non ne serve uno con l’Ecuador, la Siberia o l’Antartide: bastano i confini dell’Emilia-Romagna.

(Chiaramente, chi ha costruito la video-simulazione per AGSM, avvicinandosi al crinale ha scelto punti di “fermo-immagine” con schermatura vegetale, a maggior gloria della serietà – ma a queste prese in giro siamo ormai abituati.)

Dimenticavamo: vorremmo sommessamente sottolineare alla Regione Emilia-Romagna che ci risulta che la distanza minima fra l’impianto e la ZPS (Zona a Protezione Speciale) “Monte Gemelli, Monte Guffone non è “oltre 7 km”, ma meno di 6 km (Prato Andreaccio), mentre per la ZPS “Acquacheta” non è “di 5,7 km”, ma meno di 5 (Balze Trafossi). Un po’ più di precisione non guasterebbe, visto appunto che si tratta di Zone a Protezione Speciale, che ci risultano quindi nate con specifico riferimento alla tutela dell’avifauna, nello specifico per una quindicina di specie di interesse comunitario. Specie che, nel caso, non sono struzzi, pinguini o emù, ma uccelli di quelli che volano, così come quelle tre o quattro specie di chirotteri segnalate: soggetti per cui è facile “svariare sulla fascia” di quei pochi km. E ‘sti dati non li abbiamo reperiti chissà dove, ma sullo stesso sito regionale dedicato all’ambiente. Ci sembra quindi azzardato affermare, come fanno i dirigenti R.E.R., “che il progetto non abbia incidenza negativa significativa sui siti di Rete Natura 2000”. Anche perché abbiamo visto proponenti di progetti eolici allegare Studi di Incidenza per siti Natura 2000 distanti oltre 10 km.

Non sarà bello coprirsi di vergogna anche per la semplice apertura di una procedura di infrazione in sede europea. Però, almeno stavolta, la UE sarà servita a qualcosa.

Tre fulgidi esempi – numero 3. La scialuppa di salvataggio

E ora arriviamo alla ragione del foto-rendering mostrato in apertura, che abbiamo dovuto fare noi, visto che nessun ente (né Regioni né altri) si è preoccupato di imporre ad AGSM di provvedere in merito. Agli atti, dopo più di un anno, non ci risulta infatti NESSUN foto-rendering, serio o farlocco che sia, da aree al di sopra dei 1200 m o da territori del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi. Ci siamo volutamente limitati all’assetto dell’impianto così come lo ha “suggerito” la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la Città Metropolitana di Firenze e per le Province di Pistoia e Prato (facciamo prima a dire “Soprintendenza di Firenze” o “SABAP-FI”), eliminando cioè le turbine n. 1, 6 e 7.

Il nostro foto-rendering è ricavato da una recente foto scattata dai pressi della panchina di belvedere del Monte Lavane, a una quota di 1.210 m, dove convergono i sentieri CAI n. 413 (dai Romiti e dalla Cascata dell’Acquacheta), 501 (dal Monte Peschiena, e quindi dal Sentiero Europeo E1), 533 (da Campigno-Farfareta) e 555 (dalle Canove di Gamogna). Lo scatto è in direzione sudovest, con obiettivo normale, cioè a lunghezza focale tale da riprodurre la visione umana: né teleobiettivo, né grandangolare. Non abbiamo voluto “tagliare” il formato dell’immagine per far apparire le turbine più alte. Per dimensionarne l’immagine, abbiamo tenuto conto dell’altezza della torre anemometrica (60 m, dichiarata da AGSM). Siccome la SABAP FI non ha specificato di quanto “più basse” le suggeriva, abbiamo scelto il modello più “piccolo” fra i sei ipotizzati da AGSM. Escluse le gigantesche General Electric, la scelta fra Enercon e Vestas si è orientata sulla Enercon E126 EP-3, la cui altezza minima, al mozzo, risulta di 86 m, con un rotore di 126 m di diametro, e quindi un elica di 63 m. Le due Vestas, pur nei rispettivi allestimenti minimi, apparivano leggermente più alte.

(Durante la ricerca abbiamo avuto modo di verificare che non stiamo comunque parlando di modelli all’ultimo grido: sarà stata forse perfezionata nel frattempo, ma la Enercon E126 è in produzione da almeno 12 anni, e nemmeno ci è chiaro se ancora la General Electric produca turbine eoliche. Non ci è apparso insomma che lo specifico settore merceologico stia vivendo una fase di frizzante innovazione. E ci piacerebbe avere la conferma che, sulla testa dei boscaioli, dei cacciatori o degli escursionisti, se ancora avranno il coraggio di avventurarsi su quel tratto di sentiero E1, non si trovino a ruotare turbine con eliche pesanti una ventina di tonnellate l’una, ma acquistate poco più che ai saldi.)

Uno scatto di ripresa dal tratto del sentiero n. 413 che scende verso la Cascata dell’Acquacheta, ormai in territorio del Parco Nazionale, a monte della località “il Briganzone”, non aggiunge e non toglie quasi nulla a quello che abbiamo riprodotto: l’angolo di ripresa varia di pochissimi gradi, e la quota inferiore del punto di scatto mostrerebbe turbine un po’ più “incombenti”.

Eppure anche la Soprintendenza fiorentina, in prima istanza, aveva coperto AGSM di richieste di integrazione progettuali, fra le quali “visioni di insieme al fine di descrivere l’intervisibilità degli aerogeneratori e l’effetto cumulativo”. (Aveva chiesto anche qualche dettaglio, non banale, utile a documentare che l’ingombro dei mezzi eccezionali nel passaggio accanto a ville tutelate o in aree specifiche non comportasse loro rischi o problemi.)

Poi, quando le integrazioni sono arrivate, c’era di che rimanere interdetti perché le aree tutelate per legge, cioè direttamente dal “Codice del Paesaggio” (appunto, i territori sopra quota 1200 m o inclusi nel perimetro del Parco Nazionale) non erano considerate nella documentazione fotografica prodotta da AGSM. Né lo sono poi state dall’esame della Soprintendenza di Firenze. Abbiamo quindi fatto noi ciò che hanno omesso di fare altri. Ma non sarebbe il nostro lavoro. (E neppure ci è sembrato che siano stati verificati a dovere gli ingombri dei carichi eccezionali nei passaggi critici.) In più, l’impatto dell’intervisibilità dai beni tutelati per specifico decreto (edifici religiosi, per lo più) è stato analizzato dalla SABAP FI con lo stesso criterio che abbiamo visto prima: se non esiste un punto, prossimo all’edificio tutelato, da cui si vedono (insieme!) sia l’impianto sia una caratteristica saliente dell’edificio stesso (ad esempio la facciata della pieve), l’impatto veniva considerato trascurabile. A meno che l’osservatore non abbia occhi anche sulla nuca, in pratica si asserisce che l’impatto non ci sia quasi mai: è la stessa, creativa reinterpretazione, fatta anche da altri (fin su a Bologna) del concetto di intervisibilità. Concetto che però SABAP FI si era comunque dimenticata di applicare ai territori del Parco Nazionale o a quelli sopra i 1200 m che, per essere tutelati, NON hanno neppure bisogno di uno specifico decreto.

Ci risulterebbe che qualcuno si sia trovato costretto a farlo sommessamente notare alla SABAP FI. Che ha poi redatto un altro documento ancora, in cui il “ni” non poteva che diventare un “no”.

Però…

Però con questo “no” è arrivata la scialuppa di salvataggio per AGSM, sotto forma di “superamento del dissenso”.

Premessa: se, in una Conferenza dei Servizi, i vari enti assumono posizioni inconciliabili, si pone il problema del dissenso. Ora, in SABAP FI sanno benissimo che, per legge dello Stato, il loro parere negativo impedisce una pronuncia favorevole di VIA, e quindi la possibilità di autorizzare la realizzazione del progetto.

Però ‘sto progetto, evidentemente, DEVE passare. A nessuno sembra passare per la testa di poter adombrare che faccia pietà, se non alla SABAP di Ravenna, all’Unione Montana dei Comuni Forlivesi e all’Ente Parco Nazionale. Quest’ultimo, fatto il suo lavoro, ha dovuto addirittura rispondere all’ira di AGSM, che non ammette critiche, e ha preteso la censura di un parere che si frappone alla realizzazione del suo… salvifico progetto (salvifico forse per la seggiola di qualcuno, sembra). Lasciando da parte certi atteggiamenti di onnipotenza, che chissà da dove nascono (o da CHI nascono), a dire la verità ci sembra di ricordare che, ad esempio, anche all’ARPAT non sembrano proprio impazzire di ammirazione per le carte che vengono da Verona, visto che ancora non si sa da dove arrivi, né tanto meno DOVE e COME venga poi scaricata l’acqua di cantiere, frantoi compresi.

Allora, come propone di “superare il dissenso” la Soprintendenza di Firenze? Mettendosi, virtualmente ma non troppo, al tavolo dei progettisti, e dicendo loro più o meno così: “se piazzate sul crinale 5 turbine invece di 8, magari un po’ più basse, se promettete che a fine ciclo portate via anche le fondazioni delle torri e il calcestruzzo delle strade, che fate delle serie e preventive indagini archeologiche, che fate meno sbancamenti sulla viabilità di accesso e nella fascia di rispetto fluviale fra Vicchio e Dicomano, che ammazzate un po’ meno bosco di quanto previsto, che non procedete “all’alterazione irreversibile della morfologia del terreno“… allora potete ottenere un nostro parere favorevole”. Ed eccovi, di nuovo, il risultato:

 

 

– l’orizzonte retrostante le turbine è la cortina dei monti che dividono il Mugello dall’area di Fiesole e dal Valdarno subito a monte di Firenze;

– fra le sagome della prima e della seconda turbina a sinistra (le originarie n. 2 e n. 3), la pieve di Barbiana, dove riposa Don Milani;

– oltre la quarta turbina (l’originaria n. 5 – a Pian di Lago), la vetta di MonteSenario e, più verso l’ultima a destra, Monte Morello, che sovrasta la piana di Firenze;

– in basso, subito dietro, la conca del Mugello, intorno, il nordest della Toscana e, alle spalle, la Romagna occidentale;

…il tutto a maggior gloria delle norme regionali, secondo cui “in ambiti collinari e montuosi la disposizione degli aerogeneratori dovrà salvaguardare la permanenza delle visuali di interesse panoramico, gli scenari, i coni, i bersagli visivi e le linee di crinale.

Un inciso: in merito “all’alterazione irreversibile della morfologia del terreno”, lasciateci sperare che qualcuno si sia accorto (ma sembra di no) dell’inqualificabile intento di AGSM di riempire, con gli avanzi dei suoi scavi, tre solchi vallivi dei rami sorgentizi del Fosso del Campaccio, attualmente coperti di faggeta convertita all’altofusto, a ridosso dello spartiacque principale: si tratta del vergognoso “passaggio a NordOvest” di cui abbiamo parlato qui, la cui unica funzione sembra proprio quella di risparmiare ad AGSM i costi di smaltimento di terre e rocce da scavo.

Tornando al modo con cui si propone di “superare il dissenso”, conosciamo progettisti e direttori dei lavori che, per aver tralasciato di considerare la presenza del vincolo storico e paesaggistico, per aree e interventi infinitamente più ridotti di questi, si sono visti sotto processo penale (giustamente, per carità). Ma mai ci saremmo attesi di vedere il poliziotto proporre pubblicamente al potenziale mariuolo il modo per evitare di farsi pizzicare.

Se e quando, alla fine, lo sforzo di tutte queste signore e signori avrà consentito la realizzazione di questo stupro al territorio, non sappiamo se avranno il coraggio di metterci la faccia. Stiamo valutando noi di mostrarle, quelle di’ “Ccappella”, del Cinghialone, di uno scacchista, d’er Piacione e compagnia (forse anche senza la “i”), magari anche quella di un ministro della bassa. Vedremo.

Ma intanto l’amara impressione (che speriamo di vedere smentita ma è fortissima), è che nella stagione delle fertilizzazioni dell’autunno-inverno 2020-2021 sia stato sparso molto concime, di quello che fa fiorire la benevolenza.

Spesso però i concimi più efficaci hanno una prerogativa spiacevole.

Puzzano.

 

Andrea Benati

Comitato per la Tutela del Crinale Mugellano

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