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Ancora una sentenza contraria al comune sui chioschi di Borgo

di Leonardo Romagnoli

Come era prevedibile è arrivata un’altra sconfitta per il comune di Borgo San Lorenzo nella vicenda dei chioschi. Anche questa volta con la condanna a pagare le spese processuali per 3500 euro. Il Tar non si è discostato molto dalla precedente pronuncia nell’analisi del ricorso e anche in questo caso torna a ribadire che  per realizzare queste strutture , anche se precarie, dovesse essere rilasciato il permesso a costruire, mentre non ha nessuna pertinenza quanto scritto in merito alla realizzazione di strutture su suolo pubblico dalla procura e riportato anche dai giornali.” Deve altresì escludersi che il titolo edilizio per realizzare le opere oggetto di ricorso potesse restare assorbito dalla concessione relativa alla autorizzazione alla occupazione di suolo pubblico (nel caso di specie non rilasciata dal SUAP) la quale, secondo la giurisprudenza, non può valere quale permesso di costruire, in quanto disciplinato diversamente e rimesso ad un diverso ufficio, con diverse finalità “ scrivono i giudici.

In questo caso i ricorrenti avevano anche fatto istanza di rilascio, anche se a posteriori, del permesso a costruire e per il Tar “ è fondata  la doglianza con cui il ricorrente lamenta che il comune di Borgo S. Lorenzo non avrebbe considerato il contenuto della istanza da essa presentata.”
“Invero- scrivono ancora i giudici –  alla luce della relazione tecnica che illustrava il progetto sottoposto al vaglio dell’amministrazione appariva chiaro che il provvedimento richiesto consisteva in una sanatoria di opere già realizzate e non nel programma di una costruzione futura. Era, quindi, rispetto alla istanza di regolarizzazione che l’Amministrazione avrebbe dovuto prendere posizione senza limitarsi a respingerla solo in ragione del fatto che il modulo utilizzato fosse quello relativo al permesso di costruire. Né poteva valere a giustificare il diniego il fatto che le costruzioni realizzate senza titolo eccederebbero lo spazio consentito dal piano del commercio in quanto la occupazione di quello spazio era stata autorizzata e una affermazione di segno contrario avrebbe quindi richiesto la adozione di un provvedimento di autotutela (ove ne sussistessero i presupposti).”
E anche in questa circostanza i giudici  ricordano che “Il fine di contemperare l’interesse pubblico al ripristino del regolare assetto territoriale con l’affidamento suscitato dal comportamento della p.a. ben può essere perseguito con strumenti che consentano al privato di organizzare diversamente la propria attività con un graduale recupero degli investimenti effettuati. Ciò può avvenire attraverso la stipulazione di accordi ex art. 11 della legge sul procedimento che prevedano un impegno dell’interessato a rimuovere spontaneamente le opere abusive entro un certo termine previa concessione di altri spazi e/o di un congruo lasso temporale che possa consentirgli di recuperare gli investimenti effettuati in buona fede (con evidente vantaggio anche per la p.a. che eviterebbe così il rischio di subire azioni risarcitorie). Rispetto a tale strada l’esercizio del potere sanzionatorio unilaterale costituisce una extrema ratio a cui ricorrere solo nel caso in cui non sia stato possibile realizzare per le vie sopra indicate un equo contemperamento dei reciproci interessi.”
In questo caso i giudici fanno riferimento anche a possibili azioni risarcitorie che tra l’altro sono espressamente citate  nel ricorso : “con riserva di richiedere il risarcimento di tutti i danni, subiti e subendi, a causa dei provvedimenti impugnati e, in ogni caso, a causa dell’illegittimo ed ingiusto comportamento tenuto dall’Amministrazione, anche nella denegata ipotesi in cui detti provvedimenti fossero ritenuti legittimi.”.
Come già per la precedente pronuncia il Tar indica una via d’uscita ispirata al buon senso amministrativo e quindi , secondo me, non avrebbe sostanza un ricorso al Consiglio di Stato ( con ulteriori spese legali)  data proprio l’impostazione della sentenza. Come ha poco senso cercare di scaricare chissà quali responsabilità sul passato più o meno recente per una vicenda dove  tutti hanno operato in buona fede e  secondo gli indirizzi del piano del commercio approvato dal consiglio comunale.

 

sentenza oasi

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