La tendenza era già emersa nella prima giornata di votazioni, ma i numeri finali hanno confermato il quadro: la partecipazione al voto crolla anche nel Mugello, dove un elettore su due ha scelto di non recarsi alle urne. In tutti i comuni della zona, ad eccezione di Vaglia e Scarperia e San Piero, l’affluenza resta al di sotto del 50%, segnando un forte calo rispetto alle precedenti tornate elettorali.
Un dato allarmante, che si inserisce in un contesto regionale altrettanto preoccupante: in Toscana l’affluenza si è fermata al 47,73%, segnando un nuovo minimo storico e superando al ribasso il precedente record negativo del 2015, quando si era attestata al 48,28%. Nel 2020, invece, la partecipazione era stata del 62,60%.
Ecco il dettaglio comune per comune in Mugello, con tra parentesi il confronto con i dati del 2020:
- Barberino di Mugello: 48,18% (2020: 64,39%)
- Borgo San Lorenzo: 49,63% (2020: 66,80%)
- Dicomano: 48,30% (2020: 64,80%)
- Firenzuola: 47,74% (2020: 66,29%)
- Marradi: 46,62% (2020: 63,93%)
- Palazzuolo sul Senio: 40,20% (2020: 53,09%)
- Scarperia e San Piero: 51,49% (2020: 65,36%)
- Vaglia: 55,94% (2020: 71,72%)
- Vicchio: 48,96% (2020: 61,92%)
I dati parlano chiaro: in ogni comune si registra un calo tra i 13 e i 17 punti percentuali, con Palazzuolo sul Senio che scende sotto il 41% di affluenza, risultando il comune con la partecipazione più bassa dell’intera area. Anche Vaglia, che si mantiene sopra la soglia del 50%, perde comunque oltre 15 punti rispetto al 2020.
La disaffezione verso il voto non è più un’eccezione ma un fenomeno consolidato, e il Mugello non fa eccezione. Anzi, il crollo registrato in questa tornata rafforza un trend già evidente da anni, che mette in discussione non solo la partecipazione popolare, ma anche la legittimazione politica delle istituzioni elettive.
Le ragioni di questa fuga dalle urne sono molteplici: dalla sfiducia verso la politica e i suoi attori, alla percezione di scarsa incidenza del voto, passando per il crescente senso di disconnessione tra cittadini e istituzioni. A ciò si aggiunge l’assenza di campagne elettorali realmente coinvolgenti, in grado di stimolare un dibattito pubblico vivace e sentito.
In molti comuni, nonostante la presenza di candidati noti a livello locale, non si è riusciti a invertire la rotta. Segno che neppure la prossimità o la conoscenza diretta dei candidati è sufficiente a smuovere l’elettorato, soprattutto quello più giovane e quello storicamente più distante dalla politica.
Il tema dell’astensionismo assume così un peso crescente nelle analisi post-voto e diventa una delle sfide principali per il futuro della rappresentanza democratica. Un dato come quello di Palazzuolo sul Senio, dove sei elettori su dieci hanno deciso di non votare, è un segnale che dovrebbe preoccupare le istituzioni a ogni livello.
Sebbene alcuni osservatori attribuiscano parte del calo a una certa stanchezza post-pandemia, che ha cambiato molte abitudini e priorità dei cittadini, è evidente che il problema ha radici più profonde, legate alla percezione dell’efficacia dell’azione politica e alla fiducia nei meccanismi democratici.
Ora spetta alle amministrazioni e alle forze politiche interrogarsi non solo sui risultati usciti dalle urne, ma anche – e forse soprattutto – su quanti cittadini hanno scelto di non esprimere la propria opinione. Una riflessione non più rinviabile, che dovrebbe entrare a pieno titolo nelle agende politiche, perché una democrazia in cui vota meno della metà dei cittadini rischia di perdere gran parte della sua forza e credibilità.

