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Acqua, la Corte dei Conti lancia l’allarme: “Sprechi e investimenti insufficienti, così l’Italia rischia di non raggiungere l’obiettivo ONU 2030”

di Leonardo Romagnoli

In Italia ogni anno vengono prelevati oltre 9 miliardi di metri cubi d’acqua per uso potabile, ma meno della metà arriva effettivamente ai rubinetti: solo 4,6 miliardi. Il resto si perde lungo la filiera a causa di inefficienze nella potabilizzazione e nella distribuzione. Una cifra che fa riflettere: ogni giorno si prelevano 25 milioni di metri cubi, ma il 40% dell’acqua immessa in rete va sprecata, pari a 3,4 miliardi di metri cubi. A questo si aggiunge un altro miliardo perso nel processo di potabilizzazione.

A evidenziarlo è la Corte dei Conti, che ha analizzato il sistema idrico nazionale in una recente relazione approvata con la Delibera n. 4/2025 della Sezione per gli affari europei e internazionali. Il focus? Valutare il contributo dell’Italia al raggiungimento dell’Obiettivo 6 dell’Agenda ONU 2030, dedicato all’accesso universale all’acqua pulita e ai servizi igienico-sanitari, e agli interventi per contrastare la siccità.

Secondo la Corte, il sistema italiano si regge su una governance multilivello, con ben tre ministeri coinvolti, e su un Servizio Idrico Integrato introdotto nel lontano 1994 ma mai pienamente attuato. In molti territori si continua a gestire il servizio “in economia”, con scarsa capacità di investimento.

Il quadro economico è tutt’altro che rassicurante: a fronte di un fabbisogno di circa 6 miliardi di euro l’anno, le entrate del settore si fermano a 4 miliardi, mentre i costi operativi restano incerti e instabili, dato che un terzo delle spese è legato al prezzo dell’energia elettrica (la gestione del sistema assorbe il 2,5% del consumo elettrico nazionale).

Attualmente, sono 628 gli interventi in corso, per un valore complessivo di 5,3 miliardi di euro, di cui 3,7 miliardi finanziati dal Pnrr. Gli investimenti si concentrano soprattutto sulla riduzione delle perdite, la digitalizzazione delle reti e la sicurezza dell’approvvigionamento. Sul fronte agricolo, che rappresenta oltre il 50% del fabbisogno idrico nazionale, sono attivi 279 progetti per oltre 2 miliardi di euro.

C’è un dato positivo: tra il 2012 e il 2023 gli investimenti pro capite sono passati da 33 a 70 euro, ma è ancora troppo poco. Il sistema tariffario italiano, sottolinea la Corte, non è adeguato a sostenere gli investimenti necessari, soprattutto se si guarda al rapporto tra tariffe e PIL pro capite rispetto agli altri Paesi europei.

Il futuro dell’acqua in Italia è a un bivio: o si aumentano le tariffe per garantire risorse certe, oppure bisognerà trovare nuove fonti di finanziamento, visto che il Pnrr copre solo fino al 2026.

Come scriveva Leonardo da Vinci: “L’acqua è la forza motrice di tutta la natura”. Ma senza una rete efficiente e investimenti adeguati, rischiamo che questa forza si disperda nel nulla.

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