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30 dicembre 1943 l’anniversario del bombardamento di Borgo – Le foto e un racconto

di Leonardo Romagnoli

30 dicembre 1943

Nel tardo mattino di questo giorno freddo, sereno e con un sole splendente, Vieri ed io eravamo andati in bicicletta a Vicchio dove, in Piazza, vicino a una bottega di meccanico, avremmo dovuto incontrarci con Albertino che sarebbe sceso da Gattaia. Albertino non venne e noi verso mezzogiorno riprendemmo la via di casa.

Appena giunti in fondo al vialone in discesa che porta verso Borgo, sentimmo l’ormai familiare ronzio di una formazione di bombardieri americani. Avevamo appena superato il passaggio a livello della ferrovia che sentimmo, in direzione di Borgo, i boati delle prime bombe.

Un maresciallo dei Carabinieri che giungeva in quel momento, anche lui in bicicletta, ci urlò di buttarci nel fosso che fiancheggiava la strada. Ubbidimmo e restammo li non so quanto; poi resici conto che gli americani stavano senza dubbio bombardando Borgo distante da Vicchio sette od otto chilometri, decidemmo di guadagnare tempo e saltammo in sella dirigendoci appunto verso Borgo.

Non eravamo ne Coppi ne Bartali; sette chilometri in pianura sono stati e nonostante ce la mettessimo tutta, non fu necessario fermarsi a metà strada per evitare il bombardamento perché nel frattempo era tutto finito e gli aerei erano scomparsi all’orizzonte.. Continuando a pedalare.

Arrivati all’altezza del Campo Sportivo Romanelli, incrociammo un calesse con il cavallo spinto a corsa pazza verso Vicchio. Oltre al guidatore vi erano donne e bambini urlanti e ci parvero insanguinati. Poco dopo incrociammo un altro calesse in fuga, rare persone in bicicletta ed entrammo in un Borgo deserto e paurosamente silenzioso oltrepassammo il Teatro Giotto e ci inoltrammo verso via Pananti. Notammo allora per terra una seminata di mattoni ridotti a pezzettini poco più grandi di confetti.

Davanti al giornalaio Mattioli fummo fermati da un fascista armato ma non ce l’aveva con noi; ci disse solo di stare attenti perché sul crocicchio penzolava, spezzato , un filo della linea elettrica. Scansammo il filo e, svoltati a destra, ci infilammo in via Pananti in direzione Ronta. Giunti nello slargo dove si affacciavano la Tipografia Mazzocchi e la Fabbrica dei Fiammiferi e vari stallaggi di carrozze, trovammo la prima, innocente vittima.

Vicino alla fontanella pubblica che era in mezzo alla piazzetta, giaceva riversa, scomposta nelle vesti e nella positura, una donna di mezza età vestita di scuro.

Accanto alla sua mano destra un secchio d’acqua rovesciato. Apparentemente non un filo di sangue e nessuna ferita o mutilazione; gli occhi aperti, non si capiva se esprimessero sorpresa o terrore.

Proseguimmo con le biciclette a mano sui cocci sparsi e dopo pochi metri ci apparve la distruzione. Non era più possibile proseguire. Molte case non c’erano più. Al loro posto cumuli di macerie che ostruivano la strada. Ci confortò vedere che anche la sede della GIL, occupata dai tedeschi, aveva subito la stessa sorte.

Facemmo un lungo giro e imboccammo più avanti la strada per Ronta. Giunti a casa rassicurammo i nostri, trangugiammo un boccone e in compagnia di Dino Molinelli tornammo a Borgo facendo buio a scavare con gli altri, incuranti della presenza dei tedeschi.

Fu una cosa allucinante trovare corpi e cadaveri mutilati, brandelli di carne che venivano raccolti alla rinfusa in lenzuola e tovaglie tenuti per le quattro cocche. Nel viale della Stazione all’ultimo piano di una casa sventrata e tagliata in due, imbrattata di nero dai liquami, era appesa una grossa gabbia nella quale si agitavano due tortore ancora vive, una volta bianche e ora di un colore indefinibile.

Nel medesimo viale, all’inizio, dove si stacca dalla via Faentina di fronte alle macerie delle Ceramiche Chini, vidi su un mucchio di terra smossa, ai bordi della buca scavata da una bomba, un bel bambolotto di bisquì, di quelli che allora venivano regalati ai bambini buoni delle famiglie abbienti.

Emergeva dal mucchio, dalla metà del torace in su ed era veramente ben fatto con gli occhi di vetro celesti, lunghe ciglia nere; dalle labbra socchiuse si intravvedevano alcuni dentini di porcellana. Le braccia erano aperte e le manine paffutelle. Era un po sporco di terra e somigliava veramente a un bel bambino di circa un anno.

Dubbioso lo toccai leggermente. Rotolò piano piano nella buca. Era soltanto un mezzo busto e sul mucchio di terra soffice rimase una piccola impronta di sanguinolenta.

Per fortuna trovammo anche gente malconcia ma viva. I morti furono 170, moltissimi feriti, ma gli obiettivi del bombardamento, i ponti della ferrovia, almeno per quella volta rimasero intatti.

 Racconto tratto dal libro di Bruno Piancastelli

“Giustizia e Libertà” nel Mugello- la 2a Brigata Carlo Rosselli (quaderni della FIAP) pag 21

Le foto della commemorazione del tragico evento di 81 anni fa che si è svolta oggi pomeriggio che segnò per sempre la comunità borghigiana. Alla presenza del Sindaco Romagnoli della Presidente del Consiglio Comunale di Borgo San Lorenzo, dell’intera Giunta e delle autorità militari (Carabinieri e Guardia di Finanza), Polizia Municipale e Vigili del Fuoco, sono state deposte due corone d’alloro, una in piazza del Poggio al Monumento che ricorda tutte le Vittime Civili della guerra e una in via Giotto Ulivi nel punto dove è stata posta una targa in ricordo di quel tragico evento. Ha partecipato alla commemorazione la Banda Musicale di Barberino di Mugello.

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