C’è inquietudine nel nostro sottosuolo. Sono movimenti che avvengono a decine di km di profondità, la cui eco però ci riguarda. Nel 2013 la Toscana è stata interessata da quasi 200 terremoti, quasi tutti concentrati sulla fascia appenninica, con intensità non sempre modeste: ad esempio, nel giugno del 2013 la Lunigiana è stata interessata da un evento sismico di Magnitudo Richter 5.2 (corrispondente al VI-VII grado della scala Mercalli). E anche quest’anno il nostro sottosuolo non trova pace: scosse non sempre avvertibili, certo, ma siamo già a quota 15.
Per conoscere e prevenire questo rischio silenzioso che viene dal sottosuolo la Regione Toscana si è dotata di una task force di tecnici, geologi, ingegneri, architetti, geometri che, in oltre trent’anni, hanno maturato un’esperienza e una professionalità che è all’avanguardia del nostro Paese. La presenza di questo qualificato team naturalmente non ci esenta da una calamità naturale cui purtroppo siamo esposti, ma ci mette nelle condizioni di poterla conoscere e di poterci preparare, di sapere quali sono aree e edifici più vulnerabili e di metterli, possibilmente, al sicuro. Perchè queste, in sintesi, sono le mansioni del Servizio di prevenzione sismica il cui quartier generale è in pieno centro, a Firenze (via San Gallo 34/a) ma la cui mole di lavoro è ben visibile anche su internet.
Esiste Mappa di classificazione sismica, che illustra lo stato attuale del rischio sismico regionale. Solo il grigio è rassicurante, ma riguarda una porzione limitata: Maremma, bassa costa livornese, isole dell’Arcipelago (zona 4). Gran parte della Toscana è nella zona 3: “Per intendersi è una zona analoga a quella dell’Emilia recentemente colpita” il colore verde che contraddistingue quest’area non è rassicurante, ma individua aree a pericolosità medio-bassa. Il rischio sale e si tinge d’arancio in corrispondenza dell’arco Appenninico e dell’Amiata, aree inserite nella zona 2. Non c’è in Toscana, invece, la zona 1 quella riservata ai punti ancora più esposti (vi sono aree dell’Irpinia, dell’Umbria e del Friuli), ma complessivamente, dobbiamo dirlo, la nostra è una delle regioni con maggiori potenzialità sismiche.
Un’altra azione preziosa dell’antisismica fiorentina è quella della microzonazione, cioè di uno studio dettagliato sulla pericolosità sismica locale, condizionata dalle specifiche caratteristiche geologiche del sito. Perchè l’effetto dei terremoti dipende non solo dalla loro intensità, ma dal livello di amplificazione che trovano nei terreni: “L’esempio più eclatante – ci ricorda Massimo Baglione, geologo – ci viene dall’Abruzzo. Onna costruita su un terreno alluvionale, fu rasa al suolo, Monticchio a meno di un km di distanza non ebbe alcun danno: il paese poggiava su una solido strato roccioso”. Dal 2011 questa analisi dei terreni in funzione del rischio sismico deve essere acquisita dai comuni che intendono modificare i propri strumenti urbanistici: la presenza di zone dove i terreni si prestano a moltiplicare l’effetto di un terremoto va doverosamente considerata in fase di pianificazione e di edificazione.
Un’altra variabile decisiva nel determinare l’impatto di un terremoto è costituita dalle caratteristiche degli edifici. Ci sono misure ben precise con cui realizzarli a fini antisismici, ma ci sono anche interventi che possono essere realizzati su edifici esistenti, per preservarli quantomeno dal rischio di un crollo. “Semplificando al massimo la questione – evidenzia Andrea Melozzi, geometra – è essenziale che le pareti siano ben collegate tra di sé e con i solai ed il tetto. Laddove questi collegamenti non ci siano li possiamo prevedere per minimizzare l’impatto di una scossa”. Questo fronte apre un ventaglio vastissimo di attività del servizio antisismico: si tratta di stabilire regolamenti di costruzione e di progettare interventi mirati, di effettuare sopralluoghi e indagini come di gestire finanziamenti per la messa in sicurezza di edifici esistenti. “Negli anni – ci spiega Nicola Signorini – abbiamo schedato circa 1.500 edifici pubblici tra scuole, ospedali, sedi comunali, e oltre un terzo di questi sono stati messi in sicurezza”.
Massimo Orlandi
www.regione.toscana.it