UMORISMO E SATIRA IN MUGELLO (1912-1914) parte seconda

UMORISMO E SATIRA IN MUGELLO (1912-1914)

Seconda parte

IL PANANTI

Sul primo numero de “Il Pananti”, nel fondo di presentazione si accenna esplicitamente alla contraddittorietà di esperienze come quella de “il Girino” : “ non sono l’anfibio che sguazzettante nel rivo ci diverte, ma che ritroviamo dopo per via viscido e brutto come un’ aggressione di schifo e di disgusto”. L’allusione ci è sembrata alquanto esplicita e non lascia dubbi sulla diversa impostazione di questa nuova esperienza editoriale . Già dalla sua prima sortita la rivista diventa oggetto di polemica da parte degli altri giornali locali che considerano quasi un sacrilegio l’uso del nome del poeta rontese per caratterizzare una così “volgare pubblicazione”. Di Filippo Pananti (6) si era tornati a parlare addirittura “ come un gran patriota” per alcuni suoi scritti su Tripoli e di lui spesso si occuparono intellettuali locali quali Andreani e Barchielli , “ ma io credo sicuramente – si legge nella presentazione del settimanale – che fra Barchielli e Andreani vi abbiano annoiato e m’è venuta l’idea di ripararvi. Per questo settimanalmente vi ripeterò alcuni dei miei pensieri (…) e rispanderò pel Mugello i miei lazzi liberi, i miei epigrammi taglienti e tutto il mio spirito sano e acuto come l’aria della mia Ronta nativa “. Non bisogna dimenticare che il poeta durante la sua vita aveva manifestato più volte simpatie per la repubblica e per la Francia rivoluzionaria.(7)


Ma la scelta del Pananti per i fondatori è prima di tutto una scelta indiscutibilmente laica. Sono proprio le riviste cattoliche che fin dalla prima uscita del giornale usano i toni più duri di condanna. I benpensanti si sentono offesi non soltanto dagli espliciti riferimenti anticlericali, ma dai doppi sensi, dalle allusioni alla loro vita privata. Significativo in questo senso l’articolo “ Per la moda femminile “ nel quale si prende spunto da una discussione sulla sottana , stretta o larga, per far pronunciare dichiarazioni, ovviamente false, piene di sottintesi ad alcune signorotte locali indicate con dei nomignoli popolarmente molto conosciuti. Le allusioni di tipo sessuale sono alquanto evidenti e vogliono ridicolizzare quel falso moralismo che è tipico di una certa borghesia : “Piero moralista, me la vorrebbe fare allargare ed io quasi cederei, ma la mamma sempre vigile vuol che resti stretta …. la sottana”. Questo accade sul 1° numero, in seguito articoli di questo tono resteranno episodi marginali nella composizione del giornale e non compariranno più in prima pagina. Nonostante sia in corso la guerra di Libia, “Il Pananti” sembra non aver sviluppato quei temi antimilitaristi che invece saranno tipici de “La Fischiata”. L’argomento è trattato a volte con distacco, quasi come un male minore e a tratti sembra trasparire la convinzione che quelle terre possano servire al popolo italiano. Ma non manca neppure la pietà per le “povere” popolazioni arabe sottoposte a continui cannoneggiamenti.
L’ambiguità di questo comportamento è evidente ed è possibile riscontrarla negli articoli dedicati ai reduci e alle manifestazioni pubbliche.


“I reduci : – Se i cari nostri nel dolor lasciammo
e fummo in guerra eroi
ci danno fiori … e il frutto che strappammo
oh! Non sarà per noi.
– Gli sfruttatori tuoi , o patria santa,
dinanzi al sacrifizio
rubaron di chi muore ilare e canta
anche il don natalizio.”


Come si vede emerge una situazione di disagio : l’avversione per la retorica patriottarda delle autorità si fonde con la percezione del tradimento. Quella che fu definita anche come una guerra proletaria , in nome della patria e per la terra ai contadini, sembra invece rivelarsi come la conquista di uno “scatolone di sabbia”.
In questo caso è difficile parlare di nazionalismo o di imperialismo, sembrerebbe più giusto vedere la questione sotto un aspetto di riscatto, con venature post risorgimentali. Quasi di realizzazione degli ideali che in particolar modo furono di Garibaldi( a questo proposito vi sono dei riferimenti espliciti).
Leggendo poi le varie rubriche ci si rende conto di come una posizione simile sia sofferta, quasi a non voler riconoscere che si è trattato di un miraggio e con il timore di offendere i soldati che hanno combattuto e sofferto in Libia .Ed è proprio verso coloro che cercano di speculare su queste vicende dolorose che vengono indirizzati gli strali del giornale, in particolare verso i boriosi amministratori locali e gli ecclesiastici. Nell’ultima parte di uno stornello dedicato ad un convegno di terziari si legge :

Muore il soldato in guerra
crepa la plebe abbietta
si riforma la terra
con l’acqua benedetta!”


Il dibattito sull’argomento Libia continuerà per molto nella zona del Mugello e sarà incentrato sulla persona del generale Pecori Giraldi, il quale veniva duramente citicato per il suo comportamento durante le operazioni militari.

Un altro argomento dal quale emerge la contraddittorietà di questa esperienza editoriale è l’approvazione del suffragio elettorale, cioè il diritto di voto per tutti i cittadini maschi che hanno compiuto il trentesimo anno di età. E’ un atteggiamento dettato soprattutto dalle condizioni della zona, infatti a livello nazionale era stata proprio l’area democratica a battersi per l’ampliamento della base elettorale. Ed è proprio dal confronto tra le aspettative delle forze democratiche nazionali da una parte e dal timore per ciò che può avvenire in Mugello dall’altra che emergono le riflessioni più interessanti.

Il suffragio è ritenuto un fatto importante ma può essere un’arma a doppio taglio ( una discussione simile avverrà anche dopo la Liberazione con la nascita della Repubblica e la concessione per la prima volta del voto alle donne). Zone come il Mugello hanno ancora un numero altissimo di analfabeti e gran parte della popolazione di campagna è sottomessa , non solo economicamente ma anche culturalmente al clero e ai proprietari. : “ gente di campagna che hanno immagazzinato tutto nella loro Lega (cattolica mugellana presieduta dal Sassoli) facendola passare come una congregazione religiosa qualunque dove si biascica qualche buona preghiera e si paga qualche buon soldino”(…)” perché se avessero gettato un piccolo seme di idee politiche e di democrazia, sia pure diluito con molta acqua santa essi sanno che avrebbero preparata la strada ad una politica e ad una democrazia più risoluta della loro e che prima o poi sarebbero stati presi a calci “.
Sotto accusa è tutta la classe dirigente , responsabile dello stato di ignoranza in cui è lasciata la gente di campagna e che pensa di poter strumentalizzare a proprio vantaggio il suffragio, non escluso il ricatto. “E vorremmo sapere come tutti i suddetti signori e tutti preti mugellani si comporterebbero col contadino che votasse a mo’ di esempio per un socialista? Lo caccerebbero su due piedi e per i dipendenti degli altri si può sempre minacciare “inferno e diavoli” “ , come era successo alcuni mesi prima.
Quindi per “Il Pananti” non è tanto il suffragio ad essere guardato con sospetto, ma quei preti e signorotti che , dopo aver per anni mantenuto il popolo nell’ignoranza, promuovono una campagna “ che cela goffamente un secondo fine”. E’ un concetto che verrà espresso con più chiarezza alcuni anni più tardi da “La Fischiata” nel 2° numero: “ Il suffragio universale – apportatore di libertà e di riscatto nei centri civili – da noi non ad altro è servito che a meglio ribadire le catene dell’ignominia e del servaggio”. Torna a farsi sentire la paura della Vandea . Dell’impossibilità da parte dei contadini , in questa situazione, di acquisire una nuova coscienza politica. Per fare passi in avanti necessitano istruzione e cultura e in questo campo, a parte l’apertura di alcuni circoli di lettura nel 1905 ( oppure la fondazione della Società Pro Cultura che però era presieduta dal Gerini) la strada da fare era ancora molta e difficile. Qualcosa comunque si stava muovendo , anche se soltanto a livello di rifiuto, appena il 50% si recò alle urne alle elezioni amministrative a Borgo san Lorenzo. “La Fischiata” prenderà atto di questo “ risveglio di popolo” sintomo di libertà “dalle decrepite e meschine aristocrazie”. Ma i punti di contatto fra “il Pananti” e “La Fischiata” sono anche altri e riguardano la stessa impostazione del giornale , le rubriche : il “Su e giù per il Corso” che fa capolino negli ultimi numeri del primo , troverà ampio spazio ne “La Fischiata”, la quale userà moltissimo anche la forma del dialogo in dialetto locale tra personaggi immaginari, come avveniva su “Il Pananti” per “le discussioni tra Beco e Tonio”. Altri aspetti unificanti possono essere “le cose invidiabili” o “ le cose smarrite in Mugello “.

LA FISCHIATA

La Fischiata “ rappresenta sicuramente un notevole progresso e si impone subito come una pubblicazione più direttamente politica , interessata agli argomenti nazionali e internazionali e forse non poteva essere diversamente visto ciò che stava accadendo. Era in corso un conflitto tra grandi potenze che minacciava di estendersi a macchia d’olio coinvolgendo anche l’Italia nello scontro. Di alcuni personaggi locali che ruotavano attorno alla rivista ( o almeno si presume collaborassero ) abbiamo già parlato e chiarivano quali fossero gli indirizzi politici seguiti.
A questo si possono aggiungere altri elementi non secondari : il direttore responsabile è un certo Guido Pogni che firmava sempre come responsabile alcune testate di orientamento socialista e non si tratta solamente di una semplice copertura giuridica perché lo troviamo anche come autore di articoli. Altro fatto importante è la riproduzione di brani o articoli de “L’Avanti” riguardanti il conflitto europeo in atto già dal quarto numero, la pubblicazione di vignette ispirate direttamente allo stile di Scalarini ( in alcune sembra di leggere la firma inconfondibile del vignettista de L’Avanti, ma si tratta evidentemente di un omaggio ad un grande maestro dato che ritraggono amministratori e personaggi locali).

Questi aspetti, se pur importanti, non devono indurre a vedere ne “La Fischiata” una pubblicazione di tendenza solo socialista . Si è già accennato come in essa confluissero varie esperienza democratiche . Però tutti i collaboratori erano uniti dalla lotta contro la guerra e dall’anticlericalismo. Nella presentazione ai lettori il collettivo redazionale tende a ribadire che motore del giornale non saranno “ripicche né basse vendette, non antipatie né personalità, ma critica serena e giusta , fatta con l’unico scopo di essere utili alla nostra vallata. Nel manifesto che rivolgemmo al popolo era nostra volontà far sentire su questo periodico la voce di una minoranza, la quale, scacciata prepotentemente e illegalmente dalle aule consiliari, ha ben diritto di esistere e far sentire la propria voce. Che questa voce sia da voi secondata o elettori liberi di questo nostro Mugello , che questa voce trovi eco nelle vostre coscienze ancora illuse e asservite e il trionfo finale sarà nostro “( il manifesto del quale si parla deve essere quello affisso dal gruppo de “La Fischiata” per l’astensione alle elezioni).


Il giornale si occupa principalmente della politica locale , dei personaggi e del loro comportamento, ma non mancano neppure fatti di contorno generalmente divertenti. Tanto per fare un esempio possiamo accennare alla vicenda dell’ Ing. Ulivi, un personaggio singolare che occupò le prime pagine dei giornali locali per una sua presunta grande invenzione. Amministratori, professori e giornali facevano a gara nel lodare l’impegno e il genio dell’ingegnere. Quando però si trattò di sperimentare pubblicamente il frutto delle ricerche svolte , il signor Ulivi pensò bene di fuggire romanticamente insieme alla fidanzata. Quale migliore occasione per fare un po’ di umorismo : “All’ultima ora – scrive “La Fischiata” – riceviamo la ricetta Radiobalistica Uliviana, avviso ai nostri nemici, ai nostri avversari, siamo padroni del mondo, l’avvenire è nostro, Attenti! Consigli comunali, uomini politici, sindaci, assessori, ecc fate bene sennò vi RADIOBALISTICHEREMO”.
Sul tono satirico veniva condotta anche gran parte della critica anticlericale che vuol soprattutto bollare quei personaggi politici ritenuti , a ragione , dei “rivoltagiubbe”:

La moda qui in paese cambia spesso
specie per i consiglieri
che prima verdi,poi gialli , poi neri
Anche il sarto non sa come fare
i gusti da contentare
con tanta roba da rivoltare!
E gira e fai
son come piume al vento
si rivoltan la giubba ogni momento.
Il minestron che ora è in maggioranza
fu con grande insistenza,
a consigliarmi la grande eguaglianza.
(…)
C’è un avvocato grande difensore
di cause già perdute
che cambia l’opinione a tutte le ore.
Se seguita così farà carriera
per regger il comune
non gli manca né la faccia e né maniera
E gira e fai
di tasse ai preti più non ne parla
ma ci saremo noi a rammentarla !”

In pratica è sotto accusa gran parte del nuovo consiglio comunale di Borgo San Lorenzo, ma in particolare l’avvocato Berretti al quale sono dedicate le ultime strofe. Già membro della XX settembre , il Berretti aveva presentato alcuni anni prima una proposta per far pagare una tassa ai preti che volevano espletare le funzioni religiose , in seguito l’aveva abbandonata fino al colmo di essere eletto con i voti dei clericali. Nelle condizioni dell’avvocato ce ne sono diversi : Pietro Monti, Dante Giorgi ( in quest’ultimo caso si parla anche di abbandono degli ideali socialisti) tutti anticlericali che si erano votati alla causa del “minestrone”. L’elettorato cattolico rappresentava una buona fetta dei votanti ed era per questo corteggiato da più parti. Si può dire che per aspirare ad un sicuro posto in consiglio fosse necessario avere l’appoggio del parroco.
Per “la Fischiata” questa influenza cattolica sulle amministrazioni locali era molto estesa , tanto che nel numero speciale per il XX settembre faceva pronunciare a Don Canuto ( pievano di Borgo ) queste parole : “Io me ne impippo , braccia o non breccia, il pilastro dell’amministrazione comunale sono io”. Ed un fondo di verità c’era senz’altro.
Il numero speciale al quale si è accennato permette di mettere in evidenza come l’anticlericalismo di alcuni redattori fosse fondamentalmente legato ad una concezione risorgimentale della lotta politica : “ Non lacrime né fiori – scrive il Masini – ma vigili. L’idra vaticana potrebbe ridestarsi e l’ammonimento di Garibaldi dal Gianicolo che dominando di lassù e accennando al Vaticano, sembra dica : Italiani non sbagliate strada . Il nemico nero è là “.


L’istituzione ecclesiastica è per i redattori responsabile dell’intolleranza, dell’ignoranza e dell’odio più accanito verso tutto ciò “ che aspirava al bello, al vero , al buono “, travisando così il messaggio di “pace e amore “ di Gesù ( il Cristo proletario è un tema ricorrente della propaganda democratica e socialista tra fine ottocento e inizio novecento)

I nomi che ricorrono sono quelli delle vittime dell’Inquisizione ai quali si aggiunge lo spagnolo Francisco Ferrer , fondatore della “Scuola Moderna”, assassinato dalla “ selvaggia reazione clericale” (Avanti 13.10.09).

A queste constatazioni generali si affiancano i ricordi delle manifestazioni popolari come quella che si era svolta l’anno precedente a San Piero a Sieve inneggiante a Giordano Bruno.
Dopo questa impennata “per non dimenticare” il giornale torna ad occuparsi dell’argomento in toni più distesi e umoristici : ci si diverte ad evidenziare il bigottismo di certi politici e la goffaggine di certo clero di campagna. Ma come si è detto questo è solo un aspetto del quindicinale che fa sì satira, ma si occupa anche attivamente e seriamente di questioni politiche. In primo luogo della guerra.

Alla retorica ufficiale, ad un Pecori Giraldi ansioso di ritornare sui campi di battaglia , si contrappongono analisi politiche e ricordi del recente passato. “la vita di quel popolo che produce e non chiede , di quel popolo che ancora curvo e fiacco al volere dei governanti si fa assassinare per una causa non sua , ma che ricade ad assoluto vantaggio del suo oppressore(…)i nemici tuoi, gli ipotetici nemici che ti mettono innanzi i governanti , sono come te dei lavoratori sfruttati, sono anch’essi tuoi compagni che mirano alla rivendicazione di un giorno migliore”.

Se queste considerazioni non fossero sufficienti allora si cerca di far presente ciò che è stata la guerra di Libia. In fondo è inutile che “la stampa nazionalista e interessata “ tenti di risvegliare gli entusiasmi dell’impresa libica perché “troppo recente è l’amara delusione perché il popolo debba nuovamente abboccare all’amo”.

Quella che sembra una posizione irremovibile ha le sue incertezze . Sullo sfondo si profila l’idea di un Risorgimento che ancora non si ritiene del tutto compiuto e invece la certezza di un nuovo dramma che deve essere sopportato dalle classi subalterne . La strada giusta è nella lotta contro questa terribile certezza ed è un’indicazione che alcuni anni più tardi darà i suoi frutti.


“Noialtri non possiamo che maledire – scrive Cirano – a tutte le guerre e a coloro che per un fine sbagliato, o per esclusivo vantaggio , tentano con modi subdoli di trascinarci a questi. E siccome soltanto ciò non può bastare faremo opera di propaganda antiguerraiola e cercheremo sempre le loro mene”.

La prospettiva dell’entrata in guerra dell’Italia però si avvicinava . “ la spinta alla guerra a fianco dell’Intesa era operante già al cadere della prima decade di agosto(…) prese consistenza e si esplicitò nella seconda metà di settembre, per poi trascinarsi abbastanza stancamente durante l’inverno, riprendendo con forza a febbraio e concretizzarsi agli inizi di marzo, quando sembrò accentuarsi il pericolo , che teneva continuamente in allarme l’Italia, di una pace separata tra Russia e Austria, a tutto vantaggio della prima”(8).

Eppure era certamente maggioritario un atteggiamento favorevole alla pace e al neutralismo. “I contadini non intendevano e non volevano la guerra”(…) un discorso analogo può essere fatto per gli operai dei centri industriali ( il proletariato urbano)”. Anche gli agrari erano poco propensi alla guerra , “ lo schieramento neutralista era dunque assai ampio” ma poco organizzato e pieno di contraddizioni a iniziare dal Partito Socialista fino agli esponenti cattolici che volevano evitare che “le forze dei propri organizzati” si saldassero a quelle socialiste.(9) Anche in Italia il fronte interventista vedeva in primo piano gli studenti, le associazioni di maestri , insegnanti e professori e parte della piccola e media borghesia che stava vivendo un diffuso stato di disagio economico e sociale e vedeva nella guerra “l’occasione per dare vita ad una “nuova Italia” “.


In un articolo dal titolo “I giovincelli nazionalisti … nostrali” la Fischiata ironizzava “Sono pochissimi per muovere una guerra ed anche per ingrossare le fila degli eserciti belligeranti, i quali poi non risentirebbero alcun vantaggio dalla presenza di questi intrepidi coniglietti. Si contentano per il momento a far la guerra dal “Caffè della Carola” usufruendo per tre quarti della giornata e senza nessuna spesa (perché non bevono) della sedia e del tavolino”.
La Fischiata cesserà le sue pubblicazioni e la guerra arriverà “ assai più lunga, opprimente e drammatica di quella che tutti avevano ipotizzato” con un carico di morti e dolore che resteranno come una ferita mai risargita nella vita di milioni di persone. Con il dopoguerra arrivò però anche il cambiamento con l’ingresso di socialisti e popolari alla guida dei comuni mugellani.(10)

Leonardo Romagnoli

( alcune foto sono prese da Antiche Cartoline del Mugello e altre da internet e non ne conosco i proprietari)

NOTE

6)Filippo Pananti è nato a Ronta nel 1766 e morto a Firenze nel 1837. Uno dei momenti più significativi della sua tumultuosa esistenza è rappresentato dall’esilio “volontario” del 1799 all’indomani della partenza dei francesi da Firenze. La natura polituca del suo espatrio è evidente. Più volte aveva manifestato tutta la sua simpatia per la Repubblica e per la Francia rivoluzionaria. A conferma di questa sua identità sta anche il fatto che i suoi beni patrimoniali gli furono confiscati sotto l’accusa di giacobinismo

7)Filippo Pananti non ha mai nascosto la sua simpatia per la Rivoluzione Francese: “i nemici della Repubblica hanno visto bene che bisognava brigare a Parigi e infettare la sorgente della Forza dello Stato.Una quercia vigorosa, l’albero della libertà, dice Barrère, s’eleva sulla cima della montagna. Ella offre delle corone agli eroi e l’ombra e la difesa agli uomini virtuosi e a’ patrioti perseguitati”(1794)

8)Ernesto Ragionieri – La Storia d’Italia – Einaudi , 1976 vol 11 pag .1979

9)“Il neutralismo proletario e popolare finisce per trovare la sua rappresentanza più consapevole e più autorevole nel partito socialista , la cui sfera d’influenza viene così a estendersi molto al di là dei suoi vecchi confini ( G. Arfé, cit. p.204)

10)Le elezioni amministrative (del 1920) confermarono la grande forza delle forze cattoliche e socialiste . I Socialisti ebbero la maggioranza nei comuni di Dicomano,Borgo San Lorenzo e Vicchio e i Popolari nei comuni di San Piero a Sieve, Scarperia e Barberino. Il risultato fu che il notabilato dei vari paesi mugellani fu completamente estromesso dalla guida delle amministrazioni locali, da sempre considerate appannaggio della classe dei possidenti. Ora erano operai, mezzadri e piccoli esercenti a sedere sullo scranno di sindaco”(A. Gasparrini)

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