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L’ Ospedale elettorale

di Leonardo Romagnoli

Ospedale e campagna elettorale

Nelle campagne elettorali per i comuni gli argomenti in discussione sono obbligatoriamente sempre gli stessi : dai servizi scolastici ai trasporti, dalla sanità all’assistenza, dalla casa alla manutenzione del verde e delle strade  con un capitolo a parte su acqua e rifiuti . Di cultura invece si parla sempre meno perché , come diceva Tremonti , “con la cultura non si mangia”, affermazione che sta alla base del declino di un paese, l’Italia, che è  ancora considerata a livello mondiale uno scrigno di bellezze artistiche, storiche e culturali .
Parliamo di sanità che è stata scelta giustamente  come primo argomento elettorale per l’importanza che questo settore riveste per la qualità della vita delle persone e dei territori.
Intanto cominciamo col dire che la Toscana è messa piuttosto bene , secondo la classifica dei sistemi sanitari stilata dal Ministero  per il 2012 basata su 21 indicatori è al terzo posto  con lo stesso punteggio della seconda ,il Veneto,  con al primo posto l’Emilia Romagna, ma fra le tre è l’unica che migliora nella valutazione di ben 24 punti   salendo in classifica di tre posizioni. I 21 indicatori si basano su vari aspetti dell’attività sanitaria e sul rispetto dei Lea (livelli essenziali di assistenza). Si prende, appunto, in considerazione la copertura dei vaccini, quelli per i bambini e quello dell’influenza, ma anche degli screening oncologici. Poi ci sono indicatori dedicati all’assistenza ai malati cronici, agli anziani e ai disabili, oppure alla diffusione di esami come la risonanza magnetica. Si prendono in considerazione anche il tasso di ospedalizzazione e la rapidità con cui avvengono gli interventi in media di emergenza delle ambulanze. Ad ogni indicatore è dato un punteggio in numeri e alla fine si forma la graduatoria.  Ma la Toscana è anche una delle tre regioni in regola in tutti i campi.
Questa premessa è necessaria  per superare le percezioni , spesso sbagliate, che si hanno del sistema sanitario pubblico e di quello toscano in particolare. In questo quadro si è inserito il Ministero della sanità che vorrebbe ridurre i costi chiudendo le strutture ospedaliere con meno di 120 posti letto. Si tratta di numeri consistenti basti pensare che nel 2011 gli ospedali pubblici erano 827 con 171.125 posti letto di questi  399 hanno meno di 120 posti(tot. 25.593) e 257 addirittura meno di 80 (11.724 posti letto).

Fra questi ospedali  in Toscana figura anche quello del Mugello. La risposta della Regione è stata netta :
“In toscana abbiamo già razionalizzato il sistema ospedaliero, passando da 92 a 38 ospedali, è una sciocchezza tirare un rigo sotto i 120 posti letto. Ragionare in termini di posti letto è roba del secolo scorso, ci sono dei piccoli gioielli di queste dimensioni. Certo i  piccoli  ospedali devono fare il loro. Ad esempio noi ci facciamo l’oncologia, la specialistica, la chirurgia programmata, la medicina(…) non si può far cassa con la sanità, un comparto che ha già perduto l’8% delle risorse. Dovranno passare sul mio corpo io non ci sto”(Enrico Rossi pres. Regione Toscana 9.12.13)

In realtà il Mugello che è inserito nell’elenco ministeriale non è considerato dalla regione un ospedale piccolo: gli ospedali piccoli in Toscana sono 15 ma Borgo non c’è. “Gli ospedali piccoli non solo non verranno chiusi, ma saranno ricollocati in una nuova rete di ospedali che comprenderà sia gli ospedali piccoli, ognuno con una sua specificità, che gli ospedali provinciali e gli ospedali universitari(luigi Marroni Ass. alla salute della Toscana 9.13).
Da dove nasce quindi la necessità di formare un “Comitato di difesa dell’Ospedale di Borgo San Lorenzo”?

L’iniziativa promossa dal candidato sindaco Luca Margheri (sostenuto da Per Borgo e Udc) ha chiaramente uno scopo elettorale con toni che  mal si conciliano con la volontà di portare avanti un’iniziativa unitaria : “ E’ questione gravissima – scrive Margheri- per la quale le risposte della politica mugellana sono state  assolutamente deludenti e omissive(…)si deve avviare una mobilitazione permanente che unisca tutte le istituzioni mugellana” e ,come  disponibilità al dialogo, “che anche in questo caso si mostra con chiarezza la necessità di un radicale ricambio politico nell’amministrazione borghigiana, il partito di maggioranza ha dimostrato e dimostra che per convenienze politiche, per non fare la voce grossa con i livelli superiori, preferisce tacere e minimizzare. A guidare il nostro comune c’è bisogno di gente libera che non si pone in termini di sudditanza e che  neppure teme , facendosi sentire in modo critico, di perdere il posto o qualche occasione di candidatura futura”.  A parte il linguaggio da tempi di “guerra fredda” se questo è il modo per creare un movimento unitario non si fanno certo gli interessi dei mugellani e neppure quelli della sanità. Qualcuno poi spieghi a Margheri( o a chi gli scrive i comunicati) che il PCI non esiste più e che , per esempio, tra Rossi e Renzi non corre certo buon sangue onde per cui i renziani mugellani potrebbero guadagnare punti in un eventuale attacco alla regione ma sarebbe davvero politica di basso profilo poco attenta agli interessi della collettività. E’ anche curioso come Marheri portando l’esempio delle amministrazioni valdarnesi a difesa dell’ospedale di Figline sostenga ”che ha un ospedale quello sì che potrebbe essere eliminato”(!)

Margheri però pone alcuni problemi che sono   reali e seri e per questo non meritano di essere trattati con slogan elettorali. SE i problemi derivassero solo dalle indicazioni ministeriali , i mugellani potrebbero dormire sonni tranquilli, ma ci sono invece  le problematiche strutturali antisismiche sollevate in articoli sulla nazione e sul Filo, e riprese da Margheri,  che invece potrebbero avere conseguenze molto serie. La questione , secondo me, è stata trattata malissimo creando un allarmismo eccessivo che, portato alle estreme conseguenze ,potrebbe comportare la chiusura di alcuni servizi e insistere su questo tasto rischia di avere l’effetto contrario a quello sperato.

“l’ospedale è sicuro?  – si chiede Margheri nel documento di accompagnamento- Come si intendono risolvere i problemi statici in relazione alla dislocazione delle attività ospedaliere, se è vero che interi piani andranno alleggeriti? Di quali interventi di consolidamento la struttura ha bisogno? Soprattutto quanto costano e cosa comportano da un punto di vista del mantenimento delle attività (problema dell’invasività dei lavori)? Sono ritenuti compatibili sul piano economico? O si pensa che sia più opportuno demolire e ricostruire? Di fronte a una così grave evenienza, fin d’ora Regione e Asl devono rendere disponibili le risorse necessarie, e il Comune deve porsi il problema della localizzazione. Si è presa in considerazione la cosa nell’ambito del regolamento urbanistico? Perché è evidente che pensare di dover demolire e ricostruire nello stesso luogo, comporterebbe tempi talmente lunghi di sospensione del servizio, e il rischio ma io direi la certezza, sarebbe la perdita della presenza ospedaliera in Mugello.”
Gli interrogativi che meritano una risposta sono essenzialmente due : è sicuro? Quali interventi di consolidamento sono necessari? Tutti  gli altri comportano la chiusura dell’ospedale come è oggi e anche  la ricostruzione in altra localizzazione è pura fantascienza.
“Per l’ospedale si escludono chiusure o sospensioni di servizi, e la rassicurazione è arrivata anche dall’assessore regionale alla Sanità Marroni che il sindaco Giovanni Bettarini ha incontrato recentemente – afferma l’Amministrazione comunale in un comunicato dell’ottobre 2013 -. Riguardo alla valutazione sismica del presidio il Comune ha partecipato Commissione Asl con un proprio rappresentante, il dirigente del Servizio Tecnico. La commissione ha evidenziato nella verifica dei blocchi strutturali del presidio alcune situazioni che non rispettano i coefficienti di sicurezza in base alla vigente normativa, per quanto riguarda in particolare sovraccarichi e sollecitazioni. Per essere chiari: l’ospedale rispetta pienamente la normativa sismica, già vigente all’epoca della sua costruzione; ma la normativa stessa si è evoluta nel tempo, richiedendo ad oggi coefficienti di sicurezza maggiori, specie per edifici strategici come è appunto il caso dell’ospedale, e il termine temporale dei 10 anni è legato a questo aspetto. Per essere ancora più chiari: si tratta di situazioni che non costituiscono motivo di pericolo immediato ma che necessitano di provvedimenti locali di miglioramento sismico. In sostanza, servono interventi localizzati di miglioramento e potenziamento sismico. Ciò che da parte nostra, come Amministrazione, abbiamo fatto e stiamo tuttora facendo sull’edilizia scolastica per rendere più sicure le nostre scuole. In definitiva, la Commissione Asl fornisce indicazioni su alternative d’intervento che, oltre a risolvere le singole situazioni, se attuati nel loro complesso, contribuiranno a migliorare la risposta sismica dell’intera struttura ospedaliera”.
Tutto questo e le rassicurazioni del direttore della Asl possono bastare?  Ritengo di no e il compito di un comitato unitario dovrebbe essere proprio quello di tenere ferma l’attenzione delle istituzioni su una questione di rilevante importanza per tutto il territorio del Mugello. Ma la sanità non è solo ospedale, anzi oggi più che mai è nella prevenzione e assistenza diffusa che si ottengono i migliori risultati per la qualità della vita. Il prof. Longo autore del libro “la sanità futura. Come cambieranno gli utenti, le istituzioni, i servizi e le tecnologie”in una recente intervista  sostiene  che i posti letto dei piccoli ospedali andrebbero trasformati in poliambulatori specialistici o in residenze per anziani. Perché? “ Le stime ci dicono che i malati cronici consumano il 70% delle risorse del sistema sanitario e affrontare un malato cronico con un posto letto ospedaliero è un po’ come andare al mare d’estate con la giacca a vento e gli sci , è sbagliato lo strumento rispetto all’obiettivo”. La medicina è cambiata molto negli ultimi anni e le strutture devono essere adeguate ai cambiamenti. “La patologia cronica – dice Longo –  può essere curata bene  a tre condizioni. La prima che venga intercettata per tempo. Se, per esempio, un inizio di diabete viene curato subito,con l’alimentazione e lo stile di vita, posso vivere tranquillamente senza altre complicazioni. Se invece non viene intercettata per tempo si complica e a quel punto c’è bisogno dell’ospedale. La seconda è l’aderenza del paziente alla terapia. Il terzo punto è che la patologia cronica interroga un’interdipendenza organizzativa , ovvero la qualità della cura dipende da quanto sono ben organizzati i meccanismi di coordinamento tra i diversi attori sanitari che agiscono su quel paziente, quindi medico di medicina generale, l’infermiere,lo specialista, il laboratorio diagnostico che intervengono con frequenze profondamente diverse(…) Pertanto il sindaco che difende il suo ospedaletto fa male alla sua comunità perché difende una struttura di cura che è incoerente ai bisogni della popolazione. Lo fa perché nell’immaginario l’ospedale è un presidio che tutela la popolazione locale, ma in realtà non è assolutamente più così”. L’affermazione di  Longo può sembrare provocatoria ma si basa sul fatto che spesso il piccolo ospedale non ha le caratteristiche e le casistiche per prestazioni specialistiche mentre per le patologie leggere non è necessario. Potenziare  tutto il tessuto dei poliambulatori perché solo la metà delle visite specialistiche sono fatte in regime di sistema pubblico ed evitare che gli anziani finiscano nei reparti di medicina invece che in strutture più adeguate. “ Se la cronicità fosse intercettata per tempo e stabilizzata, probabilmente metà delle persone che arrivano in pronto soccorso non ci andrebbero. Oggi circa il 70% di accessi al pronto soccorso in Italia sono codici bianchi impropri” e questo rende queste strutture a volte inefficaci. Come si vede la materia è molto complessa ed è necessario  porre attenzione innanzitutto ai servizi che vengono offerti sul territorio , dal medico di base fino alle visite specialistiche, con un potenziamento dell’assistenza domiciliare e ambulatoriale nelle quali utilizzare le competenze sempre maggiori degli infermieri/e che oggi sono tutte/i  laureati/e.

Nel frattempo però chiuderanno le società della salute( e quella del Mugello funzionava bene), con gran giubilo di diversi gruppi politici in consiglio regionale, che fornivano una serie importante di servizi in forma associata senza grandi costi di funzionamento  visto che il personale era della Asl e gli organismi politici non ricevevano nessuna remunerazione. Per esempio nella programmazione delle attività e dei servizi della SdS Mugello per l’anno 2014  sono previsti 958.000 euro sull’area d’intervento “famiglie e minori”, oltre 1.300.000 euro su quella “disabilità” e 296.500 euro su “povertà e disagio adulti”, 2.400.000 euro sull’area d’intervento “anziani” e 215.000 euro su quella “azioni di pronto intervento sociale” (compreso un fondo d’emergenza di 50.000 euro). Alla fine l’unico obiettivo sarà quello di allontanare sempre di più i centri decisionali dal controllo dei cittadini, di rompere il legame con i territori e di ridurre fortemente gli interventi in campo sociale, sanitario e più in generale del welfare che  costa molto(si dice) e non sempre contribuisce al benessere della popolazione. Ma nessuno farà la campagna elettorale su questo argomento per paura di essere additato  come difensore dei “carrozzoni “ e della “politica” mentre i cittadini non ne avranno nessun vantaggio( su questo argomento rimando a qui).

Va benissimo, quindi , difendere l’ospedale di Borgo San Lorenzo ma soprattutto devono essere difesi e potenziati i servizi sul territorio per un’efficace e efficiente azione preventiva e di cura altrimenti sbaglieremmo obiettivo e non faremmo gli interessi della popolazione  del Mugello.

Leonardo Romagnoli

21.1.14

 

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