La destra dell’odio e delle «buone» intenzioni

La destra dell’odio e delle «buone» intenzioni

di Moni Ovadia

Il Manifesto 5.11.19

La lettera al Corriere della Sera scritta dal primogenito di Liliana Segre, Alberto Bellipaci, «non vi meritate mia madre», è la pietra tombale sulle buone intenzioni della destra italiana. Le parole ferme e amare del figlio della senatrice non stigmatizzano tanto un’ideologia, che non c’è.

Rendono evidente una conferma: la destra italiana non è antifascista, non lo è mai stata, quella degli altri Paesi europei sì. Sono antifascisti i cristiano-democratici tedeschi, i gollisti francesi, i conservatori inglesi. La nostra destra no, non ha mai voluto fare i conti con il Ventennio e ha cercato sempre di eludere la questione con artifici retorici o attaccando i comunisti reali o presunti ovvero tutti coloro che li contrastavano, rivendicando il carattere ineludibilmente antifascista della democrazia costituzionale. Lo ha fatto per non assumersi responsabilità o per rifarsi una verginità senza pagare mai il dazio.

QUESTA VERITÀ si è stavolta scontrata con la figura della senatrice a vita Liliana Segre. Conosco la Senatrice da molti molti anni, ho avuto il grande privilegio di essere con lei a condividere e soprattutto ad ascoltare le sue testimonianze. Liliana Segre è prima di tutto un essere umano di eccezionale caratura, che ha affrontato a soli tredici anni e mezzo la più terrificante e disperante delle esperienze che in assoluto possano toccare a una persona. Il magistero della sua testimonianza è una delle narrazioni più importanti e significative del nostro tempo. Questa donna, la cui dignità è esemplare, rappresenta in se stessa e per il pensiero di cui è portatrice un patrimonio dell’umanità. La campagna di odio antisemita scatenata contro di lei è un atto di odio contro la forza della vita e a favore della pulsione di morte.

Il comportamento della destra nell’aula del Senato, la sua astensione compatta di fronte alla proposta della senatrice Segre di istituire una commissione con il compito di monitorare le forme del razzismo e dell’antisemitismo, è un fatto gravissimo perché mostra connivenza e indulgenza nei confronti delle manifestazioni del razzismo, della xenofobia e delle effrazioni del senso della democrazia che può vivere solo laddove tutti gli uomini godano di eguali diritti e dignità e non siano accettabili primazie sulla base del criminogeno jus sanguinis che di fatto è anticostituzionale. L’assoluta gravità è rappresentata soprattutto dalla negazione dei principi dei diritti universali dell’uomo.

PERCHÉ LA DESTRA non si è peritata di fare una così miserabile figura? In parte per ragioni strumentali, ma in parte perché il fascismo come retroterra culturale e sentimentale non è mai uscito dalla sua identità. Se non bastasse, i rappresentanti di questa destra si vantano di essere gli amici più sinceri del governo di Israele che li accoglie con tutti gli onori e li porta a visitare il memoriale della Shoà, Yad Vashem, con tanto di zucchetto in testa.

COLPISCE l’estrema mediocrità delle giustificazioni addotte e l’infimo livello di questa destra da strapaese fatta di personcine e «personaggetti», per i quali c’è a quanto pare sempre qualcuno pronto alla difesa d’ufficio. Giorgia Meloni che ormai è «tecnicamente» considerata come una «politica capace», sostiene che il suo voto di astensione è motivato dalla preoccupazione di «difendere la famiglia».

SI SA CHE Fratelli d’Italia ha innalzato lo stendardo della triade «Dio, Patria, Famiglia» tanto cara alla più vieta retorica clerico-fascista. Ma quale famiglia? Quella che santifica le feste nei centri commerciali, o si rincitrullisce davanti alle tv del sodale Berlusconi? Ma che bel talento, pensare che i nemici del suo modello di famiglia siano le unioni arcobaleno, i migranti inesorabilmente musulmani et similia. E non la società basata sulla metastasi iperliberista. Quanto alla patria, quale? Quella di Mussolini che la consegnò ai nazisti di cui – secondo ciò che scriveva lui stesso alla Petacci – fu «il fantoccio»?

SALVINI, dal canto suo, cambia le patrie per intonarle alle mutande, verdi finché vanno di moda, tricolori se la moda cambia e nere nelle riunioni private con gli squadristi dalle varie sigle. Le famiglie le cambia anche quelle e bacia il rosario prova provata che così crede in dio, ma preferirebbe buttare da un ponte papa Francesco che annuncia il «dio dell’accoglienza». Intanto, a dimostrare la sua pericolosità, salta sul carro della classe operaia dell’Ilva massacrata e ricattata tra lavoro e morte ambientale, non perdendo l’ occasione di partecipare al linciaggio del «nero» Balotelli, gridando pericolosamente: «Un operaio dell’Ilva vale dieci Balotelli». Razzista di classe, dunque. Quanto a Berlusconi adora le famiglie aperte, aperte alle escort, per patria ha le sue aziende, nazionali e offshore; e per dio se stesso, nient’altro che se stesso e non vuole nessuno a sua immagine e somiglianza. Questa, più o meno, è la destra che si candida a governarci nel terzo millennio. Sovranisti, populisti, antisemiti, islamofobi, nostalgici del nazismo della peggior risma.

MARINE Le Pen, Alternative fur Deutschland, i buontemponi del gruppo di Visegrad, con in testa l’antisemita e ziganofobo Orbán. Buontemponi perché tettano con voracità il buon latte dei soldi europei – dall’Ue del tacito consenso al respingimento dei diversi, dei migranti, dei richiedenti asilo, dei nuovi Muri eretti – e se ne servono per alimentare il nazionalismo isterico al fine di far fuori la vacca da cui mungono le loro risorse. Con questa bella compagnia, Berlusconi farà la sua agognata rivoluzione liberale del leben und leben lassen, vivi e lascia vivere. Il faro di questa bella banda di pallonari reazionari è mr. «America first», Trump, quello che vuole massacrare le economie europee con i dazi e contribuire alla disgregazione dell’Unione europea incitando i singoli membri alla …exit, per farne dei satelliti sottomessi. È in questo brodo di coltura che risorge l’antisemitismo, anche nelle sue forme classiche.

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