Elio, l’ultimo dei Giusti

In occasione della giornata della memoria è stato proposto uno spettacolo teatrale basato sul diario di Elio Bartolozzi internato a Gusen di cui ci eravamo occupati a settembre al momento dell’uscita del bel libro di Frediano Sessi.(lr)

Elio, l’ultimo dei Giusti

Nel mese di settembre tutti comuni mugellani festeggiano la liberazione dal nazifascismo ed è una ricorrenza ancora più importante oggi quando sono sempre più diffusi atteggiamenti violenti con richiami espliciti al fascismo che trovano anche consensi in strati popolari colpiti pesantemente dalla crisi economica di questi anni. Ormai i riferimenti al fascismo hanno tracimato dalle case pound e dalle forze nuove anche sulle prime pagine di giornali che vorrebbero dirsi di informazione. In questo caso serve a poco la nuova legge che inasprisce le pene per la propaganda fascista quando ci sono già due leggi dello stato (La Scelba e la Mancino) che potrebbero essere applicate invece di considerare queste manifestazioni nostalgiche alla stregua di iniziative folkloristiche.
E’ in momenti come questo che c’è bisogno di conoscere realmente ciò che è stato il nazifascismo con la diffusione di testi storici e soprattutto di testimonianze che facciano toccare con mano la disumanità di certe ideologie, vissute sulla propria pelle da persone che hanno avuto la sola colpa di aver compiuto un atto di altruismo verso feriti o appartenenti alla comunità ebraica.
D’altra parte queste testimonianze di deportati hanno trovato molta difficoltà ad essere accolte nell’immediato dopoguerra così come lo stesso genocidio del popolo ebraico è diventato patrimonio collettivo negli anni 60 con i processi israeliani ai carnefici come Eichmann. Tanta deliberata bestialità sembrava impossibile anche solo da immaginare : bambini ebrei, zingari usati per esperimenti medici, uomini, donne, vecchi e bambini sterminati per il solo fatto di appartenere alla comunità ebraica o al popolo rom, sinti. La purezza della razza assurta a programma politico non poteva che tradursi nello sterminio di diversi, disabili, malati di mente e persone considerate comunque inferiori. Nelle scuole si leggono “se questo è un uomo” e la “tregua” di Primo Levi ma ormai esiste una vasta letteratura storica e memorialistica che rende impossbile a chiunque dire “io non sapevo” o peggio “io non so”. Se un professore di una scuola superiore che dovrebbe educare i propri studenti innalza una bandiera della repubblica di Salò alleata dei nazisti e dice che “Hitler ha fatto anche cose buone” e le “camere a gas non so se sono esistite” come si pensa che i valori della democrazia e della tolleranza possano crescere nella società?
Esiste un abisso tra la democrazia e il nazifascismo e non c’è nostalgia che tenga di fronte a questa evidente verità. Come disse Vittorio Foà(incarcerato per anni sotto il fascismo) al missino Pisanò (ex gerarca fascista) in un dibattito televisivo negli anni 70 : “ tu stai qui a parlare con me perchè io ho vinto, se avessi vinto tu sarei morto in galera e non ci sarebbe nessun dibattito”.

In queste settimane è uscito un libro davvero molto bello dello storico Frediano Sessi che si intitola “Elio, L’ultimo dei Giusti, una storia dimenticata di resistenza” edito da Marsilio e racconta la storia di Elio Bartolozzi nato nel 1924 alle Maschere nel comune di Barberino, dove aveva studiato a Cafaggiolo, per poi trasferirsi con la famiglia a Ceppeto sul Monte Morello vicino a Montorsoli.

Per molti anni quando si è trattato il tema dell’antifascismo e della resistenza lo spazio era praticamente occupato soltanto dagli scontri armati e sono passati in secondo piano gli atti di “resistenza civile”. “ Inoltre , gli ex deportati, i prigionieri militari, i lavoratori coatti, in una parola i reduci nel loro insieme, si ritrovarono riuniti in una condizione comune. Erano degli individui che non avevano partecipato alla vittoria, al riscatto nazionale combattendo strada per strada il nemico con le armi in pugno, nella resistenza o nei corpi volontari armati al seguito delle milizie alleate”(Sessi).

Invece la storia di Elio Bartolozzi è un grande esempio di rettitudine morale e di amore per il prossimo che deriva prima dal suo essere un contadino credente e solo dopo la guerra dall’adesione al Partito Comunista. “Resistere, per lui (Elio), ha significato rischiare la propria vita e subire tortura e violenze, per proteggere la vita di altri che non facevano parte della sua famiglia e dei suoi amici o conoscenti”. Il racconto di Sessi si basa su un memoriale scritto dallo stesso Bartolozzi poco dopo il ritorno a casa per non dimenticare quello che aveva vissuto e che gli altri stentavano a considerare. L’atto eroico era , per molti, l’azione armata mentre , secondo me, la storia di Elio dimostra che l’eroismo sta nella vita di tutti i giorni, nella coerenza con le proprie convinzione di rispetto per gli esseri umani e nel non cedere all’odio nonostante le sofferenze. “un prendersi cura di qualcuno che aveva bisogno , la pratica di una virtù quotidiana, non eroica e non dettata da istanze ideologiche(…) compiuta non senza paura e con riluttanza, e non senza avvertire il peso di un’imposizione da parte dei partigiani”(Marta Baiardi cit. da Sessi). Elio d’altronde nel 1944 quando viene arrestato ha solo 20 anni ed ha vissuto tutta la sua esistenza dentro il fascismo, “eppure, nel momento del bisogno, senza per questo sentirsi un combattente o un eroe, sceglie di esercitare la propria autonomia, al di sopra di tutte le costrizioni, di uscire dal noi della comunità fascista, per riconoscere nell’altro non un nemico da combattere o denunciare ma un essere umano da soccorrere. Elio – scrive Sessi – non si era fatto corrompere dal regime che , nel corso degli anni, aveva provocato danni irreparabili non solo allo Stato e alla collettività, ma anche negli animi dei singoli”.
Il 4 aprile del 1944 un gruppo di partigiani attacca alla stazione di Montorsoli un treno diretto in Mugello con le ultime tre carrozze occupate da fascisti e tedeschi diretti a Marradi “per organizzare un rastrellamento antipartigiano”. Nello scontro armato due partigiani restano feriti e con un carro vengono trasportati da un contadino alla casa di Elio implorandolo di trasportare i feriti con i suoi buoi a Pescina per metterli in salvo in un luogo sicuro. Elio ha paura , in casa c’è anche il fratello che non si è presentato alla leva e teme per i familiari. Poi si decide e parte . Dopo essere rientrato a casa i fascisti repubblichini bussano alla sua porta condotti sul posto dal primo contadino che forse per salvarsi lo aveva denunciato. Da questo momento inizia l’odissea di Elio fatta di violenza inaudita e privazioni. Viene torturato a Villa Triste dalla banda Carità, senza dire mai niente e senza denunciare nessuno, viene internato prima a Firenze poi a Fossoli e a Bolzano e infine trasportato in Austria a Mauthausen e nel campo di Gusen. Costretto a dormire nudo, senza coperte, per terra , addosso agli altri internati ,” ma almeno si era tutti italiani e ci si intendeva a parlare” scriverà Elio quasi come reazione “ alla condizione già animale in cui erano ridotti”. Nelle gallerie di Gusen dove si lavora 12 ore nel fango e nell’acqua conosce prigionieri politici (quelli del triangolo rosso) e si avvicina al partito comunista.”La rete di solidarietà tra politici era forte – scrive Sessi- in tutti i campi nazisti, compagni di partito si riconoscevano e quando potevano si aiutavano”. Tanti morivano per la fatica, le malattie, la fame o finivano nei crematori. Fino all’arrivo degli americani il 5 maggio 1945.

Elio rientrerà casa il 28 giugno abbracciato dalla madre, “ mancava poco che fossi irriconoscibile”, dirà, cosciente che non riuscirà mai a dimenticare , “ non c’è farmaco, una cura per farti dimenticare tutto” quasi ad essere costretto a restare in quel posto tremendo “ancora tanto tempo, forse per sempre”.

In chiesa Elio incontra il contadino che lo aveva consegnato ai fascisti “ e in cuor sapeva che non lo avrebbe mai denunciato, nemmeno lo voleva salutare, per lui la cosa era chiusa quel tipo non avrebbe più fatto parte del suo mondo”. La vendetta non esiste nel cuore di Elio e Sessi cita le parole di un altro internato di Gusen Aldo Carpi :”non sono nato per far soffrire: pensavo stamani a proposito di tante contingenze d’oggi che impongono alla giustizia l’uso della spada. E io riconosco che non si può farne a meno e che la spada della giustizia deve condannare, tagliare e giustiziare. Ma non sono nato per fare io giustizia . Io stesso condanno nella mia mente, ma non uso la spada : sento che non mi appartiene, non è affare mio, nessuno mi ha nominato giudice e non ho quindi il compito e il dovere di farlo”. Troppo odio ha visto e subito Elio per pensare di fare qualcosa a qualcun altro compreso il suo delatore.”Aveva visto troppa violenza e troppi morti per dare corso ad una vendetta”. Nonostante tutto quello che ha passato Elio ha difficoltà a trovare un lavoro e “ la voce dei superstiti , già debole in occasione del loro rientro in Italia, si è sempre più affievolita, fino a essere quasi inesistente”(A.devoto)

Elio ha continuato credere nel rispetto della vita umana anche in condizioni estreme “ quando tutto spinge al tradimento, alla salvezza e al tornaconto personale” e questo resta un grande messaggio, più di qualsiasi eroico atto militare. Elio Bartolozzi scrive al termine del libro Sessi , deve “essere annoverato tra i grandi testimoni del nostro tempo, che hanno illuminato con la loro vita le notti buie della storia passata e che continuano a gettare una luce decisa anche sul nostro presente”.

Ed è una luce che dovrebbe risplendere in questi giorni in cui si festeggia la liberazione per illuminare il nostro futuro e che ci può indicare la strada da percorrere : “ mettere al centro della nostra vita l’amore per gli essere umani senza distinzioni e condizioni, anche a rischio di perdere tutto di sé”(Sessi) che è poi il vero antifascismo. Elio è ancora tra noi?

Leonardo Romagnoli

15.9.17

Frediano Sessi – Elio, l’ultimo dei Giusti. Una storia dimenticata di Resistenza. Marsilio p. 160 15 euro

I commenti sono chiusi.