Migranti e creditori

Migranti e creditori

“prima di chiedere a chiunque di rispettare i confini dell’Occidente, chiedetevi se l’Occidente abbia mai rispettato i confini altrui.”
“quando i migranti decidono di partire, non è per un ozioso capriccio o perché odiano la loro patria, o per saccheggiare i Paesi in cui arrivano; non è nemmeno, il più delle volte, per fare soldi, Partono, come sapeva mio nonno, perché il fardello della Storia ha reso i loro paesi natali sempre meno abitabili. Sono qui perché voi eravate lì”.

Sono due frasi tratte da “questa terra è la nostra terra” di Suketu Metha edito da Einaudi che fa i conti con gli effetti del colonialismo passato e presente partendo dalle vicende indiane.

Due secoli di dominazione inglese nel continente indiano sono stati un disastro, hanno messo volutamente le etnie in contrasto e quando se sono andati hanno tracciato confini sulla carta che sono stati causa di nuovi conflitti che hanno causato 2 milioni di morti.

All’inizio del XVIII secolo quando sbarcarono in India gli inglesi, l’India aveva una quota dell’economia mondiale pari al 23 %, nel 1947 quando gli inglesi se ne sono andati era ridotta al 4%. Perché l’India era governata solo a beneficio dell’Inghilterra. Idem per la Cina costretta ad importare oppio a suon di cannonate. La Cina aveva una quota di Pil mondiale del 33% nel 1820, è stata poi invasa da merci straniere per tutto il XIX e XX secolo , tanto che nel 1978 si era ridotto al 5% l’apporto al Pil mondiale.

Già alla fine del 700 la politica commerciale inglese causò carestie e milioni di morti. Ad esempio la compagnia delle indie orientali inglese aumentò le tasse che imponeva sui raccolti e 10 milioni di persone, un terzo degli abitanti del Bengala, morirono di fame. Nel XIX secolo, sotto il governo britannico, morirono di fame altri 29 milioni di indiani, in parte perché l’India era costretta ogni anno ad esportare 10 milioni di tonnellate di cibo. La cosa si è ripetuta anche nel 1942.

Anche nel medio oriente il ruolo della Gran Bretagna e delle altre potenze occidentali è stato devastante fino alla creazione di stati irreali che hanno costretto popoli in conflitto a convivere negli stessi confini e altri ad essere privati di un loro stato. Il 40% dei confini nazionali del mondo contemporaneo sono stati disegnati da due soli paesi, Regno Unito e Francia.

357 etnie sono state separate da confini coloniali creando tensioni alimentate a sua volta dalle vendite di armi da parte degli ex colonizzatori. Le violenze politiche sono state più alte del 57% nelle regioni divise rispetto a quelle unite.

Nel 1791 una rivolta di schiavi ebbe successo ad Haiti , ma la Francia accettò l’indipendenza solo nel 1825 dopo la firma di un trattato sotto minaccia militare in cui Haiti accettava di pagare 150 milioni di franchi oro poi ridotti a 90 ( 40 miliardi di dollari attuali). Haiti continuò a pagare questo debito a banche francesi e americane, nonostante terremoti e uragani, saldandolo nel .. 1947. Una estorsione che ha contribuito a fare di Haiti uno dei paesi più poveri del pianeta.

Con il trattato del 1848 il Messico venne costretto a cedere metà del suo territorio agli Stati Uniti che comprendevano parte della California, Arizona, Nuovo Messico, Nevada, Utah e di diversi altri stati attuali.

Metha ricorda che al momento dello sbarco di Colombo nel 1492 si presume che nel continente vivessero 100 milioni di persone. Dopo un secolo e mezzo ne erano rimasti solo 3,5 milioni il resto erano morti ammazzati, di fame e di malattie portate dagli invasori. Questi territori furono derubati delle loro ricchezze minerali e naturali ( si calcola che il debito dell’Europa verso l’America latina ammonterebbe a quasi 200 miliardi di dollari).
L’ascesa del Regno Unito – scrive Metha fu indissolubilmente legata alla schiavitù. “ I proprietari delle piantagioni e i trafficanti di schiavi erano tra le persone più ricche dell’Inghilterra del XVIII secolo. I proventi di queste attività servirono tra l’altro a dotare di una magnifica biblioteca l’All Souls College di Oxford, a fondare una serie di banche , tra cui la Barclays, e a finanziare gli esperimenti di John Watt, inventore del primo motore a vapore” secondo lo storico Robin Blackburn la rivoluzione industriale in Gran Bretagna non sarebbe stata possibile senza i proventi del commercio degli schiavi.
Il re del Belgio Leopoldo si impossessò del Congo per produrre gomma e avorio e alla fine riuscì a uccidere 10 milioni di persone. “Ai figli dei genitori che non riuscivano a fornire la quantità di gomma stabilita venivano tagliati mani e piedi di fronte a loro. In 50 anni di dominio dal 1870 al 1920 il dominio belga dimezzò la popolazione del Congo.
Nell’epoca coloniale la quota di Pil mondiale dell’Europa passò dal 20 al 60% depredando i territori conquistati. “Abbiamo paura dell’arrivo dei migranti che abbiamo attirato qui con la ricchezza che gli abbiamo rubato” lo ha detto un comico scozzese ma non è lontano dalla verità.

Ora il nuovo colonialismo è rappresentato dalle multinazionali che operano nei paesi africani e asiatici inquinando, corrompendo e sfruttando le risorse con scarsi vantaggi per le popolazioni locali. I profitti prendono in gran parte la via dei paradisi fiscali, che non sono solo esotiche isolette dei Caraibi ma anche la City di Londra, l’Olanda o il Lussemburgo. A causa di questi paradisi fiscali i Paesi in via di sviluppo perdono il triplo dei soldi che vengono concessi come aiuti. “ L’occidente controlla circa sessanta paradisi fiscali e il denaro che vi giunge illegalmente dall’Africa subsahariana aumenta ogni anno del 20%”, il 40% dei profitti delle multinazionali è stato dirottato nei paradisi fiscali che detengono l’11,5% del prodotto lordo mondiale.
E quando qualcuno cerca di ribellarsi finisce come Thomas Sankara, leader del Bukina Faso, che aveva cercato di sfidare Fondo Monetario e World Bank, ucciso in un colpo di stato da Blaise Compaoré che appena preso il potere annullò le nazionalizzazioni fatte da Sankara. Il Burkina Faso è uno dei paesi più arretrati del mondo e 1,5 milioni dei suoi 19 milioni abitanti si è trasferito in Costa d’Avorio, un paese povero come il Bangladesh, ma dove il salario medio è doppio rispetto a quello del Burkina e questi migranti riescono a mandare a casa 350 milioni di dollari.

In Africa pesanti responsabilità le porta la Francia che è intervenuta militarmente ben 24 volte tra il 1962 e il 2014 in vari territori e che , secondo una commissione d’inchiesta francese , ha avuto un ruolo anche in uno dei massacri più spaventosi del XX secolo, quello dei Tutsi in Ruanda nel 1994.

Alcuni dei conflitti che oggi insanguinano i paesi in via di sviluppo sono dovuti a trasferimenti di popolazioni o a confini arbitrari.
La crisi dei Rohingya del Myanmar nasce dal fatto che gli inglesi assoldarono musulmani indiani per coltivare le risaie birmane e tra il 1871 e il 1911 la popolazione musulmana triplicò. Poi durante la seconda guerra mondiale gli inglesi promisero ai Rohingya l’autonomia amministrativa in cambio dell’appoggio all’impero. Dopo l’indipendenza questo creò forti tensioni tra buddisti e rohingya che venivano visti come alleati degli ex colonizzatori. In epoca social la questione si è ulteriormente aggravata e oggi quasi un milione di persone si sono rifugiate nel Bangladesh.
Nel 2017, racconta una rappresentante di una Ong che lavorava con i profughi, si era notato che tra chi fuggiva c’erano bambini sopra i 5 anni o con meno di 2, ma pochissimi tra i due e i cinque. “il motivo lo scoprì: è che durante la fuga, i bambini di quell’età non potevano correre veloci come i più grandi ed erano troppo pesanti per essere tenuti in braccio dai genitori. Per cui rimasero indietro, abbandonati ai machete branditi dai soldati”.

La colonizzazione britannica dell’ Australia e di altre zone dell’Oceania è costata la vita all’84% della popolazione aborigena.

Gli Stati Uniti non hanno avuto colonie ma si sono comportati come colonizzatori con molti paesi dell’America latina dove nel corso del XX secolo hanno sostenuto con armi e denaro dittatori sanguinari. Metha raccolta il caso del Guatemala dove nel 1952 vinse le elezioni Jacobo Arbenz che proponeva una riforma agraria a beneficio della popolazione. Purtroppo il 42% del territorio era in mano alla United Fruit Corporation che aveva scelto il Guatemala per i suoi affari “ perché aveva il governo più debole, corrotto e flessibile dell’intero centroamerica”. Truman cerco di rovesciare Arbenz con un’azione della Cia che però fallì per una fuga di notizia, il colpo di stato riuscì a Eisenhower con direttore della CIA Allen Dullen che , guarda caso sedeva anche nel Cda della United. Seguirono anni di violenza di dittatori che si alternavano al comando con un’instabilità che ha causato più di 200 mila morti tra i guatemaltechi. Oggi la maggiore fonte di entrate dall’estero del Guatemala è costituito dalle rimesse del milione e mezzo di guatemaltechi che lavorano negli Stati Uniti.

La stessa cosa è successa con El Salvador e altri paesi del centro America costringendo milioni di persone alla fuga.
Perché messicani, guatemaltechi, Honduregni e salvadoregni sono così disperati da volere andare a vivere nelle città statunitensi per fare i lavapiatti e gli addetti alle pulizie?
In parte – scrive Metha- per i loro precedenti con il colonialismo prima spagnolo e poi americano; in parte per conflitti etnici e sociali; negli ultimi anni per la guerra alla droga, le cui vittime in proporzione sono più alte di quelle della Siria”.
Un decimo di coloro che sono nati a El Salvador, Guatemala e Honduras vivono già negli Stati uniti : più di tre milioni di persone , la maggior parte delle quali è lì da oltre un decennio e adesso li stanno raggiungendo i loro parenti e il flusso annuale di migranti da questi paesi che nel 2014 era di 115.000 persone, da allora è aumentato del doppio rispetto al tasso di immigrazione generale.
Per il muro e la repressione Trump aveva stanziato 44 miliardi di dollari che sono più del Pil di alcuni di questi paesi centroamericani messi insieme. “Se una parte del budget per la repressione fosse usato per lo sviluppo economico di questi paesi i flussi migratori si ridurrebbero di molto.”

Ad esempio Obama aveva fatto approvare aiuti ai Paesi del centro America per 750 milioni di dollari nel 2016 e in un paese come l’Honduras il tasso di omicidi è diminuito del 25%.

Un fatto curioso che riguarda gli Stati Uniti è quello degli irlandesi: ce ne sono 50 mila clandestini e tutti concentrati a New York. Un tempo erano perseguitati in quanto cattolici ( come gli italiani) oggi difficilmente vengono espulsi in quanto bianchi.

Poi ci sono i cambiamenti climatici, a partire dal 1992 , 4,2 miliardi di persone sono state colpite da siccità, inondazioni e uragani. Oggi 1,8 miliardi di persone patiscono le conseguenze di siccità, degrado della terra e desertificazioni.

“I migranti – dice Metha – arrivano qui per lavorare perché a casa loro sono disoccupati.
Nel 2016 le ondate di calore hanno fatto perdere globalmente quasi un milione di posti di lavoro, metà dei quali solo in India.
I migranti arrivano qui per mangiare perché a casa loro sono affamati.
Per ogni grado celsius di aumento della temperatura, la produzione di grano è diminuita del 6% e quella di riso del 3%. Con 1,5 gradi di aumento, la produzione di mais diminuisce del 10%.
I migranti arrivano qui per bere perché a casa loro sono assetati.
Nel 2018 l’India ha conosciuto la peggiore crisi idrica dall’indipendenza. 600 milioni di indiani- metà della popolazione- devono fare i conti con acqua sporca o mancanza di acqua, per un totale di 200 mila vittime”.

“Ogni anno l’inquinamento uccide 9 milioni di persone (ovvero il 16% dei decessi del pianeta), più di tutti quelli causati da fame, fumo o disastri naturali: “il triplo delle morti provocate da Aids, tubercolosi e malaria messe insieme, e quindici volte le vittime di guerre e altre forme di violenza” sostiene uno studio di The Lancet. Ma dove si muore? Il 92% di queste morti avviene nei paesi poveri. I creditori dice Metha.

Se qualcosa sta distruggendo l’occidente non sono i migranti, ma la paura dei migranti. Per fermare i migranti si possono limitare anche le libertà civili( e sono gli stessi che invece parlano di libertà per un certificato sanitario). Il problema non è l’autoritarismo e le disuguaglianze, la sicurezza sociale ma l’immigrazione su cui scaricare le tensioni e l’incapacità di governare. In Gran Bretagna dove il tema dell’immigrazione è stato decisivo per la Brexit, ad un anno dal voto i crimini di odio in Inghilterra e Galles sono aumentati del 29%.

“Chi beneficia degli improperi dei populisti contro gli immigrati e le avide èlites? Queste ultime. Chi ha tratto maggior vantaggio dall’elezione di Trump? Wall Street, le società per azioni che hanno goduto di giganteschi tagli fiscali e con le loro industrie possono inquinare l’ambiente in assenza di controlli.(..) In Le Origini del Totalitarismo, Hannah Arendt parlava di “alleanza fra capitale e plebe”. Quando i ricchi vedono che nei loro paesi cresce la rabbia per la povertà, alimentano odio e risentimento contro capri espiatori – che ai tempi di Arendt erano gli stranieri, e oggi gli immigrati, i musulmani o gli afroamericani. Il risultato è che le masse cambiano bersaglio, e anziché chiedere una redistribuzione della ricchezza, si concentrano sui deboli, i nuovi arrivati e le minoranze. I nuovi “baroni ladroni” sono entrati nella stanza dei bottoni e intendono restarci, con l’aiuto della xenofobia”.

Voglio portare un esempio che non riguarda tanto l’immigrazione ma la povertà. In Italia era stato proposto di alzare la tassa di successione per patrimoni sopra i 5 milioni per finanziare politiche in favore dei giovani. C’è stata una levata di scudi incredibile da parte di molti organi di informazione quasi che gli italiani fossero tutti dei milionari. Quasi contemporaneamente è stata lanciata una campagna mediatica contro il reddito di cittadinanza( sfruttando episodi del tutto marginali rispetto all’importanza della misura nella lotta alla povertà) come se fosse diventato il problema principale del paese . E i veri ricchi godono. Ormai invece tutte le analisi serie dimostrano che il RdC è stato molto utile per alleviare situazioni di povertà mentre è inutile considerarlo una politica attiva per il lavoro ( tra l’altro con una norma discutibile e forse anticostituzionale le famiglie straniere sono in gran parte escluse dal RdC).

Tornando ai migranti bisogna ricordare che sono la maggiore risorsa dei paesi in via di sviluppo, “ogni anno mandano a casa rimesse per 600 miliardi di dollari, ossia il triplo dei guadagni che si avrebbero abolendo le barriere commerciali, il quadruplo di tutti i programmi di aiuto allo sviluppo e cento volte la cancellazione del debito”. Nel 2017 i soli migranti dei paesi poveri hanno mandato nel sud del mondo rimesse per 481 miliardi di dollari che costituiscono il 60% del reddito delle famiglie rimaste a casa e quasi la metà è destinato a persone che vivono in aree rurali povere .

“Si calcola che tra il 2015 e il 2030 le rimesse ai paesi in via di sviluppo ammonteranno a più di 6,5 trilioni di dollari, ogni anno aumenta ciò che i migranti mandano a casa. Nell’ultimo decennio, mentre i flussi migratori dai paesi poveri sono aumentati del 28%, le rimesse sono salite del 51%. Molti migranti lasciano il loro paese non per arricchirsi ma per aiutare chi è rimasto a casa”.

E se si vuole davvero aiutare queste popolazioni a ridurre la povertà si dovrebbero ridurre le commissioni sui trasferimenti di denaro che oggi ammontano a più di 30 miliardi di dollari l’anno, mentre sfuggono alla tassazione miliardi di dollari di transazioni finanziarie.

Ma l’85% di quello che guadagnano i migranti resta nel paese in cui lavorano, “i soldi delle rimesse equivalgono a meno dell’uno per cento del pil dei paesi ospiti” e contribuisce al 9% del pil mondiale.
Per ridurre le migrazioni alcuni paesi” dovrebbero smettere di sostenere dittatori, dovrebbero controllare le loro aziende ed evitare che si arricchiscano corrompendo funzionari o che creino inquinamento con le loro fabbriche e le loro miniere, dovrebbero garantire un commercio più equo”.

Poi ci sono quelli che Metha chiama “ i nuovi paria” ovvero i rifugiati che pure dovrebbero essere tutelati da ferrei accordi internazionali. Ma il rifugiato “porta con sé lo spettro del caos e dell’illegalità – scrive Baumann – che lo ha costretto a lasciare la sua terra natale”; non è detto che debba essere povero, e così diventa un memento che anche a noi può succedere la stessa cosa che tutto può cambiare, in modo irrevocabile, da un momento all’altro.
“Che differenza c’è tra un rifugiato e un migrante?” si chiede Metha “il destino sta nell’etimologia, il migrante non gode neppure dei diritti che almeno in teoria spettano al rifugiato, perché si dà per scontato che il suo spostamento sia volontario. Se sei solo un migrante per motivi economici rischi di essere cacciato indietro; ma puoi essere oggetto di pregiudizio e di paura anche se dimostri di essere un rifugiato politico. Che tu sia in fuga da qualcosa o verso qualcosa, sei sempre un fuggiasco”. Governare con la paura per mantenere il potere, ne è un classico esempio uno dei riferimenti della destra italiana l’ungherese Orbàn che indisse un referendum contro la quota di rifigiati prevista dall’Unione europea per quel paese, ovvero 1294 persone su una popolazione di quasi 10 milioni di abitanti! E pensare che nel 1956 furono accolti 200 mila rifugiati ungheresi in Europa dopo l’occupazione russa.

Parlando di minacce inesistenti Metha ( che è cittadino americano) scrive : “ i migranti continueranno ad arrivare, alla ricerca della felicità e di una vita migliore per i loro figli. Lo dico a chi ha votato i populisti: non abbiate paura dei nuovi arrivati, molti sono giovani e pagheranno le pensioni degli anziani, la cui vita si è allungata come mai era successo in passato. Con loro porteranno energia, perché nessuno ha più spirito di iniziativa di coloro che hanno lasciato la propria casa lontana per intraprendere il difficile viaggio che li ha portati fin qui, che siano entrati legalmente o no. Creeranno lavori, faranno da mangiare, balleranno, scriveranno e faranno sport in modo nuovo ed entusiasmante. Renderanno più ricchi i loro nuovi paesi, in tutti i sensi. L’orda di migranti che si avvicina ai vostri porti in realtà viene a salvarvi”.

Nel 1960 i cittadini dei paesi più sviluppati erano 33 volte più ricchi di quelli dei paesi poveri nel 2000 lo erano 134 volte anche se è vero che le disuguaglianze globali tra gli individui sono diminuite sensibilmente soprattutto per la nascita di una classe media in due colossi demografici come Cina e India. Michael Clemens ha scritto che il paese in cui si nasce è importante per determinare le aspettative di vita di una persona e questo “ disequilibrio di opportunità è alla base delle attuali crisi migratorie, significa che le opportunità economiche e la sicurezza personale sono una lotteria, in cui vince chi è nato in un determinato luogo”. Per questo bisognerebbe non smarrire mai la capacità di mettersi nei panni degli altri che è la base della vera solidarietà per non lasciare spazio al disumano e per ricordarci come ha scritto Luigino Bruni che “la misericordia è stato il cemento con cui abbiamo impastato nei secoli passati la nostra storia(…) la compassione per il dolore degli altri ci fa vedere la bellezza più grande della terra, quella nascosta nel cuore delle persone.”

Articolo 13 della dichiarazione universale dei diritti umani del 1948.
1. Ogni individuo ha diritto alla libertà di movimento e di residenza entro i confini di ogni Stato.
2. Ogni individuo ha diritto di lasciare qualsiasi paese, incluso il proprio, e di ritornare nel proprio paese.

Leonardo Romagnoli

2.8.21

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