L’agricoltura post Covid un’opportunità per il Mugello

L’agricoltura post Covid un’opportunità per il Mugello

Tra i settori che  anche durante la pandemia hanno dimostrato di avere un valore fondamentale per la vita di una comunità e di una nazione c’è sicuramente l’agricoltura. La necessità di un approvvigionamento alimentare di prossimità e di qualità ha poi evidenziato il ruolo che il biologico può svolgere nel prossimo futuro non solo come scelta di sostenibilità ambientale ma anche come indicazione strategica per lo sviluppo dell’agricoltura. In questo senso il Mugello potrebbe partire da una posizione avanzata avendo ormai quasi il 50% del proprio territorio convertito al biologico che in alcuni comuni, come Firenzuola , sale al 70-80%. Negli anni sono state fatte scelte importanti per cercare di chiudere le filiere nel territorio valorizzando le produzioni locali con la costruzione di impianti di trasformazione e commercializzazione. Come esempi possiamo citare il Centro Carni comprensoriale di Rabatta, l’Ortofrutticola di Marradi, la Cooperativa Il Forteto, Lunica sempre nel campo dell’ortofrutta, senza trascurare la Centrale del latte di Firenze che trasforma e commercializza con il marchio Mugello e Podere Centrale la produzione delle 29 stalle del nostro territorio. Ci sono poi altri settori in crescita come quello della produzione vinicola e dei distillati che hanno occupato negli ultimi anno un posto di riguardo nell’economia locale. Abbiamo però solo un prodotto IGP ed è il Marrone del Mugello e la filiera del Pane del Mugello che è regolamentata da un disciplinare di produzione.

Tra le novità degli ultimi anni c’è da sottolineare la nascita del marchio “Biologico Mugello” e dell’associazione omonima e i consistenti investimenti effettuati attraverso i progetti di Filiera finanziati con il PSR della Regione Toscana.

Si tratta, innanzitutto, di superare l’individualismo e creare una rete di collaborazione e di sinergie tra le aziende che operano in regime di agricoltura biologica nello stesso territorio e nell’ambito di più filiere produttive ovviando così alle problematiche inerenti la produzione, i mercati di riferimento, le opportunità di commercializzazione e la gestione comune delle risorse e del territorio.”(Biologico Mugello)
Gli obiettivi che si pongono i produttori locali sono perfettamente rispondenti alle nuove necessità che la pandemia ha messo in evidenza in modo così drammatico,”Valorizzare il regime biologico come unica alternativa di produzione per la realizzazione di prodotti salubri, genuini, sicuri e di qualità, in risposta alla sempre maggiore esigenza di qualità e sicurezza alimentare e rispetto dell’ambiente (riduzione dell’impatto) che la compagine attuale dei consumatori richiede; dare un volto al produttore, al contesto territoriale locale che assicuri garanzie e vicinanza che la GDO anonima non può fornire. “
Il rapporto tra produttori e consumatori sancito da una tracciabilità certificata e trasparente è quello che oggi chiedono i consumatori più consapevoli.

Nonostante l’importanza vitale di questo settore di agricoltura non si è parlato nelle varie proposte per far ripartire l’economia del nostro paese, una dimenticanza significativa di una classe dirigente attenta più alla quantità che alla qualità dello sviluppo e del benessere del paese.

Questo vuoto sta a confermare un pregiudizio antico e un errore concettuale che indicano fino a che punto si ignori come le funzioni collegate con l’agricoltura possano avere una straordinaria valenza strategica nel ri-progettare l’Italia”(F. Crucianelli)

Investire su un’agricoltura sostenibile vuol dire investire sulla qualità ambientale di un territorio e sul futuro dei suoi abitanti. Una scelta che richiede anche un’attenzione particolare all’innovazione e alla ricerca. Tutto questo dovrebbe portarci a scegliere di costituire un distretto rurale del Mugello possibilmente caratterizzato in senso biologico come prevede una recente legge regionale.

I distretti biologici possono essere uno strumento importante, perché partendo dall’agricoltura si possa cambiare l’organizzazione del territorio : dal ciclo dei rifiuti alle energie rinnovabili, dalle attività manifatturiere al turismo rurale” in un’alleanza fra produttori agricoli, enti locali e mondo delle associazioni.

Sul tema distretto marchiamo un ritardo che non può essere giustificato solo con il lockdown.

Detto questo l’agricoltura mugellana rappresenta meno del 10% del Pil del territorio mugellano e guardando i bilanci di alcuni importanti attori della filiera non sta vivendo neppure un momento molto positivo. Niente di drammatico, ma ci sono dati che dovrebbero indurre ad una certa attenzione sugli sviluppi futuri.
Del latte abbiamo parlato in abbondanza , è un settore fondamentale della nostra agricoltura che sta vivendo un momento di travaglio che ci auguriamo possa avere come sbocco la valorizzazione della qualità del prodotto su un mercato nazionale e non solo regionale con una giusta remunerazione per gli allevatori. Potrebbe essere auspicabile un aumento della produzione biologica con la riconversione di altri allevamenti locali, intanto c’è da registrare una novità importante dal 1 luglio la Cooperativa E. Sereni di Borgo san Lorenzo è stata incorporata in Agriambiente di Galliano dando vita al più grande allevamento biologico da latte di tutta la Toscana con 85 dipendenti e un settore che si occupa anche di lavori forestali. Dopo i consistenti investimenti fatti in questi ultimi anni speriamo sia un segnale di crescita per una delle realtà agricole più importanti della provincia di Firenze.

Nel settore del latte e suoi derivati ci sono anche importanti aziende che hanno fatto la scelta della trasformazione in proprio come il Palagiaccio di Scarperia che con il caseificio e una serie di punti vendita a Firenze si è ritagliato un posto di rilievo nel mercato con la volontà di espandersi anche oltre Atlantico. Fatturati in crescita tanto da permettersi di sponsorizzare una squadra di A2 femminle di pallacanestro, grande passione del titolare della fattoria.

E’ in corso la procedura per l’assegnazione della gestione del Centro Carni Comprensoriale attivata dall’Unione dei Comuni del Mugello proprietaria dell’immobile. Fino ad adesso la struttura è stata gestita dalla Cooperativa agricola di Firenzuola ed è stata importantissima per la trasformazione e commercializzazione della produzione locale e garantirne una adeguata remunerabilità agli allevatori. Ovviamente il capitolato di gara prevede una serie di punti proprio a garanzia dei produttori del Mugello e della Valdisieve e prevede che la manutenzione ordinaria e straordinaria sia tutta a carico del gestore.

Proprio la Caf ha presentato recentemente il bilancio 2019 dal quale emerge una diminuzione del fatturato dai 7,66 milioni del 2018 ai 6,87 dell’anno scorso con un calo del 10% circa. Il dato che però mi interessa sottolineare è la diminuzione del valore dei bovini conferiti dai soci che scende di quasi 900 mila euro mentre aumenta l’acquisto dai non soci da 134 mila a 371 mila e di carne da 842.000 a 1.047.000. Sul risultato economico complessivo ha poi pesato il fallimento della Cooperativa di Legnaia dove era presente un punto vendita importante di Caf.
La Caf resta comunque un punto di riferimento fondamentale per l’allevamento da carne del Mugello e Valdisieve e anche nel periodo del lockdown ha garantito senza interruzione tutti servizi e le attività.

I dati dimostrano che ci sono ancora margini di crescita per l’allevamento locale di qualità e biologico con la linea vacca-vitello che finora ha caratterizzato la produzione mugellana.
Dalla relazione al bilancio della Caf emerge però che solo le mense scolastiche di Borgo, Firenzuola e Dicomano utilizzano carne locale. Se si vuole aiutare il settore la prima cosa da fare è premiare il Km 0 e il biologico nella ristorazione pubblica in scuole e ospedali.

Altro bilancio in chiaroscuro è quello del Forteto che in dieci anni ha perso oltre il 40% del proprio fatturato ( anche per le note vicende giudiziarie) non senza ripercussioni per la trasformazione del latte ovicaprino prodotto in Toscana e in Mugello. Anche il bilancio 2019 certifica una perdita di 800 mila euro che nel 2018 era stata di 2 milioni , con un totale che ora si assesta sui 10 milioni di fatturato. Il nuovo Cda dovrà lavorare non poco per recuperare quote di mercato nazionale e internazionale. Anche i dipendenti sono scesi dai 122 del 2010 agli attuali 80.

Invece nell’ortofrutta i dati ci presentano un settore in salute con le due strutture più importanti del Mugello ovvero l’Ortofrutticola di Marradi e Lunica di Vicchio che presentano bilanci vicini e di poco superiori ai 10 milioni di euro. Si tratta di imprese che ormai esulano da un contesto solo mugellano e presentano ottime capacità di innovazione. Lunica, ad esempio , è stata capofila di un progetto di filiera che ha portato alla valorizzazione e commercializzazione di farine di grani antichi, integrali e di tipo 1  e 2 coltivate in Mugello e macinate a pietra.

L’ortofrutticola di Marradi fondata ormai molti anni fa(1984) dalla Comunità Montana per la trasformazione dei marroni è stata recentemente acquisita da Italcanditi gruppo bergamasco con un fatturato superiore ai 100 milioni di euro che l’ha rilevata dall’imprenditore Gaetano De Feo di Serino in provincia di Avellino ( luogo di produzione di una castagna pregiata). Tutti ora si aspettano un incremento dell’attività che potrebbe avere conseguenze positive per l’occupazione e la castanicoltura locale. Come ho avuto modo di scrivere qualche anno fa, al netto delle criticità causate da varie patologie e dal cinipide, la coltivazione del castagno e la raccolta dei marroni potrebbero essere una delle voci più significative dell’economia agricola locale : secondo il disciplinare del marrone del Mugello Igp “la resa produttiva è stabilita in un massimo di kg.15 di frutti per pianta e in kg.1500 per ettaro(…) il numero di piante in produzione non può superare le 120 unità nei vecchi impianti e le 160 unità nei nuovi impianti”. Le aziende attualmente iscritte al Consorzio corrispondono ad una superficie che oscilla tra i 400 e i 500 ettari che , con un costo medio di 4 euro al kg fanno un importo totale di circa 2.400.000.Nel territorio dell’Igp del Mugello gli ettari di castagneto potenzialmente produttivi sono in realtà 3.322, pensando di utilizzarne 2/3 ovvero 2200 con la resa maggiore prevista dal disciplinare e con un costo di 4 euro a kg si avrebbe un fatturato superiore ai 13 milioni di euro (…)con conseguenze facilmente immaginabili sul piano occupazionale e nella tutela del bosco e del paesaggio nonché dell’assetto idrogeologico di aree montane  fragili.”

Un’altra azienda che negli anni ha fatto numeri straordinari è la Poggio del Farro di Firenzuola che commercializza i propri prodotti biologici  in varie parti del mondo e che dal 2016 al 2018 ha aumentato del 40% il proprio fatturato raggiungendo i 10 milioni 

L’agricoltura mugellana ha quindi grandi potenzialità che vanno valorizzate, difendendo il suolo da inutili cementificazioni e puntando decisamente verso una svolta biologica e sostenibile come hanno già fatto decine di aziende del nostro territorio negli ultimi anni. La politica ha il dovere di costruire la cornice in cui questo quadro possa trovare una giusta collocazione a partire dalle opportunità offerte dal distretto rurale e biologico.

Leonardo Romagnoli

6.8.20

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