Il Fascismo in Mugello 1919-1923

Quella che segue  è la relazione per il convegno su Pietro Caiani che si è svolto sabato 5 novembre a Borgo san Lorenzo che ho potuto leggere solo parzialmente e quindi ripropongo per coloro che fossero interessati all’argomento. E’ allo stesso tempo una sintesi di un saggio più ampio che uscirà con gli atti del convegno che verranno pubblicati ad inizio 2023.(lr)

 

Il Fascismo in Mugello 1919-1923

Il fascismo in Mugello non ebbe certo caratteristiche dissimili da quelle che assunse nel resto d’Italia, né per le sue origini , né per la sua brutalità, né per la sua funzione di strumento al servizio della grande borghesia agraria”. E’ una citazione tratta dalla premessa ad una ricerca sul fascismo nel Mugello (1919-1923) realizzata da un gruppo di studenti del Liceo scientifico di Borgo san Lorenzo nel 1975 che si basava principalmente sulla raccolta di testimonianze di persone che quel periodo lo avevano vissuto direttamente e sulla cronaca tratta dai settimanali dell’epoca in particolare dal Messaggero del Mugello.

Lotte contadine e blocco nazionale

La domanda allora come ora è la stessa. Come è stato possibile che in una zona in cui era forte la presenza socialista e popolare , mentre gli esponenti fascisti erano fin dal 1919 un’ esigua minoranza, lo squadrismo abbia potuto imporre il proprio peso politico costringendo a partire dal 1922 alle dimissioni numerosi sindaci e amministratori locali?

Se dovessi indicare due momenti cardine di questa involuzione democratica propenderei per il mancato rispetto da parte degli agrari dei patti sottoscritti con le leghe contadine che portarono alle agitazioni del 1919/ 20 e all’intervento delle squadre fasciste e la creazione del Blocco Nazionale per le elezioni politiche del 1921 in cui erano compresi gli esponenti del movimento fascista che trassero da questa aggregazione grande visibilità e grandi vantaggi politici come dimostrano anche le cronache locali della campagna elettorale. Il Blocco nazionale, che secondo i promotori avrebbe dovuto sfruttare i fascisti in funzione antisocialista e antipopolare, diventò invece il cavallo di troia che permise al Fascismo l’ingresso nelle istituzioni e significò anche un’accettazione della violenza squadrista come metodo di lotta politica .
“La campagna elettorale per il fascismo fu un successo sotto molti punti di vista. L’alleanza elettorale con i partiti d’ordine nel pieno dell’offensiva squadrista, aveva praticamente “assolto” il fascismo per i suoi metodi di lotta, accreditandolo quale promotore o almeno quale principale esecutore della riscossa antisocialista: un credito che il fascismo sfruttò per attribuirsi il merito del successo elettorale dei blocchi” ha scritto Emilio Gentile e le stesse considerazioni valgono per il Mugello.

Tra i partecipanti alla fondazione del movimento fascista a Piazza San Sepolcro a Milano era presente Orazio Manfredo Pedrazzi, giornalista e scrittore, attivo in Mugello e assai vicino al «Messaggero del Mugello» .
Un altro elemento di sicuro rilievo per la crescita del movimento fascista è ancora un mugellano come Francesco Giunta nato a San Piero a Sieve tra i fondatori della sezione fiorentina dell’Associazione nazionale Combattenti e fu il Giunta in persona a portare l’adesione del combattentismo toscano al primo congresso dei fasci di combattimento, tenutosi a Firenze a partire dal 9 ott. 1919.
Francesco Giunta resta un personaggio centrale del fascismo a livello nazionale non solo per il ruolo di segretario da lui ricoperto ma perchè fu il promotore a Trieste nel luglio 1920 della violenza squadristica che ebbe il suo momento fondante nell’incendio dell’Hotel Balkan e della casa della cultura slovena, azione presa ad esempio da tutto lo squadrismo a livello nazionale. De Felice lo ha definito “il vero battesimo dello squadrismo organizzato”

Il Mugello del dopoguerra vive una situazione economica molto difficile con disoccupazione diffusa, le delusioni di coloro che avevano combattuto nelle trincee anche con la promessa di un pezzo di terra che non arriverà mai o di un lavoro, a cui si aggiungono le distruzioni e i morti causati dal terremoto del giugno 2019.
Comunque non si può non sottolineare che l’atteggiamento critico sul primo conflitto mondiale e la grave situazione economica trovano una piena espressione nel primo voto a suffragio universale maschile delle elezioni amministrative del 1920 che vedono un netto successo delle liste socialiste e popolari in tutti i comuni del Mugello e la nomina di Pietro Caiani a Sindaco di Borgo san Lorenzo. Finisce un’epoca anche per il Mugello, quella dominata da conservatori e liberali rappresentati da alcuni esponenti dei proprietari terrieri e dei nobili del territorio.

Questo non significa però che il nazionalismo conservatore , che trovava espressione nel settimanale “Il Messaggero del Mugello”, non avesse il suo peso politico nel territorio . Infatti il professor Antonio Giovannini sulle colonne del Messaggero esaltava i Fasci di combattimento, come impegno dei reduci a preservare nelle piazze la loro conquista di guerra da fautori dei nemici vinti, imboscati, disertori, ecc. mascherati da «proletariato internazionale». E salutava con gioia la nascita a Firenze della Lega antibolscevica e del Fascio di combattimento, condividendo il giudizio di uno dei fondatori che «i tentativi bolscevichi non devono essere repressi dalla forza pubblica ma dai cittadini». Di fatto il Messaggero del Mugello si avviava a diventare un organo di stampa vicino al movimento fascista cosa che avverrà anche con l’altro settimanale di ispirazione “democratico-geriniana” a partire dalla formazione del Blocco nazionale con le elezioni del 1921. Il Corriere aveva sospeso le pubblicazioni a fine 1920 e quando le riprese in piena campagna elettorale da settimanale critico verso il fascismo si era trasformato in un giornale di pieno sostegno al blocco nazionale e ai candidati fascisti che furono abbastanza presenti in zona con comizi nei vari comuni

Il patto colonico e le manifestazioni contadine

Tornando agli anni 19-20 il nodo centrale in Mugello era rappresentato dal nuovo patto colonico richiesto dalle leghe dei mezzadri che comportava importanti cambiamenti nel rapporto tra agrari e contadini.” Questi patti erano divenuti insoddisfacenti rispetto alle esigenze dei contadini ., i punti su cui maggiormente si discuteva erano: 1) la disdetta del mezzadro che veniva lasciata all’arbitrio del padrone;2) la direzione del fondo cui il mezzadro non partecipava assolutamente;3)la divisione del raccolto di cui la parte migliore spettava al padrone;4) la vendita del fondo lasciata alla decisione del proprietario”

L’organizzazione sindacale dei mezzadri si era strutturata nel territorio sotto la guida di Ismaello Ismaelli (detto Nello) contadino della zona di San Giovanni a Borgo san Lorenzo con anche un funzionario stipendiato nella persona di Ottorino Orlandini. Nel luglio del 1919 era stato raggiunto un primo accordo con l’associazione agraria toscana ma fu soprattutto nel mese di ottobre che fu sottoscritto un concordato speciale con alcuni proprietari mugellani che conteneva molti aspetti innovativi .

Purtroppo i patti non furono ratificati dall’Agricola Mugellana e questo portò all’agitazione dei mezzadri nel novembre dello stesso 1920 “ sotto la forma di assunzione in gestione diretta delle aziende da parte dei coloni”.
Nella giornata del 6 novembre numerosi contadini appartenenti alle leghe invasero il parco della Villa di Schifanoia a San Piero a Sieve della famiglia Cambray Digny per chiedere l’esecuzione dei patti colonici e il licenziamento dell’amministratore dell’azienda il dott. Giunta(padre di Francesco Giunta). Il figlio del dottore Giovanni estrasse un rivoltella per rispondere agli insulti ( così riporta il Messaggero del Mugello) lanciatigli dalla folla dei contadini e fu arrestato dai Carabinieri anche perché non era in possesso di porto d’armi. Nei giorni successivi la contessa Cambrai Digny scrisse una lettera indignata alla Nazione in cui dichiarava che la manifestazione promossa dal Partito Popolare “ fu una vera aggressione politica” e aggiungeva di avere concesso ai suoi contadini “ anche di più che i patti nuovi non consentano” e negava che Giovanni Giunta avesse estratto una pistola.

La situazione sembrava pian piano avviarsi verso una soluzione quando l’Associazione Agricola Mugellana nella riunione del 30 novembre decise di non firmare l’accordo sui patti colonici in quanto “ le organizzazioni bianche si preparano a stipulare un patto generale per la regione Toscana, auspice il Ministro dell’agricoltura on . Micheli” e quindi ritenevano inutile stipulare un patto speciale per il Mugello.
Le organizzazioni dei contadini che si aspettavano invece la ratifica dell’accordo indissero subito lo sciopero con manifestazioni nei giorni successivi e con alcune iniziative che si svolsero ancora nella zona di San Piero a Sieve presso la fattoria di Schifanoia con la Contessa Cambray Digny che aveva pubblicato una diffida a stipulare contratti di vendita con i mezzadri seguita da altri proprietari terrieri. Una delegazione di contadini chiese il rispetto dei patti ma ricevette un rifiuto netto da parte della Contessa. “ A questo rifiuto – riporta la cronaca del Messaggero -sembra che il segretario della federazione colonica il sig. Ottorino Orlandini rispondesse con l’imporre l’innalzamento della bandiera bianca sulla villa (…) il numeroso gruppo di contadini era giunto dinanzi alla villa; cominciò a tumultare ed assunse un atteggiamento minaccioso(…) l’agitazione si accentuò avendo la contessa dimenticato, nella confusione del momento, di apporre la firma ai nuovi libretti colonici rilasciati ai mezzadri(…) pertanto alcuni delegati salirono di nuovo alla villa per reclamare la firma dei libretti, ma siccome anche altri coloni cercavano di entrare alla rinfusa, la contessa nella propria stanza, per atto istintivo di difesa, impugnò una carabina “.

Questa ricostruzione del Messaggero del Mugello venne contestata qualche giorno dopo da Ottorino Orlandini che ricordava “ i libretti colonici consegnati dopo ripetute richieste non erano firmati e la contessina lasciò bussare alle sue porte , per qualche ora, sia il Maresciallo dei RR Carabinieri, sia un rappresentante del comune senza farsi viva” Fu quindi composta una commissione per chiedere la firma dei libretti colonici, ma quando fu aperta la porta “ la contessina che teneva una carabina in mano la puntò contro un membro della commissione stessa” e fu merito mio- chiude l’Orlandini- e del maresciallo se quella sera fu evitato un delitto.”

IL Messaggero del Mugello nei suoi commenti parlò di “bolscevismo bianco”

Passano pochi giorni e il 10 dicembre ebbe luogo un gravissimo fatto di sangue con l’uccisione di un contadino della zona di Fagna appartenente alle leghe bianche ad opera di una squadraccia fascista chiamata dai Giunta.

L’omicidio Sitrialli

Da Firenze un camion di fascisti arriva a Pianvallico, dove un gruppo di contadini ha accolto l’invito di Orlandini, issando la bandiera bianca. Il colono 72enne (nei verbali l’età di Sitrialli è sempre diversa , recentemente Felice Bifulco ha fotografato la lapide del contadino ancora presente  nel cimitero di Fagna che riporta l’età di 79 anni essendo nato 1841) Giovanni Sitrialli, detto Giannara, iscritto alle Leghe Bianche, viene ucciso da un colpo di pistola sparato dal gruppo di fascisti che volevano entrare nell’aia della sua casa.

Autori dell’omicidio i futuri parlamentari del PNF Italo Capanni, uno dei responsabili dell’assassinio a Firenze di Spartaco Lavagnini, e Manfredo Chiostri, e noti fascisti fiorentini come Bruno Frullini e Luigi Zamboni.
Ai funerali del colono ci sono 2.000 contadini, con Ismaello Ismaelli fra loro, armati di bastone e pronti a difendersi.” Secondo la cronaca locale si formò un corteo da Fagna fino a Scarperia composto da circa 5000 persone con rappresentanze dei comuni del territorio, la partecipazione del sindaco di San Piero a Sieve Rossi e dei deputati Martini e Bacci, quest’ultimo, definito nella cronaca il “ deputato contadino”, tenne un discorso in piazza Vittorio Emanuele di Scarperia insieme a Bagnoli dell’Unione mugellana del Lavoro, dopodiché il corteo tornò alla pieve di Fagna.

Nell’edizione del 12 dicembre anche il Messaggero del Mugello parla dell’assassinio del Sitrialli , senza citarlo, e facendo passare l’azione squadristica come un brutto episodio estraneo al Mugello.
Insomma l’assassinio di un contadino quasi un incidente di percorso( e infatti non se ne rammenta neppure il nome) voluto da altri quando ormai è accertato il legame dello stesso Giunta e della contessa Cambray Digny con il fascismo fiorentino di cui era un esponente di spicco l’altro figlio Francesco. Secondo varie cronache nel luglio del 1920 si era tenuta proprio a Schifanoia una prima riunione per per la costituzione del fascio di combattimento a San Piero e come ricorda il Barchielli in occasione del necrologio in onore della Cambray Digny pubblicato sul Messaggero nel luglio 1923 “ appena il movimento fascista s’inizio essa fu tra gli aderenti ed ebbe la sua tessera nei primi giorni del 1920”. Come ha scritto Primo Lascialfari “ se la Trattoria Il Pescatore venne riconosciuta come “un covo dei rossi”, la villa di Schifanoia – nel solito tempo- fu “la fucina”dove vennero forgiati i fasci di combattimento per la zona del Mugello”Insomma un legame solido quello tra la contessa, i Giunta e i fascisti che aveva portato all’intervento della squadraccia fiorentina. Nella sua testimonianza dopo l’uccisione di Sitrialli il parroco di San Piero Ciani ricorda di essere stato minacciato da Giuseppe Giunta dopo gli avvenimenti di novembre
per far cessare le proteste altrimenti disse “prima o poi sarebbero venuti i fascisti da Firenze, e allora sarebbero saltate all’aria la canonica, il municipio e tutto il resto”.(ACSFI f.1465/46 Istruttoria Tribunale di Firenze.)

Il 23 aprile del 1921 quando verrà inaugurata la sezione fascista di san Piero a Sieve questa era “ signorilmente addobbata per il gentile interessamento della Contessa Cambray Digny e signorino Giunta” scrive il Messaggero.

Il giornale fascista fiorentino la Sassaiola diretto dal Dùmini, a proposito dell’uccisione di Sitrialli, scriveva :“Il fatto è noto. Un gruppo di fascisti, reduce venerdì scorso attraverso il Mugello dove aveva tentato opera di pacificazione tra contadini e agrari, fu brutalmente aggredito sulla via del ritorno nei pressi di una casa colonica. L’aggressione era premeditata.”

Si tenta chiaramente di far ricadere la responsabilità dell’eccidio sui coloni bianchi -scrive Carlo Rotelli nel suo saggio sulle lotte contadine in Mugello 1919-22 – e si esprime meraviglia per « un’aggressione » ingiustificata perchè « nessuna violenza era stata usata dai fascisti verso i bianchi; né in quel giorno, né nei precedenti ».

Una ricostruzione palesemente falsa .

Il processo per i fatti di Pianvallico ci fu tra la fine del 1922 e l’inizio del 1923 e finì con l’assoluzione degli imputati per legittima difesa e mancò poco che non venisse incriminato uno dei figli del Sitrialli.

La ricostruzione dei fatti che si evince da una serie di interrogatori e perizie mette in evidenza una certa parzialità degli inquirenti che considerarono più credibili le testimonianze di due soggetti di passaggio con un camion rispetto ai coloni presenti nell’aia e nei campi circostanti la casa del Sitrialli. Nel 1945 il procuratore militare di Firenze chiese la riapertura del processo per la condanna dei fascisti che parteciparono alla spedizione punitiva in Mugello, ma i giudici non vollero riesaminare gli atti dei magistrati del 1923 considerando “corretto “ l’operato dei giudici e lo stesso fece la Cassazione nel 1946 ( tra l’altro in questa sentenza il Sitrialli viene erroneamente chiamato sempre Mitrielli a dimostrazione di una certa superficialità nell’analisi degli atti). D’altra parte è stata sottolineata ormai da varie ricerche storiche una certa continuità amministrativa con il periodo fascista che ha lasciati impuniti fatti e persone.

In occasione della prima indagine del 1921-22 i figli del Sitrialli avevano definito i due testimoni “insospettabili” dei Carabinieri e della difesa come simpatizzanti fascisti (usano il termine “alquanto” fascisti)ma questa accusa non fu presa in considerazione dal magistrato mentre risulta confermata da una nota dei Carabinieri di Firenzuola del 8.6.45 su richiesta del procuratore fiorentino:” Berti Luigi e Barzagli Sisto risultano fascisti e sembra che all’epoca fecero parte di squadre punitive fasciste. Barzagli aderì anche alla RSI”(ACSFI)

Come scrisse nel 1946 il procuratore per il ricorso in Cassazione “ Gli imputati erano i massimi esponenti della violenza fascista fiorentina, ed è ingenuo credere e scrivere che essi armati di tutto punto e in divisa, si recassero in Mugello per sedare bonariamente l’agitazione agraria.” La questura fu compiacente – scrive il Pm- anche nella perizia balistica effettuata dopo i fatti. “Gli aggrediti furono i Sitrialli che si erano chiusi nell’aia (..)la sentenza dipinge l’aia come un fortilizio ed erano 4 persone contro 12 armati. Non c’era nessuna legittima difesa da parte di questi ultimi”.

Il verbale redatto dai Carabinieri dice che il gruppo di fascisti con le rivoltelle in pugno si era recato in varie coloniche e che, durante l’assalto alla colonica Sitrialli, avevano anche sparato contro gli operai che stavano lavorando nei campi dalla parte opposta della casa, ma nella parte conclusiva scrivono che le dichiarazioni di Sitrialli e dei coloni non potevano essere del tutto vere e che i fascisti “non potevano avere sparato senza essere stati provocati” e che Alfredo Sitrialli fosse con l’arma in mano “ provocando il conflitto”.
In realtà se si leggono le stesse dichiarazioni rilasciate da Chiostri, Zamboni e Frullini nei giorni successivi al fatto si notano delle contraddizioni anche rispetto a quanto scrivono i Carabinieri. Questi ultimi scrivono che vi era un solo fucile in casa Sitrialli da cui erano stati sparati due colpi mentre i bossoli di rivoltella trovati in terra erano 11 più una pallottola rimasta inesplosa.

Nelle deposizioni dei fascisti fiorentini si dice che la loro azione era rivolta solo alla ricerca di una pacificazione tra coloni e proprietari anche se il loro primo obiettivo erano gli esponenti del partito popolare e della Lega Bianca e il responsabile sindacale Ottorino Orladini per “invitarlo a desistere dalla sua opera di sollevazione facendogli intendere che ogni fatto che fosse avvenuto lo avremo ritenuto responsabile”. Il Chiostri , a differenza degli altri fascisti, dice di non ricordare il nome del capo dell’organizzazione Orlandini quando invece risulta che l’Orlandini, ex combattente, per un certo periodo avesse frequentato ambienti nazionalisti dove incontrò Ottone Rosai, Manfredo Chiostri e Aldo Gonnelli .
A proposito della vicenda Sitrialli, Chiostri sostiene che furono sparati due colpi di fucile da una finestra mentre con il camion si avvicinavano, ma poi aggiunge di un altro fucile sul muretto e di molti colpi sparati e ricorda anche i due colpi sparati sul camion in fuga “ ai quali allora risposi con due colpi di rivoltella sparati in direzione di quella finestra”. Il Farulli parla anche di un colpo sparato da un fucile “ che sporgeva dal muricciolo presso la porticina” e di altre fucilate che non raggiunsero il camion. Dello stesso tono anche le altre testimonianze che si concludono tutte con l’affermazione di aver saputo solo dopo essere tornati verso Firenze della morte del Sitrialli quando invece tutte le altre testimonianze riportano le urla del figlio dopo che il padre era stato colpito a morte.(“tu m’ha morto il babbo”)
Sono affermazioni che contrastano anche con i rilievi effettuati dai Carabinieri che erano giunti sul posto poco dopo il fatto.
Come disse lo Zamboni erano venuti in Mugello dopo avere saputo delle agitazioni dei contadini “ data la finalità del nostro partito di controbattere ogni manifestazione dannosa per la nazione”.
L’obiettivo degli squadristi non era solo quello di intimorire i contadini ma di invitare alla “moderazione” esponenti politici del PPI e parroci particolarmente vicini alle rivendicazioni dei mezzadri e ovviamente il rappresentante sindacale Orlandini che qualche giorno dopo i fatti di Pianvallico i fascisti fiorentini avevano deciso di far tacere per sempre. Come scrive Giorgio Chiurco nella sua “ufficiale” “ Storia della Rivoluzione fascista” uscito nel 1929 riferendosi a quegli anni , “tutti i giorni partono spedizioni punitive. Il camion fascista arriva al tale paese, si presenta al capolega. Si tratta, prima. Poi, il capolega cede, o la violenza terrà luogo della persuasione. Accade, quasi sempre, che le trattative ( le minacce ndr) raggiungano lo scopo. Se no, la parola è alle rivoltelle”. Ed è quello che è successo a San Piero a Sieve in quel dicembre 1920. Per la cronaca il Sitrialli fu ucciso da un colpo di pistola sparato attraverso la porta che dava sull’aia mentre i fascisti cercavano di entrare e la pallottola perforò il cranio vicino all’occhio per uscire dalla nuca provocando la morte istantanea del contadino. Come disse in parlamento l’on Martini, popolare ,q
uello dei fascisti era un piano preordinato prima di arrivare da Sitrialli erano andati in altre case coloniche da certo Bracchi, da certo Marconcini, in una casa Malesci, dove non avendo trovato il capoccia, che è capo della lega colonica, avevano minacciato la moglie e i figli. Il maggiore dei figli , azzardò innocue osservazioni e gli fu risposto con una botta nel petto data col calcio della rivoltella che fece ruzzolare il ragazzo per terra. La donna, spaventata dagli urli dei bambini, corse a levare la bandiera, la consegnò ai fascisti, che fecero ancora qualche minaccia prima di lasciare la casa Malesci.

Violenza fascista, l’uccisione di Margheri e le elezioni

Non era il primo episodio di violenza fascista come ricorda il Rotelli “Una delle prime spedizioni squadristiche nel Mugello fu attuata nell’ambito di Barberino subito dopo le elezioni amministrative del 1920. Una squadra fiorentina capeggiata dal Frullini all’alba invadeva il paese, rastrellava i locali dirigenti socialisti, li chiudeva nella casa del popolo e faceva loro subito un pestaggio sistematico. Prima di andarsene i fascisti devastarono completamente la sede della casa del popolo”.

Dopo l’occupazione delle fattorie e le manifestazioni per i patti colonici della fine 1920 la repressione non si fece attendere e 12 coloni di San Piero a Sieve e Scarperia vennero ritenuti colpevoli di appropriazione indebita “ per le abusive vendite di bestiame fatte dai coloni durante l’agitazione agraria” tra questi ricordiamo Luigi Verdi, Domenico Landi, Giuseppe Tagliaferri, Giuseppe Ronconi, Angiolo Scheggi ed Edoardo Bini.

Tra gli episodi oscuri di fine anno c’è sicuramente l’attentato al circolo della Società sportiva Velox a Borgo san Lorenzo il 26 dicembre.
Al termine di una rappresentazione teatrale.””venne lanciata da una finestra del salone una bomba che esplose fragorosamente frantumando le persiane, perforando un muro e provocando spavento. Non ci furono feriti. L’ordigno era confezionato con ghisa e sfere di acciaio, segno che chi l’ha confezionato aveva a disposizione materiale adatto”. Ovviamente scattò immediata la caccia la sovversivo e venne fermato un giovane definito anarchico che però fu rilasciato quasi subito. Non ci fu nessuna rivendicazione ed è sicuramente un episodio che si inserisce in un momento di grande tensione politica dopo le elezioni amministrative e le lotte dei mezzadri in Mugello. Ci fu chi cercò di cavalcare l’episodio con un corteo organizzato il 28 dicembre per le vie del paese al grido di “abbasso la teppa e viva l’Italia”. I negozi restarono quasi tutti chiusi e anche l’amministrazione comunale affisse un manifesto in cui deplorava il fatto e invitava alla calma la popolazione.

Le aggressioni fasciste ripresero con particolare accanimento nel Mugello nel mese di maggio in occasione delle elezioni politiche del 1921.

Il 16 maggio 1921 una spedizione punitiva composta da fascisti di Vicchio venne organizzata contro la frazione di Sagginale dove nei giorni precedenti c’era stata una certa resistenza alle intimidazioni delle squadracce. Il risultato fu la morte di Giuseppe Margheri detto Strignino, un operaio non iscritto a nessun partito. Il figlio del Margheri Luigi nel 1945 così ricostruì l’accaduto in una denuncia :”Il giorno 16 maggio 1921 a S. Cresci (Borgo San Lorenzo) fu bastonato un fascista, certo Romoli, responsabile di aver minacciato con la pistola diverse persone di Sagginale frazione di Borgo San Lorenzo durante le elezioni politiche. Insieme al suddetto Romoli a S. Cresci vi era un altro squadrista Staccioli Serafino il quale dopo aver preso parte attiva alla lite andò a Vicchio a chiamare altri fascisti e dopo tre ore un camion con sopra una quarantina di fascisti arrivano per fare una spedizione punitiva […]. I fascisti dopo aver sparato numerosi colpi di moschetto presero tutte le persone trovate fuori casa e le bastonarono a sangue. Nella sua abitazione si trovava il Margheri Giuseppe che sentiti gli spari si affacciò alla porta per chiamare la propria figlia Ersilia di anni 7; i fascisti che si trovavano in quel momento di fronte alla sua abitazione gli dissero: ’ora ti si danno noi’, e in cosi dire gli spararono contro 4 colpi di moschetto colpendolo al cuore cagionandogli morte all’istante”.(Fondo CLN ISRT)(citato da Rotelli)
E’ il primo morto ammazzato attribuibile ad una squadraccia fascista del Mugello.

Il funerale si svolse il giorno dopo a Borgo san Lorenzo con un corteo al quale parteciparono socialisti, comunisti, popolari e molti ferrovieri. Al cimitero disse poche parole il muratore Pietro Vigiani e intervenne anche il sindaco Caiani insieme ad alcuni assessori :”Giuseppe Margheri è morto assassinato dal piombo fascista”.
Mentre su Sitrialli, almeno in anni recenti ci sono stati riconoscimenti e approfondimenti , di Margheri ci si è quasi dimenticati, mentre la sua morte meriterebbe un certo approfondimento anche se le fonti non sono facili da reperire.

L’organizzazione fascista

Favorito dal nascere del Blocco Nazionale il Fascismo mugellano aveva cominciato a organizzarsi e a costituire sedi e squadre in vari comuni del territorio.
Come ricorda Alfredo Agostini su Il Bargello del 26 maggio 1935 fino a primi mesi del 1921 i fascisti non erano riusciti ad organizzarsi in Mugello, dove vantavano due personaggi di riferimento nello stesso Agostini e nel più anziano Cap. Francesco Baldi di Barberino, e non avevano sedi.


Si inizia con l’inaugurazione del gagliardetto del fascio di Firenzuola. “ partimmo su di un vecchio camion al canto degli inni fascisti fino ad allora cantati quasi sommessamente, in quell’occasione urlati al cielo coll’impeto di chi ha troppo a lungo aspettato: primi cazzotti, prime bastonate. Prima devastazione. Primo trofeo… di guerra costituito da un fiammante distintivo falce e martello preda ambita di un nostro bersagliere dal petto decorato d’azzurro”.
Agostini rivendica la forza dello squadrismo borghigiano che “ fu chirurgico, aristocratico così come il Duce voleva.(…) e fu soprattutto nostrano. Noi e solo noi squadristi di Borgo san Lorenzo abbiamo tenuto la piazza senza aiuti di sorte anche nei momenti più critici”.
In occasione della manifestazione firenzuolina ci fu anche un attacco contro un gruppo di socialisti che aveva innalzato una bandiera rossa su un monte vicino “ il lurido cencio rosso del brigantaggio politico ed economico” fu tolto e “i Bolscevichi fuggirono lasciando vino e viveri che furono portati in paese come trofeo di guerra”(Corriere Mugellano)
Nello stesso mese si registrano le inaugurazioni a San Piero a Sieve ,a Scarperia con “grandi manifestazioni” e anche a S. Agata.
Nelle settimane precedenti le votazioni e nei mesi successivi si verificarono diversi episodi violenti in cui erano coinvolti fascisti e appartenenti al partito socialista e al neo costituito Partito Comunista. Tre fascisti in Mugello per propaganda dopo aver danneggiato l’auto nei pressi di Barberino furono presi a sassate e risposero con le rivoltelle. Di scontri a fuoco tra fascisti e comunisti parla Il Corriere Mugellano del 15 giugno con colpi due colpi di pistola sparati contro un corteo fascista davanti al Caffè Nazionale di piazza Cavour con reazione dei fascisti che invitarono i cittadini a ritirarsi e “il paese rimase deserto” e “ furono operati diversi arresti di noti comunisti”.
Un episodio controverso è il fermo da parte di alcuni socialisti e comunisti di tre studenti fascisti a San Piero a Sieve sottoposti ad una specie di interrogatorio (Il tribunale rosso di san Piero a Sieve lo chiamò A. Giovannini sul Messaggero del 13 marzo 21). I tre erano Armando Agostini, fratello del Ten Alfredo Agostini, Gino Fattori e Silvio Baldini che a Firenze era stato arrestato per una rissa con elementi della sinistra. La vicenda non ebbe conseguenze ma fu presa a pretesto per alimentare le azioni squadristiche nella zona.
Dopo la costituzione del fascio barberinese nel marzo 1921 il Baldi viene affrontato da alcuni comunisti e questo dà luogo ad una spedizione di squadristi fiorentini allertati dal Capitano il 28 del mese: la vicenda viene così raccontata dal Frullini nelle sue memorie :
Mi trovavo alla mezzanotte circa, con vari fascisti al Gambrinus. Ad un tratto il proprietario del locale, signor Luigi Orlandi, mi pregò di recarmi al telefono, perché il Capitano Francesco Baldi desiderava di urgenza parlarmi da Barberino di Mugello. Appena all’apparecchio udii la voce affannata di Francesco Baldi che mi pregava vivamente di andare in soccorso di lui e della sua famiglia perché erano stati minacciati di morte dai sovversivi locali…..Giunti sulla piazza trovammo subito un incaricato che ci condusse dal Baldi…..Stabilimmo subito di comune accordo alcune spedizioni di rastrellamento e punitive….Condotti i comunisti nella casa del Popolo, furono rinchiusi in una sala nella quale lasciai Sorbi, armato di moschetto alla loro guardia…
Nella prime ore della mattina feci dare loro la colazione e mezzogiorno pastasciutta con bistecca. Come si vede, non mancavamo di fa stare bene, quando ci era possibile,i nostri avversari…. La sede della Casa del Popolo subì un certo cataclisma, forse derivato da un locale movimento tellurico, essendo, come tutti sanno, quella località di origine molto vulcanica”.

I fascisti agivano spesso indisturbati e anche i procedimenti penali a loro carico finivano nel nulla.

Un’altra rappresaglia fascista si registra a Barberino a fine settembre dopo che una camicia nera era stata colpita con un palo. Venti fascisti arrivano su un camion da Firenze e devastarono il circolo Unione incendiando anche i mobili. I Carabinieri da Borgo arriveranno solo il mattino successivo.

Sulle cronache locali quando si verificano episodi di violenza la colpa è sempre dei comunisti come a Borgo nel marzo 1922. Addirittura i fascisti aggrediscono l’assessore Arnaldo Dori schiaffeggiandolo davanti al Caffè San Lorenzo e” nel trambusto si riportò una bastonata alla testa del socialista Nannelli Corrado”. I fascisti furono portati in caserma “ ma non risultando niente vennero più tardi rilasciati”. Mentre durante altri incidenti furono arrestati “i comunisti Luigi Megli detto Giotto e Guglielmo Squarcini detto Modello che minacciò con una rivoltella d’ordinanza un Carabiniere”.
La sfrontatezza degli squadristi si manifesta nella sua massima espressione nell’assalto alla pretura di Scarperia sempre nella primavera del 1922( e non sarà l’unico), dove si svolgeva un processo contro alcuni esponenti fascisti accusati di violenza, da parte della “sette gatti “ di Borgo san Lorenzo.
E’ lo stesso Agostini a raccontare la vicenda con arroganza sul Bargello del 2 giugno 1935:
“Avvertita la “Sette Gatti”, questa partita al gran completo e raggiunto il paese vicino, – i manganelli nascosti abilmente sotto la giacca- riusciva ad infiltrarsi nell’aula della Pretura.(..)Si ricorda solo che dopo una pioggia fitta di legnate si produsse nel Palazzo Pretorio un vuoto da campana pneumatiche. Vero è che qualcuno di noi fu provato duramente ma avemmo in cambio la soddisfazione di continuare il processo interrotto da quest’ira di Dio ed in assenza degli avvocati e del Pretore che avevano tagliato d’urgenza la corda, i componenti della “Sette Gatti” si sostituirono ad essi dimostrandosi così infallibili amministratori di giustizia”.

Un altro episodio dei ricordi squadristi dell’Agostini racconta di quando in occasione dello sciopero legalitario del 1 agosto 1922 i fascisti borghiani incontrò presso la Sieve “un numeroso gruppo di sovversivi” e decise di “obbligarli al bagno”. Spararono qualche colpo di rivoltella e “ i malcapitati si gettarono nel Sieve al gran galoppo e spensero nelle placide acque del nostro fiume ogni superstite ardore rivoluzionario”.

Le dimissioni di Caiani e dei sindaci mugellani

IL salto di qualità politico della violenza fascista arriva però con la decisione dei vertici regionali di “inviare un minaccioso ultimatum per le dimissioni di sindaci e giunte” che nell’arco di pochi mesi cadranno una dopo l’altra anche in Mugello lasciando spazio ai commissari prefettizi e preparando le elezioni amministrative del marzo 1923 che vedranno il prevalere delle liste del Partito fascista e dei suoi alleati in clima di intimidazione e violenze.
La richiesta di dimissioni degli amministratori locali socialisti e popolari viene giustificata da presunte irregolarità amministrative ed è accompagnata dal consenso dei rappresentanti prefettizi e dei carabinieri che assistono alle minacce senza proferir parola.

Il racconto delle dimissioni di Pietro Caini, uomo mite e tollerante, il giorno 8 agosto 1922 è intriso di una ampollosa retorica nazionalista:” Alle 8 del 6 agosto il Borgo godè dell’improvviso spettacolo del placido e solenne tramonto di una luna elettorale in una scena di sole che ne faceva risaltare la macchia. Tutti i Fasci del Mugello da Villore, da Vicchio, da Scarperia, da Barberino, da San Piero, da Galliano, da Vaglia e da Borgo con militare precisione alle 8 erano al loro posto schierati a tenere sgombre le vie e formare il teatro dell’avvenimento. I combattenti numerosi e ben impostati si unirono al corteo che silenzioso e risoluto si recò in piazza davanti al municipio. Ivi condotto dalle rappresentanze dei Combattenti e dei fasci di Borgo san Lorenzo, il Sindaco convenne di dare le dimissioni. Al colloquio assistette il ten. Dei Carabinieri sig. Renzetti. La bandiera tricolore e il gagliardetto dei fasci esposti alla terrazza del municipio riceverono un primo applauso dal popolo radunato. Quindi il sindaco in mezzo alla rappresentanza assistette alla lettura delle sue dimissioni, precedute da poche ma vibrate parole del Cap. Francesco Baldi. La piazza con lo schieramento dei fascisti e dei combattenti e la massa del popolo tutto in silenzio diede all’avvenimento la solennità di una funzione civile che le forse dell’idea nazionale sanzionava con quel diritto che ha conquistato pel governo della Nazione a Vittorio Veneto. Salutato da applausi calorosi e significativi fu spiegata al sole la bandiera del comune, aggrinzita e lasciata in un cantuccio per la cova dei ragni. Il corteo al canto di inni patriottici percorse le vie del paese e si sciolse alla sede dei Combattenti. Sappiamo che la maggioranza dei consiglieri comunale hanno già rassegnato le dimissioni con lettera al Prefetto”(Messagero del Mugello).

La tradizione orale vuole che a questo punto il sindaco socialista rispondesse sprezzantemente al console fascista e se ne ritornasse via dalla sede comunale, senza patire violenze, ma con manifestazione di personale coraggio, passando attraverso le squadre « nere » che sostavano in silenzio sulla piazza e lungo le strade “.(Rotelli)

Il 3 agosto era stato dimissionato anche il sindaco di Vicchio con ” numerosi fascisti mugellani e fiorentini accorsi in piazza nel pomeriggio.
Il 6 agosto sul Messaggero del Mugello compare un appello dei fascisti mugellani: ” per le dimissioni dell’amministrazione comunale sono decisi i nostro valorosi fascisti e combattenti. Le dimissioni sono un omaggio dovuto alla sovranità popolare e sono un avviamento alla pacificazione “.
Il 5 ottobre a Firenzuola“ prendendo occasione dal mancato intervento dell’amministrazione comunale popolare alla commemorazione del defunto ex sindaco liberale Francesco Poli, i fascisti, in numero di circa 100, tentarono di invadere la casa comunale riuscendo a penetrare soltanto nell’atrio dove furono respinti dal drappello dei Carabinieri ( uno dei pochi casi .ndr), subito accorsi senza che potessero affatto penetrare nell’ufficio. Una commissione si recò a casa del sindaco ( che abitava in una frazione distante 12 km .ndr) ove senza violenza ottennero le sue dimissioni”(Il Vivoli era già stato minacciato nel giugno del 21 dal segretario del fascio Piccone)
Il 15 ottobre viene obbligato a dimettersi il sindaco di Scarperia alla presenza di due squadre del paese e quelle provenienti da altri comuni e poco dopo anche il sindaco di San Piero a Sieve ( anche lui popolare). Nei giorni successivi saranno costretti alle dimissioni anche i sindaci di San Piero a Sieve, Barberino e Dicomano.
La “conquista” dei Municipi e delle piazze aveva per i fascisti un valore altamente simbolico quasi di purificazione e liberazione dalla presenza dei socialisti e popolari visti come nemici della patria, partiti “antinazionali” e come tali da espellere dai luoghi del potere pubblico.
Chi si illudeva che il fascismo una volta entrato nelle istituzioni, dopo le elezioni del 1921,si trasformasse in un partito di “politici” senza “guerrieri” non aveva capito che lo squadrismo non era un residuo dell’eredità di guerra, ma era” sostanza originale del nuovo partito, sia per la sua funzione militare sia per la mentalità integralista aspirante al monopolio del potere”.

Insomma la violenza nel fascismo non era un fatto di pochi ma l’essenza stessa del movimento “ che odiava le situazioni aggrovigliate e procedeva inflessibile nell’ affermazione della sua volontà con metodi brutali e risolutivi”.

I Lorenzi e Paolina Romagnoli

Un grave episodio si verificò il 28 agosto di quell’anno a San Piero a Sieve intorno alle 23,30 per una provocazione di un gruppo di fascisti ci fu una rissa con i fratelli Luigi e Raffaello Lorenzi durante la quale rimasero feriti i fascisti Adelmo Bini e Carlo Ducci mentre Luigi Lorenzi era stato colpito alla testa con un bastone. I due giovani figli di Paolina Romagnoli fuggirono rifugiandosi nello stabile delle Poste (il padre gestiva il servizio postale alla stazione) dove , secondo i carabinieri furono rintracciati, dietro una segnalazione, in un sottoscala due giorni dopo. Per i feriti i referti furono eseguiti dal dott. Alberto Barchielli e dal dott. Giunta. Insieme ai Lorenzi c’era anche il cugino Angiolino Taiuti, mentre il gruppo di fascisti era composto da Bini, Ducci, Andrea Vannini,Gino Dori, Giuseppe Nutini e Gino Pargoli.
Le testimonianze su cui fu istruito il processo erano quasi esclusivamente dei fascisti con l’aggiunta dei Giunta padre e figli (Giovanni e Giuseppe). Durante il dibattimento emersero però alcune vicende dei giorni precedenti alla rissa che avevano avuto per protagonisti il Ducci e il Bini. IL 26 alla pretura di Scarperia era in corso un’udienza in cui il Ducci era accusato di minacce a mano a armata( sembra che il Lorenzi fosse tra i testimoni) e il processo fu interrotto da tumulti, mentre il Bini aveva minacciato addirittura il padre del Ducci tanto che il dott. Giunta lo fece richiamare dal Fascio Borghigiano e sempre nel giorno del 28 alle 16 il Bini era stato protagonista di un diverbio con Luigi Lorenzi alla stazione. In pratica quello che successe la notte del 28 era l’epilogo di una serie di provocazioni.

Nei confronti dei Lorenzi e di Paolina Romagnoli ci fu un certo accanimento giudiziario, forse perchè definiti “comunisti”, con una lunga carcerazione preventiva che terminerà solo con il processo. Tutte le richieste di libertà provvisoria avanzate dagli avvocati furono respinte compresa quella di Luigi Lorenzi che nel marzo 1923 si trovava nell’infermeria del carcere malato di tubercolosi polmonare( con parere favorevole del direttore del carcere). Istanza respinta il 22 marzo. Luigi morirà in carcere il 9 giugno . Nonostante il brillante lavoro del loro avvocato, Antonio Guidacci, i Lorenzi e la loro madre furono rinviati a giudizio con sentenza del tribunale dell’11 gennaio 1923. L’avvocato presentò anche in questa circostanza un’istanza in Cassazione ma non ottenne ascolto, ma in fase dibattimentale, affiancato anche dal collega Umberto Nidiaci, cercò di dimostrare ( come già fatto in una memoria del dicembre 1922) che le testimonianze dei Lorenzi e della padre subito dopo l’arresto erano veritiere e coincidenti nonostante tra loro non ci fosse stato nessun incontro(la madre venne arrestata alle 7 del 29 e i figli il 30) mentre nelle deposizioni dei fascisti la ricostruzione era variata nel corso del tempo. Come aveva già scritto l’avvocato Guidacci :“Evidentemente la ecc.ma sezione di accusa ha letto molto di sfuggita l’incartamento processuale posto al suo esame, tanto che non si è nemmeno accorta, perché non lo accenna minimamente, di una memoria difensiva prodotta dal difensore degli imputati per combattere gli argomenti addotti nella sua requisitoria dal rappresentante dell’accusa”.
Al termine del dibattimento il 16 ottobre 1923 sarà lo stesso PM a chiedere l’assoluzione per Raffaello Lorenzi per legittima difesa e della Paolina Romagnoli per non aver commesso il fatto”.


Messaggero del Mugello nella cronaca del 3 settembre relativa ai fatti di san Piero scriveva :”Fu per rappresaglia devastato il Circolo “Andrea Costa”, noto covo sovversivo; fu invece rispettata la Cooperativa di Consumo ancorché essa sia composta di elementi di tinta rosso acceso. Per tutta la giornata del 29 i fascisti presidiarono San Piero distribuendo qualche bastonata, unita però ad un’opera di pacificazione fatta col consiglio e la parola.(…) I locali del circolo Andrea Costa passeranno nelle mani del Fascio locale che vi stabilirà la sede. Si spera così che , accendendo nel covo sovversivo disperso una nuova lampada tricolore agitata dai Combattenti e dai fascisti, l’opera rigeneratrice del Paese sarà ancora più accelerata e compiuta al più presto”. Sempre il Messaggero parlava anche dell’arresto della madre dei Lorenzi, Paolina Romagnoli, accusata di” aver istigato il maggiore dei suoi figli a commettere il delitto contro i due fascisti di san Piero a Sieve.”

I fascisti mugellani e la marcia su Roma

Il fascismo mugellano si diffonde su tutto il territorio, pesca adepti anche fra i disoccupati e gli scontenti e si struttura cercando di promuovere organizzazioni sindacali e del lavoro come avviene a Barberino con la nascita del “ Nucleo colonico fascista”.
Il fascismo anche in Mugello è un movimento strutturato militarmente , con i sette gatti che sono diventati 70,che si appresta a partecipare attivamente alla Marcia su Roma con centinaia di mugellani guidati da Francesco Baldi, Alfredo Agostini e Guido Masiero.
La prima Coorte mugellana con 324 legionari parte il 27 ottobre alle ore 14 con camion che si concentrarono a Dicomano per poi prendere in treno a Pontassieve. A Spoleto espugnano un deposito di armi e poi da Foligno si dirigono a Roma , “ dove arrivarono alle 20 del 30 ottobre(..)al comando del Console Capanni i fascisti si inginocchiarono per baciare la terra che il sacrificio della gioventù d’Italia aveva redenta dal giogo di tutte le camarille antinazionali”(Messaggero). Sempre la cronaca del Messaggero racconta anche di un incontro con Mussolini che si intrattenne con un muratore di Galliano Giovanni Forasassi ( esiste anche una foto riportata dal Cantagalli in cui si vede Mussolini passare in rivista gli squadristi del Mugello con in prima fila il cap. Baldi)
Al ritorno vengono organizzati cortei e manifestazioni celebrative

Con il completamento delle dimissioni imposte alle amministrazioni socialiste e popolari dei comuni del Mugello inizia il percorso che porterà le liste dei fascisti e dei nazionalisti alla vittoria nelle elezioni amministrative del marzo 1923 in un clima di costante intimidazione.
A Borgo san Lorenzo diventarà sindaco il 25enne Alfredo Agostini mentre a Barberino viene nominato sindaco e poi podestà il 40 enne Francesco Baldi fascista della prima ora. Baldi sarà votato come consigliere provinciale insieme al prof. Antonio Giovannini editorialista del Messaggero del Mugello che lo definisce “un precursore della rinascita fascista”.
Nonostante la vicinanza del più antico settimanale mugellano alla politica fascista, il Pnf locale decide di dar vita ad un proprio settimanale che inizierà le pubblicazioni proprio il 1 gennaio 1923.
“L’ appennino toscano (mugello, valdisieve, alta romagna)” aveva la sua redazione presso la sede del fascio a Borgo san Lorenzo e continuerà le pubblicazioni fino al 1928.
“Col nostro settimanale vogliamo contribuire a diffondere in tutti i cuori il sentimento d’italianità, a scuotere i torpidi e gl’ignavi e ravvivare in tutti il sentimento del dovere, Nello stesso tempo cureremo gli interessi del nostro bel Mugello(..)cooperando alla distruzione di tutti i germi di dissoluzione morale che intristiscono la vita dei nostri paese e allo svecchiamento di metodi e sistemi che nelle varie forme di attività sociale si frappongono alla ricostruzione calma , ordinata, accorta , progressiva di quanto il demagogismo, il bolscevismo, l’egoismo socialdemocratico e il politicantismo bianco hanno distrutto fra noi “. Il fascismo rappresenta la nazione e chi è contro il fascismo è un disfattista antipatriottico e come tale deve essere isolato e messo a tacere. E così avverrà nei venti anni a seguire.

Leonardo Romagnoli
5.11.22

Le Foto:
1) Francesco Giunta
2) manifesto che annuncia il patto agrario tra proprietari e mezzadri
3)I futuri deputati fascisti Chiostri e Capanni tra gli autori dell’omicidio Sitrialli
4)La pianta della zona di Pianvallico con l’indicazione della posizione dei contadini e del corpo di Sitrialli
5) Verbale dei Carabinieri di San Piero
6)Marino Marchetti capo dei fascisti di Vicchio
7) Alfredo Agostini il capo della 7 gatti
8)il prof. A. Giovannini del Messaggero poi eletto nel 23
9) atti della cassazione sui Lorenzi
10) Agostini capo della Coorte per la marcia su Roma
11) i fascisti mugellani alla Marcia su Roma . In primo piano Francesco baldi di Barberino

One thought on “Il Fascismo in Mugello 1919-1923

  1. Ringrazio Romagnoli per aver messo a disposizione il testo del suo intervento al convegno. Purtroppo i tempi previsti dall’organizzazione sono saltati e l’ultima relazione, appunto questa, ne è rimasta sacrificata. Negli atti potremo meglio apprezzare lo sforzo notevole degli studiosi locali intervenuti.
    Anche la presenza degli studenti degli istituti superiori borghigiani, che risulta molto positiva, deve esser messa in condizione di poter approfittare al meglio delle iniziative culturali locali. Accordi appositi dovrebbero tenere conto delle esigenze degli istituti quanto ad orari e sedi delle attività.