Commissione Segre, le strumentali critiche a mezzo stampa
Di Fabio Vender
Il Manifesto 5.11.19
Le polemiche seguite all’approvazione da parte del Senato della “Commissione Segre” di controllo dei discorsi d’odio o hate speech dà la misura del degrado del dibattito pubblico nel nostro paese. Il centro-destra non l’ha votata, si è astenuto, con decisione che ha suscitato sconcerto in tanta parte dell’opinione pubblica, della comunità ebraica e anche in alcuni settori di Forza Italia. Gli argomenti di alcuni opinionisti di centro-destra meritano una riflessione.
La mozione Segre parte da una novità, quella rappresentata dall’aumento esponenziale, favorito dalla diffusione dei social, delle opportunità di denigrazione, di istigazione al razzismo e direttamente alla violenza. Il dato crea allarme ovunque nel mondo e la Commissione intende affrontare precisamente i termini nuovi e più urgenti del problema.
Ora c’è stato chi, con lo pseudonimo di “Passator cortese”, sul Dubbio ha tacciato di «ignoranza» la redattrice della mozione per aver messo sotto osservazione, insieme a razzismo ed antisemitismo, anche nazionalismo ed etnocentrismo. La mozione invece, ben scritta ed equilibrata, ricca di riferimenti normativi italiani e internazionali, tratta effettivamente di tutti quei fenomeni che possono portare a discorsi d’odio o a comportamenti discriminatori e violenti, secondo quanto acquisito dalla migliore pubblicistica giuridica e scientifica in materia. E il passator invece definisce una «schifezza» la mozione. Questo è il livello.
Anche Luca Ricolfi sul Messaggero lamenta che nella mozione si proponga di mettere in evidenza fra gli altri il «nazionalismo aggressivo», chiedendosi retoricamente chi mai stabilisce il livello di aggressività. Ora a parte che questo vale per qualsiasi fattispecie giuridica e che la migliore definizione di hate speech è precisamente uno dei compiti della mozione, ma soprattutto Ricolfi dimentica (o forse ignora), come il passatore, che è l’articolo 604 bis del nostro Codice penale a prevedere sanzioni penali per «chi istiga a commettere o commette atti discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi». Come si vede l’accostamento tra hate speech e reati violenti è previsto dai codici, non frutto delle “ideologie” degli estensori della mozione. E invece c’è stato chi sul Tempo scrive che per aver messo insieme nazionalismo ed etnocentrismo la Commissione potrebbe addirittura avere «effetti liberticidi».
C’è poco da aggiungere. Basti solo ricordare, ai commentatori di centro-destra, che l’attuale presidente del Senato Elisabetta Alberti Casellati, da senatrice di Forza Italia, presentò nel 2001 una mozione in cui già allora si considerava «sempre più urgente e avvertita l’esigenza di un contributo di tutti i popoli per l’affermazione di questi diritti primari e fondamentali» cioè appunto i “diritti umani”. Di qui l’«esigenza di provvedere all’immediata istituzione di un organismo ad hoc», individuato in «una Commissione speciale per la tutela e promozione dei diritti umani». Esattamente quello che propone oggi la senatrice Segre. Oggi che l’urgenza è tanto maggiore dato lo sviluppo generalizzato e massivo dei social.
Dunque nessuna strumentalizzazione né potenziale caccia alle streghe. A chi vaneggia di possibili bavagli vanno opposte le sagge parole di un editoriale dell’Avvenire, che auspica invece «ben calibrate sanzioni civili e penali verso chi scambia la libertà di espressione con il diritto di propagare intolleranza e discriminazione».