1923 :  i fascisti al potere nei comuni mugellani.

1923 :  i fascisti al potere nei comuni mugellani.

Dopo il fallimento dello “sciopero legalitario” proclamato dall’Alleanza del lavoro, sigla che riuniva i più importanti sindacati dei lavoratori, contro la violenza fascista, lo squadrismo prese nuovamente vigore e impose nei comuni del Mugello le dimissioni dei sindaci e delle amministrazioni elette democraticamente nel 1920. Quella della destituzione delle amministrazioni avversarie è un obiettivo precipuo dell’azione squadrista.

Domenica 6 agosto il Messaggero del Mugello scriveva che “ per le dimissionidell’amministrazione comunale sono decisivi i nostri valorosi fascisti e combattenti, le dimissioni sono un omaggio dovuto alla sovranità popolare e sono un avviamento alla pacificazione”.

Era invece l’inizio di un cammino fatto di violenze e intimidazioni che porteranno con le elezioni del marzo 1923 alla nomina degli esponenti del fascismo locale alla carica prima di sindaco e poi di podestà in tutti i comuni del Mugello.

Le dimissioni dei sindaci socialisti e popolari del Mugello erano state imposte con l’intervento delle squadre fasciste e con il consenso di prefetti e forze dell’ordine, salvo rarissimi casi, che presenziarono agli eventi senza nessuna obiezione e favorendo l’azione dei capi del fascismo locale.

Esemplare di questo modo di operare sono le dimissioni imposte al sindaco di Borgo san Lorenzo Pietro Caiani e così descritte dal Messaggero del Mugello : “Alle 8 del 6 agosto il Borgo godè dell’improvviso spettacolo del placido e solenne tramonto di una luna elettorale in una scena di sole che ne faceva risaltare la macchia. Tutti i Fasci del Mugello da Villore, da Vicchio, da Scarperia, da Barberino, da San Piero, da Galliano, da Vaglia e da Borgo con militare precisione alle 8 erano al loro posto schierati a tenere sgombre le vie e formare il teatro dell’avvenimento. I combattenti numerosi e ben impostati si unirono al corteo che silenzioso e risoluto si recò in piazza davanti al municipio. Ivi condotto dalle rappresentanze dei Combattenti e dei fasci di Borgo san Lorenzo, il Sindaco convenne di dare le dimissioni. Al colloquio assistette il ten. Dei Carabinieri sig. Renzetti. La bandiera tricolore e il gagliardetto dei fasci esposti alla terrazza del municipio riceverono un primo applauso dal popolo radunato. Quindi il sindaco in mezzo alla rappresentanza assistette alla lettura delle sue dimissioni, precedute da poche ma vibrate parole del Cap. Francesco Baldi. La piazza con lo schieramento dei fascisti e dei combattenti e la massa del popolo tutto in silenzio diede all’avvenimento la solennità di una funzione civile che le forze dell’idea nazionale sanzionava con quel diritto che ha conquistato pel governo della Nazione a Vittorio Veneto. Salutato da applausi calorosi e significativi fu spiegata al sole la bandiera del comune, aggrinzita e lasciata in un cantuccio per la cova dei ragni. Il corteo al canto di inni patriottici percorse le vie del paese e si sciolse alla sede dei Combattenti. Sappiamo che la maggioranza dei consiglieri comunale hanno già rassegnato le dimissioni con lettera al Prefetto”(Messaggero del Mugello dell’8 agosto).
La “conquista” dei Municipi e delle piazze aveva per i fascisti un valore altamente simbolico quasi di purificazione e liberazione dalla presenza dei socialisti e popolari visti come nemici della patria, partiti “antinazionali” e come tali da espellere dai luoghi del potere pubblico.
Giustificate per fini patriottici, queste spedizioni sono una palese infrazione del sistema democratico e la dimostrazione di come il diritto della forza faccia impunemente aggio sul diritto della legge”(Millan)

Nel gennaio del 1923 inizia le pubblicazioni anche il settimanale “L’Appennino Toscano” organo del Fascismo Mugellano che già nel primo numero traccia le linee per le elezioni amministrative previste nel mese di marzo in tutto il territorio dove i commissari prefettizi avevano preso il posto dei sindaci dimissionari.

Siamo certi che anche il popolo mugellano saprà modellarsi sull’esempio degli altri comuni che hanno affidato le redini dell’amministrazione ai partiti nazionali ai quali incombe una responsabilità ed un onore incalcolabile: quello di intraprendere la ricostruzione di tutto quello che in tre anni di demagogismo è stato spietatamente distrutto” scrivono i fascisti borghigiani e parlando delle future elezioni aggiungono, “ tutti sappiano che verrà garantita in modo assoluto la libertà di voto, che qualunque tentativo di intimidazione o di minaccia verrà prontamente ed energicamente rintuzzato” e lanciano un avvertimento a coloro che non andranno a votare. “ Gli astensionisti saranno notati in un libro che sarà chiamato l’albo dei disertori interni e come combattemmo con tutte le nostre forze i disertori delle trincee fino ad annientarli, con altrettanto ardore combatteremo i disertori delle urne perché come i primi abbandonando il loro posto volevano favorire la rovina della Patria, gli altri disertando le urne favoriranno il ritorno al potere dei dissipatori del denaro pubblico”.
L’accusa sullo sperpero di denaro pubblico e cattiva amministrazione è una costante della propaganda fascista, così come il riferimento alla prima guerra mondiale, di cui però non si trova riscontro analizzando i bilanci comunali dove , a partire da quello di Borgo san Lorenzo, c’è invece un’attenzione al contenimento del debito ricevuto in eredità dalle amministrazioni precedenti.
Il linguaggio violento e il ricorso ad azioni punitive nei confronti di esponenti socialisti e popolari dimostrava che lo squadrismo non era un residuo dell’eredità di guerra, ma era” sostanza originale del nuovo partito, sia per la sua funzione militare sia per la mentalità integralista aspirante al monopolio del potere”. La violenza nel fascismo non era un fatto di pochi ma l’essenza stessa del movimento “ che odiava le situazioni aggrovigliate e procedeva inflessibile nell’ affermazione della sua volontà con metodi brutali e risolutivi”.(E. Gentile)

Nel gennaio del 1923 si costituisce la 1° Coorte Mugellana della Milizia Nazionale il cui comando viene affidato al ten. Alfredo Agostini “per ordine superiore”. La Coorte è formata da tre centurie affidate al comando del Ten. Poli Bruno, Ten. Tesi Ferdinando, Ten. Palmerio Mario e aiutante maggiore il decurione Niccolò Fiorelli. La milizia nazionale è l’istituzionalizzazione dello squadrismo rappresentando un elemento di continuità tra il fascismo delle origini e il fascismo al potere.

Il 4 marzo si vota nei comuni di Borgo san Lorenzo, Vicchio e Firenzuola e le liste composte da fascisti e nazionalisti si impongono con l’indicazione dei futuri sindaci già scritta sulle cronache locali.

Solitamente nei comuni era presente una sola lista anche se nel caso di Vicchio il Messaggero del Mugello riportando l’esito del voto parla di maggioranza e minoranza. Va detto che sull’Appennino Toscano viene riportata una sola lista per le elezioni comunali di Vicchio ed alcuni dei nomi indicati come minoranza, ad esempio Francesco Olmi e Enrico Mei, sono indicati come fascisti. Francesco Olmi, industriale e possidente, aveva anche partecipato nella lista indipendente alle elezioni amministrative del 1920 vinte dai socialisti ( al momento dell’elezione il sindaco Marchetti otterrà 27 voti su 28).

La gran parte dei nomi nelle liste è rappresentata da ex combattenti e molti sono anche giovani. Ad esempio a Borgo san Lorenzo Agostini ha 25 anni, Tesi 24, Solaini 27, Costi 25, Ciarpaglini 25 e Bartolini 24. “L’esaltazione della giovinezza si salda con un modo nuovo di fare politica, nel quale la disponibilità alla violenza, così come emerge dall’immagine idealizzata del conflitto, è un elemento di decisiva importanza.”(Millan)

La categoria più rappresentata nella lista era quella dei professionisti seguita dai commercianti, industriali e possidenti e operai e artigiani.

Alfredo Agostini viene definito dal settimanale fascista locale un giovane “ intelligente e onesto che lavora con il padre e i fratelli nel rinomato pastificio di famiglia e gli operai lo conoscono perché divide con loro le fatiche della giornata”. Andato in guerra a 18 anni e assegnato al 15° Bersaglieri e inviato in zona di combattimento dove però fu fatto prigioniero, “ e soffrì la prigionia sperando di poter tornare a difendere la patria”. Tornato a casa dopo l’armistizio “non rimase inerte”, era ancora lo svelto e ardito ufficiale dei bersaglieri quando il fascismo cominciò ad albeggiare in Italia contro l’intransigente demagogia rossa”(…) “ a Borgo fondò la sezione combattenti e poi il Fascio e varie volte il santo manganello fu adoprato per domare ogni sorta di soprusi che la piccola repubblica bolscevica locale ed invadente, compieva con i suoi baronetti in paese”.

Anche il segretario del Fascio locale Emanuele Ciarpaglini venne fatto prigioniero durante la prima guerra mondiale e “ dovette subire inenarrabili sofferenze”, dimostrò competenza nel dirigere i servizi interni del comune durante la Marcia su Roma e viene quindi indicato come assessore.

Altro personaggio di spicco era il ragioniere Ferdinando Tesi che aveva partecipato a Vittorio Veneto e all’occupazione di Fiume e partecipò “ alla repressione dei moti rivoluzionari di Trieste e nell’Istria e in particolare nel quartiere San Giacomo a Trieste nel settembre del 1920 e durante la Marcia su Roma comandò la centuria “ sette gatti”. Gran parte di questi personaggi erano accomunati dall’appartenenza alla milizia e dal passato squadrista. Sui 30 in lista a Borgo quelli non contrassegnati come fascisti erano solo 9 fra cui l’industriale Chino Chini, che entrerà a far parte della giunta insieme al luchese avv. Barchielli, al Tesi e al Donati Cesare ( il Chini già nel mese di agosto si dimetterà per un’aggressione subita dal ten. mutilato Vittorio Mascherini, dimissioni che verranno ritirate dopo insistiti inviti da parte del Messaggero del Mugello ma poi ripresentate nel 1924).
Nella lista di Vicchio i “non fascisti” erano solo 7 e il candidato indicato come futuro sindaco era lo squadrista Marino Marchetti, 27 anni fondatore del fascio a Vicchio e segretario politico. Marchetti era ufficiale della Milizia Nazionale ed esperto in materie agrarie e perito giudicale. Anche Marchetti fu giovanissimo arruolato come soldato semplice di artiglieria ottenendo poi il grado di sergente. Dopo Caporetto fu fatto prigioniero e internato in un campo in Germania dove fu presidente del Comitato Italiano di Soccorso per tutelare i diritti dei prigionieri italiani. Insignito della croce di guerra.

A Firenzuola il candidato sindaco era l’avvocato Demetrio Carli, nobile di antica famiglia firenzuolina (con antenati che avevano combattuto nella 1° guerra d’indipendenza), interventista e ufficiale di cavalleria.

 

Nel comune di Scarperia rispetto a quanto avvenuto negli altri comuni, dove il candidato sindaco indicato dal fascio risulta sempre il più votato, il ten. Lorenzo Baroni, segretario del fascio, viene superato dal liberale Nicola Torelli avvocato che non entrerà neppure nella giunta. Il consiglio eleggerà infatti come sindaco il Baroni con assessori il prof. Antonio Giovannini firma autorevole del Messaggero del Mugello passato definitivamente con le camicie nere, e il nobile cattolico integralista De Bianchi-Sassoli eletto a S. Agata.

Il Baroni era un giovane di 26 anni tra i primi in Toscana ad aderire al fascismo e “ di tutto fece per il fascismo nonostante fosse ufficiale in servizio”. Nell’estate del 1921 era stato arrestato con l’accusa di tentato omicidio insieme ad un altro fascista scarperiese tale Cammelli , “ una pagina gloriosa per lui che aveva solo eseguito una giusta rappresaglia” scrive l’Appennino Toscano.

Il prof. Giovannini si dimetterà da assessore dopo pochi mesi per dissenso con l’operato del sindaco che quando era segretario del Fascio aveva fatto costruire un “palcoscenico posticcio” ma in muratura dentro l’atrio del Palazzo dei Vicari. Un vero scempio che il Giovannini, nominato ispettore onorario ai monumenti, aveva chiesto alla Soprintendenza di far rimuovere ma il Baroni diventato sindaco vi si oppose( della serie me ne frego!).

Un altro ex militare diventa sindaco di Vaglia, si tratta di Eugenio Pozzolini decorato medaglia d’argento e ferito al fronte e insignito della croce di guerra, fascista fina dai primi del 1921, fondò il fascio di Vaglia e ne divenne il segretario politico.

A San Piero a Sieve le elezioni si tengono il 25 marzo e sull’Appennino Toscano del 18 viene indicato come futuro sindaco Luigi Ubaldo Rossi, residente a Firenze, che non ottiene però consensi al voto del listone dove il segretario del fascio dott. Riccardo Tonerini, ex combattente, ottiene il maggior numero di voti e nella prima seduta del consiglio sarà eletto sindaco. Il Rossi verrà invece nominato assessore insieme a Luigi Taiuti, Ezio Pancani e Mario Cresci.
Prima delle elezioni a San Piero il settimanale fascista non aveva mancato di mandare un avvertimento al pievano che invitava a disertare le urne, “non si è voluto convincere come la politica non è cosa sua, e seguita a fare il pettegolezzo di sagrestia”.

L’elezione di Tonerini venne comunque avversata da una parte dei fascisti locali tanto che nel maggio il settimanale l’Appennino Toscano prende le sue difese “ contro certi patrioti che gli hanno decretato ostracismo”, entrati nelle fila del partito “ per bassi calcoli opportunistici”. “Non è generoso assecondare desideri di persone verso le quali il Tonerini non fu troppo prodigo di genuflessioni e salamelecchi” e il giornale parla addirittura di una possibile adunata “ di veri fascisti per dare ai falsi una meritata lezione” poi non attuata per disciplina. Che vi fossero litigi all’interno dello stesso partito fascista è dimostrato dalle numerose espulsioni per indegnità morale e “poca fede fascista”, ben 26 a Borgo nello stesso mese di maggio e altri a San Piero nel mese di luglio. Nei primi mesi del 1924 si creerà addirittura un Fascio Autonomo del Mugello, dopo un duro confronto in seguito alle elezioni del Consiglio provinciale dei Fasci di dicembre 1923, che rientrerà nel Pnf dopo solo venti giorni. Del Fascio Autonomo facevano parte Vicchio, Vaglia, San Piero e Scarperia.

 

Nel comune di Barberino nel listone di fascisti e nazionalisti spiccava il nome del Cap. Francesco Baldi esponente di primo piano del fascismo a cui aveva aderito fin dalla fondazione, “ quando essere fascisti significava interrompere le tradizioni delle vecchie cricche politiche imperanti da oltre mezzo secolo in Italia (…) esporsi agli agguati della follia bolscevica, in poche parole far dono delle propria esistenza alla Patria”.

Baldi lo si può considerare un leader dello squadrismo mugellano strettamente collegato l’ala più violenta del fascismo fiorentino.
Francesco Baldi nasce a Barberino di Mugello nel 1883, da una «cospicua e patriottica 
famiglia» di agrari, tra le più ricche della zona. Nel 1907 svolge il servizio di leva come sottotenente di complemento nella cavalleria; allo scoppio della prima guerra mondiale è richiamato in servizio, con il grado di tenente, «e prese parte a tutta la campagna con reparti di prima linea quale Ufficiale di collegamento fra il Comando Supremo ed il 18° Corpo d’Armata», distinguendosi per coraggio, tanto da venir nominato capitano e ricevere una croce di guerra; nell’agosto 1917 viene ferito in combattimento. «Non si occupò mai di politica» fino all’agosto del 1919 quando si iscrive all’Associazione nazionale combattenti: da allora rimane «all’avanguardia delle lotte sostenute dai combattenti monarchici contro il sovversivismo». Nel novembre 1920 si iscrive al Fascio di combattimento di Firenze, nel quale milita anche come squadrista, partecipando a molte spedizioni e alle «più aspre battaglie contro i comunisti».

Nel gennaio 1921, durante la scissione interna al Fascio fiorentino, milita tra le file del Fascio autonomo Gabriele D’Annunzio”, assieme a Bruno Frullini, Amerigo Dùmini, Manfredo Chiostri, Onorio Onori, Umberto Banchelli e altri 300 fascisti. (Millan)
Baldi sarà segretario del fascio di Barberino fin dal marzo 1921. Nonostante l’immagine di signorilità e rettitudine che di lui si è voluto dare ( in un certo senso avallata anche dal Cantagalli),”dietro l’immagine del fascista moderato e apprezzato, si nasconde quella dello squadrista navigato, come testimoniato dalle sua fedina penale. Il 15 dicembre 1922 viene assolto dal reato di lesioni per insufficienza di prove; nel gennaio 1923 l’amnistia Oviglio lo assolve dal reato di violenza e, nel febbraio 1923, « dai reati di duplice mancati omicidi, di violenza privata e l
esioni». Una successiva relazione dei carabinieri specifica che si tratta di “crimini rivoluzionari”: «tali reati furono imputati al Console Baldi in quel triste periodo nel quale, nel Mugello, più aspre e spesso sanguinose furono le lotte che il Fascismo dové sostenere, lotte alle quali egli partecipò con fede, tenacia ed intrepidezza»”(idem).

Nel 1923, Baldi consegna allo squadrista fiorentino Frullini , più volte intervenuto in suo soccorso con rappresaglie anche a Barberino, una medaglia e un attestato di riconoscenza per l’aiuto ricevuto: «Francesco Baldi / agli amici che nei fatidici anni / 1920-21 / scorrendo il Mugello selvoso, non / conobbero che galera o morte / offre / nel nome santo d’Italia / eternando i gloriosi caduti». È un riconoscimento esplicito che la violenza squadrista sta a fondamento della future strategie d’azione di Baldi: la sua possibilità di fare politica, di preservare le proprie proprietà, di consolidare e rafforzare il proprio potere, sono rese possibili esclusivamente dall’aiuto prestatogli dagli uomini delle squadre fiorentine.(Millan)La sua carriera si fonda in piena regola sulla pratica della violenza squadrista, tanto da farne uno dei membri della triarchia (assieme a Onori e Tamburini) che guida l’ala militare del fascismo fiorentino.

Nella giunta presieduta da Baldi figurano il possidente Bianchini Averardo, il commerciante Mucci Adolfo, l’impiegato Lotti Adolfo e Pietro Cioni agente di beni.

In tutti i comuni le elezioni si svolsero in un clima di intimidazione e violenza come dimostrano anche le “minacce” per coloro che non si fossero recati alle urne. Anche se la stampa locale non riporta notizie di particolari incidenti ci sono alcuni esempi significativi come a Ronta dove “un sovversivo fu bastonato perché sorpreso a stracciare manifesti elettorali e un contadino, organizzatore di leghe bianche, dovè ingerire un po’ d’olio per avere troppo tardato a compiere il suo dovere elettorale” e si sottolineava come a Borgo “votarono l’ex sindaco, vari assessori e parecchi popolari”. L’uso dell’olio di ricino contro avversari politici era considerato ormai una pratica “normale” da parte degli squadristi e come tale veniva riportata anche nelle cronache locali.

Come ricorda Matteo Millan la “legalizzazione dell’illegalismo”, per parafrasare Roberto Farinacci, iniziata già all’indomani della Marcia su Roma, di cui sono un esempio le violenze squadristiche e l’imposizione delle dimissioni delle amministrazioni comunali, è il primo passo nella costruzione della dittatura e del regime totalitario.

La conquista dei comuni significava per il fascismo la definitiva espulsione di coloro che venivano considerati “nemici della patria”, in particolare socialisti e popolari che consideravano la guerra “un’inutile strage”.

Ma c’è anche chi ammanta questa occupazione di un’aura quasi mistica come Bernardino Filippi sul Messaggero del 1 aprile del 1923 in un fondo intitolato “Dal comune al Municipio”.
“ricondurre il concetto di Comune a quello romano di Municipium – scrive Filippi – cioè organismo formato da tutti i cittadini di una stessa terra ad immagine dello Stato sopra tutto come allevatore di buoni cittadini disciplinati e come primo custode del pubblico interesse mantenendo viva la fiamma dell’amor patrio. Gli enti locali subiscono per virtù del fascismo questa trasformazione(…) questo il compito a cui sono stati chiamati i giovani fascisti(…) e tutti nostri martiri risorgono da vero per ammirare la sostituzione al comune di marca francese del Municipium”. Dal sindaco al Podestà il percorso sembra già tracciato.

Il 1923 nel mese di ottobre segna anche la nomina del mugellano Francesco Giunta a segretario nazionale del Partito Nazionale Fascista. Sui giornali locali viene definito “il prototipo generoso e valoroso dello squadrista diventato uomo politico senza per questo dimenticare le sue origini(…) Egli fu il primo grande squadrista nel fascismo e lo squadrismo esercitò in funzione rigidamente, inflessibilmente nazionale riconducendo in pochi mesi quelle province (Trieste e le altre) alla più salda fedeltà italiana.(…) nel 1920 Giunta aveva guidato le prime azioni squadristiche a Trieste che furono di esempio a livello nazionale “ distrugge il Balkan, covo della croataglia malnata, incendia le sedi riunite, rocca del comunismo antinazionale, abbatte il Lavoratore(giornale triestino) presidio del sovversivismo criminale, ora Trieste è veramente redenta”.
Giunta fu indagato anche per l’omicidio di Giacomo Matteotti.

Leonardo Romagnoli
19.2.23

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