L’inchiesta a puntate

L’inchiesta a puntate

 

 

“Bufera su Alia “Frode sui rifiuti”, gli indagati sono 33” questo il titolo cubitale di Repubblica – Firenze sulla “nuova “ indagine della procura di Firenze che qualche gruppo politico, senza nemmeno leggere gli articoli, ha pensato bene di cavalcare come un nuovo scandalo della politica toscana.

A volte mi chiedo se sono io troppo pignolo, troppo garantista o alieno al sensazionalismo o se c’è qualcosa che non funziona come dovrebbe nel sistema giudiziario e nel modo di comunicare le vicende legate alle indagini.

Di cosa si tratta lo spiega un comunicato del comando provinciale dei Carabinieri:

L’operazione scaturisce da un’indagine avviata nel 2016 che ha consentito di rilevare una serie di illeciti ambientali posti in essere dalla citata società di gestione ( Alia è subentrata nel 2017 ai 4 gestori tra cui Quadrifoglio e Publiambiente ndr), con grave nocumento per salute pubblica e ambiente.

In particolare, dalle indagini compiute è risultato che la società a maggioranza di capitale pubblico avrebbe:

gestito illegalmente ingenti quantitativi di rifiuti speciali non pericolosi costituiti da ammendante comportato misto, prodotto presso l’impianto TMB, disperdendolo nell’ambiente con modalità non conformi a quelle previste dall’autorizzazione;
• smaltito illecitamente varie tipologie di rifiuti speciali non pericolosi presso la discarica di Case Passerini;
•scaricato sistematicamente sul suolo rilevanti quantità di percolato, prodotto presso l’ex discarica di Bosco ai Ronchi (
comune di Scarperia e san Piero attiva dal 1966 al 1971), all’interno di alcuni laghetti non impermeabilizzati;
• conferito presso vari impianti di ingenti quantitativi di rifiuti speciali non pericolosi prodotti presso l’impianto di Faltona, utilizzando codici di classificazione (CER) non corretti al solo fine di conseguire un ingiusto profitto indiretto rappresentato dal risparmio sui costi di gestione che altrimenti dovevano essere affrontati.

L’attività rappresenta il prosieguo dell’operazione condotta dagli stessi reparti nel dicembre 2017, con il sequestro di un impianto di trattamento rifiuti e 570 tonnellate di rifiuti speciali non pericolosi.

La prima cosa che mi è balzata agli occhi è la data di inizio delle indagini, il 2016 con operazioni condotte anche nel 2017. Perché ci sono voluti 4/5 anni per chiedere delle misure cautelari (solo parzialmente accolte) o sequestrare un’area a San Donnino? Evidentemente si tratta di situazioni ambientali di nessuna pericolosità altrimenti si sarebbe intervenuti prima. La Procura fiorentina aveva chiesto addirittura più severe misure cautelari per alcuni indagati che il Gip ha respinto “ per mancanza di esigenze cautelari attuali e concrete”. Questa notizia è riportata dalla Nazione che ha trattato la questione con maggiore attenzione e meno enfasi probabilmente perché sono andati a riguardare l’archivio. Alcune di queste persone non ricoprono più nessun ruolo in Alia da alcuni anni.

La seconda cosa riguarda lo smaltimento di rifiuti non pericolosi ( definizione tecnicamente corretta ma fuorviante perché si sta parlando di compost non conforme alla normativa) nella discarica di Case Passerini. Questa discarica è chiusa da alcuni anni ed invece in funzione un impianto di compostaggio.

Il terzo rilievo è la discarica di Bosco ai Ronchi che si trova nel territorio dell’ex comune di San Piero a Sieve utilizzata da Firenze dal 1966 al 1971. Ovvero sono passati 50 anni quando la post gestione dovrebbe durarne 30.

Infine il quarto punto sono i rifiuti speciali non pericolosi prodotti dall’ impianto di Faltona nel comune di Borgo san Lorenzo. Faltona produce solo compost attraverso il trattamento della parte organica dei rifiuti urbani con l’aggiunta di verde e potature. In alcuni casi ci può essere una presenza di residui di plastica e metalli che ne dovrebbero sconsigliare l’uso in agricoltura e l’utilizzo per la copertura in discarica.

Vi era la presenza di una quantità di materiali plastici, vetro e metalli (frazione di diametro ≥2 mm) superiore a quella consentita dalla normativa vigente determinando pertanto la classificazione dello stesso materiale come rifiuto speciale non pericoloso “compost fuori specifica” identificabile con il CER 190503 anziché ammendante compostato misto (compost). Il mancato conferimento in discarica dei citati rifiuti ha consentito alla società ALIA SpA di conseguire un ingiusto profitto, consistente nel risparmio di spesa al momento quantificato in oltre 66.000 €. (comunicato della procura del 2017) . Faccio notare che Alia ha un fatturato di 340 milioni di euro.

 

 

Come si capisce si tratta di tutte contestazioni già fatte nel 2017/18 e come si può appurare facendo una banale ricerca su internet.(QUI il comunicato del 2017)
Sulla discarica di Bosco ai Ronchi già allora Alia aveva replicato alla Procura:
Per quanto riguarda quelli che sono stati definiti “laghetti” della discarica di “Bosco ai Ronchi”, “Si tratta di apposite vasche di contenimento del percolato, ovvero bacini dove il percolato viene stoccato prima dello scarico nella pubblica fognatura. Il sistema di stoccaggio del percolato si compone complessivamente di 6 bacini: due dei quali, per caratteristiche ed utilizzo, impermeabilizzati. Dal 37° anno di post gestione della discarica è anche autorizzata l’immissione diretta del percolato nel sistema di pubblica fognatura, senza cioè il ricorso al sistema esclusivo di stoccaggio, e successivamente allontanato mediante autobotti verso impianti esterni. L’ultimo conferimento di rifiuti nel sito di Bosco ai Ronchi è avvenuto il 30/09/1971. La discarica è pertanto è chiusa da 47(oggi 50) anni. Secondo la normativa europea dopo 30 anni di post gestione non si parlerebbe nemmeno più di discarica”.

Se c’è un’accusa che si può fare riguarda comunque l’impegno che era stato preso nel 2013 di portare avanti comunque un progetto di bonifica come stabilito dalla Conferenza dei servizi del 6 dicembre 2012. Cosa che non mi risulta sia avvenuta.

Per il resto niente di nuovo sul fronte occidentale ,anche se resta difficile da capire la volontà di chiedere misure cautelari per persone che in alcuni casi non operano più nel settore dei rifiuti da alcuni anni creando un certo allarmismo ambientale per la “ gestione di rifiuti speciali non pericolosi costituiti da ammendante compostato misto” non sempre giustificato.

Leonardo Romagnoli

28.5.21

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