Gli altri siamo noi

GLI ALTRI SIAMO NOI

A molti, individui o popoli, può accadere di ritenere, più o meno consapevolmente, che «ogni straniero è nemico». Per lo più questa convinzione giace in fondo agli animi come una infezione latente; si manifesta solo in atti saltuari e incoordinati, e non sta all’origine di un sistema di pensiero. Ma quando questo avviene, quando il dogma inespresso diventa premessa maggiore di un sillogismo, allora, al termine della catena, sta il Lager.”
Primo Levi (introduzione a Se questo è un uomo)

Recentemente leggendo delle questioni legate alla presenza di profughi e migranti sul territorio sono rimasto allibito di fronte al richiamo che veniva fatto ad un accordo stipulato con la prefettura che avrebbe stabilito un rapporto preciso tra residenti/abitanti e profughi/migranti : 2,5 ogni mille abitanti. Se fosse rispettato questo parametro il Mugello potrebbe ospitare 163 profughi, in realtà ce ne sono molti più. Quale modo distorto di ragionare può arrivare a considerare e quindi trattare delle persone come se fossero sostanze tossiche o un inquinante? La tale sostanza non può superare una certa soglia nell’acqua , nell’aria nel cibo altrimenti è pericolosa per la salute. Come ha scritto una giornalista inglese “ anche il linguaggio usato per descrivere gli eritrei, etiopici, afghani e sudanesi che vorrebbero entrare in Europa è nel migliore dei casi meccanico e nel peggiore disumanizzante.(…) Scusate , ma stiamo parlando di persone reali, che hanno un cuore, una famiglia e, se mai l’avessimo dimenticato, anche dei diritti umani”. Oltre a questo non è detto che una realtà con pochi abitanti non sia adeguata ad ospitare persone in cerca di nuove opportunità. Quello che è avvenuto in alcuni piccoli paesi della Calabria potrebbe essere utile anche per realtà in difficoltà demografica  nella nostra regione o nel nostro territorio (per non parlare di piccoli stati come il Libano che ospitano quasi 200 profughi ogni mille abitanti).

Chi crede di trarre qualche vantaggio politico cavalcando il disagio o peggio la paura sta guardando indietro e non al proprio futuro. Ci sono migrazioni che non si fermeranno solo perché qualcuno pensa di alzare muri o recintare la propria terra con il filo spinato. Continueranno finché non saranno cambiate la cause che spingono gli esseri umani a fuggire per cercare di migliorare le proprie condizioni di vita o anche solo per garantirsi una sopravvivenza di fronte a guerre, persecuzioni, disastri ambientali e catastrofi climatiche. “ Sono stati gli “altri”, presentandosi in massa alla nostra porta di casa, a costringerci a guardare in faccia alcuni aspetti della reale condizione del mondo che ci erano rimasti comodamente e confortevolmente invisibili”(Bauman). Cosa abbiamo fatto per migliorare questa situazione? Nulla o quasi. Anzi abbiamo destabilizzato interi paesi portando guerra e distruzione senza avere una prospettiva per il futuro di queste popolazioni. La cosa curiosa è che con alcuni di questi presunti “stati” ci facciamo accordi per contenere i flussi migratori come è stato recentemente con la Libia di Sarraj, un paese controllato da bande paramilitari dove i migranti che non si piegano a soprusi e violenze vengono bruciati per strada. Anche i soldi che vengono indirizzati verso alcuni paesi africani non sono utilizzati per risolvere i problemi della popolazione ma per costruire “campi” per controllare gli eventuali migranti che vorrebbero raggiungere l’Europa.”Come si vede i “paesi d’origine” sono sicuramente contemplati dagli sforzi europei per rafforzare le frontiere e arginare le migrazioni; ma i richiami alle “cause di fondo” del problema sono pochi, sporadici e confinati ad un ruolo secondario”(Idem).

Eppure qualcosa di diverso si potrebbe fare, come racconta Fabrizio Gatti sull’Espresso parlando di un progetto dell’università di Torino e dell’ong Terre Solidali che con 25 mila euro di microcredito a favore di iniziative imprenditoriali delle donne in Niger, paese chiave nel traffico dei migranti, erano riusciti a dare lavoro a 20 famiglie africane pari a 144 persone che non avrebbero più avuto bisogno di emigrare. “Giusto per fare un calcolo a spanne – scrive Gatti- prendiamo la supertangente da un miliardo e 28 milioni di euro(1.092 milioni di dollari) incassata da politici e faccendieri della confinante Nigeria, di cui è accusata l’Eni per il giacimento di petrolio Opl245. Con un impiego legale e giusto, i soldi di Eni avrebbero potuto creare 822.400 posti di lavoro nella regione”. Se la grande impresa petrolifera italiana si comporta così i francesi fanno anche di peggio proprio in Niger, paese potenzialmente ricco in quanto esportare di uranio, ma il minerale viene quasi tutto prelevato dalla Francia in base ad un accordo militare del 1961 e come si rileva dal bilancio 2015 della società di stato AREVA questa è esentata dal pagamento di qualunque forma di imposte per le attività estrattive, e con questo uranio la Francia produce un terzo della sua elettricità. “un terzo delle città francesi, delle industrie, degli ospedali e dell’energia che Parigi vende all’estero è praticamente alimentato dallo stato africano. Senza incassare imposte , però, il Niger non ha risorse per investire in infrastrutture e solo il 3% dei nigerini hanno accesso all’elettricità”. C’è stato chi ha provato a cambiare le cose come il presidente Tandja eletto nel 2006, democraticamente, ma guarda caso nel nord del Niger si è verificata una rivolta armata dei Tuareg sostenuta dalla Libia di Gheddafi e dalla Francia e nel 2010 un colpo di stato ha definitivamente tolto di mezzo Tandja e la speranza di cambiamento. “Il colonianismo ha solo cambiato faccia. L ‘emigrazione di massa ne è il risultato”(Gatti).

Tutto questo ha anche un risvolto interno al nostro e agli altri paesi europei che serve ad alimentare il “panico da migrazione” da cui si pensa di trarre vantaggio in termini di potere politico e che trova ascolto proprio in quella parte di popolazione più colpita dall’insicurezza e dalla precarizzazione che stanno caratterizzando la nostra epoca. In altri tempi di sarebbe parlato di lumpen proletariat che trova negli “ultimi” arrivati la causa dei propri mali. Per “salvare ciò che resta della propria dignità e autostima, le vittime devono riuscire a capire dove sono, chi sono e come si chiamano i loro carnefici; e i carnefici devono avere volti riconoscibili: reperibili, identificabili e con tanto di nome. I migranti , e in particolare quelli appena arrivati, soddisfano molto bene tutte queste condizioni. Un nome (almeno generico ) ce l’hanno: in giro è pieno di politici e giornalisti che fanno a gara per conquistare gli spiriti e i pensieri, e non si fanno certo pregare per dar loro un nome e dirci premurosamente dove andarli a cercare. Il risultato è facile e garantito(addirittura evidente), come fare due più due: il nostro lavoro non era mai stato tanto precario, il nostro benessere tanto fugace, finché per le strade non sono comparsi loro – e ora che ci sono, e stanno arrivando, quella precarietà e fugacità la conosciamo fin troppo bene. Il meccanismo per scegliere i soggetti cui imputare la nostra vittimizzazione appare perfetto e infallibile”(Bauman):
In uno dei saggi del suo libro Baumann riporta la favola di Esopo delle lepri e delle ranocchie. Le lepri  scappano prese dal panico per una mandria di cavalli e decidono di gettarsi in uno stagno ma un gruppo di rane appena le vede arrivare si getta in acqua, al che una delle lepri commentò “in fondo le cose non vanno poi così male”. La soddisfazione della lepre nasce dalla rivelazione che c’è qualcuno che se la passa peggio di lei. “La nostra società di animali umani è piena di lepri “perseguitate dagli altri animali” che si trovano in una situazione simile a quella delle lepri di Esopo: e negli ultimi decenni il loro numero ha continuato a crescere in modo apparentemente inarrestabile. Queste lepri vivono nella miseria, nell’umiliazione e nell’ignominia, in una società che , pur potendo vantare agi e opulenza senza precedenti, è fermamente decisa ad emaginarle;(…) senza speranza di rendenzione o fuga. Per gli esclusi che sospettano ormai di essere relegati tra gli ultimi, scoprire che sotto di loro c’è qualcun altro è una sorta di evento salvifico, che restituisce loro dignità umana “ e la massa dei migranti senza diritti crea questa situazione. “Tutto ciò sicuramente aiuta a capire come mai la recente immigrazione di massa coincida con le nuove fortune della xenofobia, del razzismo e del nazionalismo nella sua variante sciovinista e con i successi elettorali, sorprendenti e senza precedenti, di partiti e movimenti xenofobi, razzisti e sciovinisti guidati da leader che agitano fanaticamente la bandiera dell’interesse nazionale”.

Ma ormai anche l’indifferenza di molti si sta trasformando in astio sociale alimentato da una disinformazione sempre difficile da arginare , “approfittare dell’ansia provocata dall’afflusso di stranieri è una tentazione cui sanno resistere ben pochi dei politici in carica o aspiranti tali”. I questo modo si accumula solo dinamite per future deflagrazioni mentre abbiamo tutte le risorse per governare un problema che può diventare una risorsa per il futuro:”una politica basata sulla reciproca separazione e sul mantenimento delle distanze, sulla costruzione di muri anziché di ponti, sulla creazione di “casse di risonanza”insonorizzate e ad alto isolamento anziché di “telefono rossi” che consentano una comunicazione diretta e priva di distorsioni – una politica, insomma , che se ne lava le mani, e che risponde con indifferenza mascherata da tolleranza – non porta da nessuna parte se non nel deserto della sfiducia, estraniazione e esasperazione reciproca(…) la sola via d’uscita dai disagi di oggi e dalle disgrazie di domani passa per il rifiuto delle insidiose tentazioni di separazione; anziché voltarsi dall’altra parte davanti alla realtà delle sfide di oggi – che si condensano nel concetto “un solo pianeta , una sola umanità” – , anziché lavarsi le mani e alzare barriere contro le irritanti differenze e dissomiglianze e le estraniazioni autoimposte, dobbiamo andare in cerca di occasioni di incontro ravvicinato e di contatto sempre più approfondito, sperando di arrivare in tal modo a una fusione di orizzonti anziché a una loro fissione indotta e artefatta ma sempre più esasperata”. Questo il messaggio che ci ha lasciato nel suo ultimo libro “Stranieri alle porte “ il sociologo Zygmunt Bauman e che dovrebbe seguire ogni seria politica per governare i flussi migratori. E’ una questione che ci riguarda tutti, “i care” avrebbe detto don Milani ai suoi ragazzi. Di questioni demografiche ci siamo già occupati in passato ma per concludere può essere utile il breve riassunto fatto da Gigi Riva dell’Espresso: “Nel nostro paese risiedono circa 5 milioni di stranieri di cui un milione e mezzo arrivano da altri paesi europei e 3,5 sono extracomunitari (in calo rispetto al 2015).  All’ingrosso un milione sono bambini e due e mezzo lavorano e versano oltre 10 miliardi contributi previdenziali, utili all’Inps per le sue anemiche casse e dunque a pagare la pensione a 620 mila italiani(fonte . Fondazione Leone Moressa). Degli stranieri solo uno su cento ha più di 75 anni mentre tra gli italiani uno su 10. (…) Gli impresari politici della paura preferiscono però alzare il livello dell’allarme sociale percepito, quello che orienta il voto degli elettori. Dove trova cittadinanza la roboante parola “invasione”. Naturalmente falsa. Ci sarebbe un modo per depotenziarla che chiama in causa una ora assente solidarietà europea. Dei 361.000 arrivi,  173.000 sono stati registrati in Grecia e 181.000 in Italia. E’ vero che il nostro è soprattutto un paese di transito verso il centro e il nord del continente, ma le immagini degli sbarchi lungo le coste del sud fanno audience e ci si ferma alle impressioni. Tantopiù se gli Stati europei, spaventati dalla crescita dei movimenti populisti, cercano di blindare le frontiere e di scaricarci il problema. Se cominciassimo per davvero a pensare all’Europa come uno spazio comune, se ragionassimo in termini comunitari per le persone e non solo per la moneta, persino il milione di ingressi dell’anno, record 2015,  rappresenterebbero lo 0,2% dei 510 milioni di abitanti totali. Un po’ ridicolo chiamarla invasione”(G.Riva) Come sempre abbiamo bisogno di più solidarietà e di più Europa per un’accoglienza dignitosa e soprattutto per affrontare le cause che provocano tanti flussi migratori, “l’opportunismo dell’Europa ha forti responsabilità sulla destabilizzazione dell’africa di oggi, che ha portato all’esplosione dei migranti”- ha detto lo scrittore nigeriano Soyinka, “bisogna usare l’empatia, mettersi nei panni degli altri e tocca ai politici ricordare che conta anche l’essere umano”. Gli altri siamo noi.

LR

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