L’Art Déco e i Chini

L’Art Déco e i Chini

Si è chiusa in questi giorni una mostra meravigliosa in cui l’arte dei Chini, e quindi il Mugello, occupavano sicuramente un posto di rilievo. Sto parlando di “ART DECO, gli anni ruggenti in Italia”, che è stata allestita ai Musei San Domenico di Forlì da un Comitato scientifico presieduto da Antonio Paolucci e curata da Valerio Terraroli e finanziata dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Forlì e dal comune. La mostra è un viaggio nell’arte italiana degli anni 20/30 e segnatamente “ di quel particolare gusto definito “Stile 1925”, dall’anno della nota Esposizione Universale di Parigi dedicata alle Arts Décoratifs, che ne sancì morfologie e modelli e da cui trasse il nome”(presentazione del catalogo di Roberto Pinza). All’interno dell’esposizione non si potevano ammirare solo quadri o sculture ma una vasta produzione di ceramiche, manifesti e arredi a dimostrazione di un incontro fecondo tra arte e artigianto di elevata qualità, ma anche di oggetti destinati ad una produzione industriale.
In questa cornice i Chini, in questo caso Galileo e Tito, rivestono un ruolo di primaria importanza e proprio all’esposizione parigina del 1925 Galileo e le Fornaci San Lorenzo ottengono due Gran Prix,”uno assegnato a Galileo Chini per la Classe 1°, un altro alle Fornaci San Lorenzo per la Classe 5°” e uno dei protagonisti di quegli anni, Gio Ponti scrisse :”Chini affermava la bontà dei nostri brès e la sua versatilità; si è prodigato con vasi, fregi rivestimenti, pavimenti, offrendo imprudentemente questi pavimenti all’usura del passaggio di una massa enorme di visitatori”. Di quella esperienza nella mostra forlivese si poteva ammirare un grande pannello con foresta e volatili di grande raffinatezza. Ma il rilievo di Galileo nella mostra era evidente anche dalla collocazione dello studio preparatorio per la decorazione dello scalone delle Terme Berzieri a Salsomaggiore situato nella scala di passaggio tra il piano terra e il primo piano (3,80×3,45) con alla base due fioriere sempre pensate per l’arredo delle stesse terme.. Di Galileo Chini si potevano anche ammirare la Primavera, pannello formato da diverse maioliche, la Danzatrice, un olio su tela di quasi 2 metri, realizzati dopo il soggiorno in Siam, e diversi bozzetti per la Turandot richiesti dallo stesso Puccini. Non ultimo il bel “Nudo di schiena” considerato tra le composizioni più significative dell’artista dei primi anni 30.

Nella mostra forlivese erano esposte solo poche opere di Tito Chini ma la sua figura trova invece ampio spazio nel saggio inserito nel catalogo dal titolo “Architettura e Art Déco in Italia, immagini di modernità” di Ulisse Tramonti, in particolare nel capitolo dedicato al Dèco in Romagna. Tito Chini era succeduto a Galileo nella direzione artistica della Manifattura nel 1925. “Galileo era il più celebrato dei Chini, anche se era Chino, padre di Tito, a rendere possibile con grande competenza le sue richieste artistiche, a ricercare e perfezionare quelle tecniche del “lustri a granfuoco” che rendevano alle ceramiche borghigiane le raffinate opalescenze del “clair de lune” di Gallé o le iridescenze preziose del “favrile glass” di Tiffany”. Per Tito, scrive Tramonti, oltre all’apprendistato con Galileo, “fu fondamentale anche il soggiorno a Parigi nel 1925, in occasione dell’Exposition des Arts Decoratifs e Industriels, dove riuscì a maturare un suo inconfondibile stile, affrancandosi dai tardi fascinosi influssi del Liberty, e dove ottenne la medaglia d’oro per la decorazione del Padiglione Italiano” e dove conobbe nuovi artisti e nuove tecniche e “ mise a punto un aspetto che sarà da quel momento, e soprattutto a Castrocaro, essenziale : il connubio perfetto fra la struttura archiettonica e l’apparato decorativo”. Considerazione che si può sicuramente estendere anche al palazzo comunale di Borgo San Lorenzo realizzato nel 1931. “L’architetto Chini” così chiamavano Tito nel cantiere delle terme di Castrocaro a dimostrazione della sua straordinaria competenza. “Il Compendio termale comprensivo del Padiglione delle Feste, dello Stabilimento per le cure e l’incompiuto Gran Hotel rappresenta l’opera più significativa dell’attività artistica di Tito Chini, esemplare per la sua capacità di trasformare semplici schemi o spesso solo idee in elaborati progetti e ancor più per aver saputo ottenere , oltre al sapiente e concatenato rapporto di volumi, la perfetta fusione fra architettura e decorazione”(idem). Non a caso il depliant della mostra segnala come eventi collegati alla grande esposizione forlivese la mostra “Le magiche atmosfere Dèco” a Castrocaro presso il padiglione delle Feste che è aperta fino al 2 luglio (info 335 619 99 73) dove appunto operò Tito Chini di cui erano esposti a Forlì il “Fondale Marino “, dalle Terme di Castrocaro, e due studi per i pannelli de “ Le carte dei Tarocchi” e “la mietitura” poi realizzati alle terme romagnole.

Oltre a questo si poteva ammirare anche una tempera su legno di grandi dimensioni intitolata “La Foresta”. A parte l’opera proveniente dalle terme tutte le altre dei Chini sono di proprietà privata e la mostra è stata un’occasione unica per poterle ammirare insieme a tanti altri capolavori che hanno reso grande l’arte e l’artigianato artistico italiano del 900.

Quello che mi sono chiesto una volta terminata la visita è perché il Mugello non ha cercato di sfruttare l’eco mediatica dell’evento forlivese per proporre il proprio itinerio Liberty e il Museo della manifattura Chini a Villa Pecori Giraldi come tappe essenziali per la conoscenza storico-artistica di quel periodo del 900 in cui i Chini primeggiavano nell’arte della ceramica e della decorazione.

LR

19.6.17

PS

Alcune delle opere esposte sono di proprietà di Vieri Chini (nipote di Tito) e di  Felice Bifulco.
Fino al 1 ottobre al Museo della Ceramica di Faenza si può visitare la mostra ““Déco. Il gusto di un’epoca”.

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