Valori e diritti. Ius soli e democrazia

Valori e diritti. Ius soli e democrazia

“vedo qui gente che discute all’infinito sulla religione, ma sembra che nello stesso tempo faccia a gara a chi l’osserva di meno. Non soltanto non sono migliori cristiani, ma neanche migliori cittadini ed è questo che mi colpisce, perchè in qualunque religione si viva, l’osservanza delle leggi, l’amore per gliuomini, la pietà verso i genitori, sono sempre i primi atti di religione”(Montesquieu – lettere persiane)

In queste settimane abbiamo assistito al riproporsi con una certa insistenza di certi stereotipi relativi agli stranieri nel nostro paese  e in particolare per quelli di religione islamica dimenticandosi che esiste anche una comunità italiana di religione musulmana, così come esistono italiani di religione ebraica o buddista. Parlando solo degli stranieri , coloro che si dichiarano o pensiamo siano musulmani,  si aggirano intorno ai 2 milioni di cittadini ovvero il 3,2% di questi però quasi  il 25% sono albanesi, la cui religiosità può definirsi blanda.   L’altra comunità abbastanza consistente è quella marocchina con circa il 20% e poi a scalare tutte le altre ( fra cui una delle più numerose è quella indiana). Come si può ben capire si tratta di situazioni molte diverse in cui una generalizzazione non aiuta nella comprensione del fenomeno migratorio. Spesso si ha la sensazione di non sapere di cosa si sta parlando limitandoci a enfatizzare fatti e momenti che riguardano singole persone o singoli gruppi.
In tutta questa discussione mi hanno però colpito negativamente due considerazioni fatte dal ministro dell’interno Minniti sul tema dei valori e una sconcertante analisi del prof.Galli della Loggia sul Corriere della sera sui “Dubbi legittimi sullo ius soli” uscito oggi domenica 24 settembre che non esito a definire un concentrato di banalità venato di razzismo.
Partiamo da Ministro Minniti  che ha rilasciato un intervista alla Nazione dal titolo “gli islamici si adeguino ai nostri valori” e dice ad un certo punto “sono profondamente convinto che il grado di civiltà di un paese si misuri soprattutto attraverso il rapporto uomo-donna e quello tra politica e religione, o se preferisce tra Stato e Chiesa. Ebbene su questi due punti la nostra linea è e sarà una sola : i nostri valori vanno a tutti i costi assimilati” e il giornalista che conduce l’intervista parla di modello assimiliazionista e di modello multiculturale come se fossero due cose diverse. Minniti non è uno scemo e allora si riprende e ricorda che quando ci sono  comportamenti per noi illegittimi si applica la legge. Certo giornalismo provinciale ama vestirsi da combattente dello scontro di civiltà ben sapendo che non dovrà mai combattere nulla , perché non c’è nulla da combattere, ma solo una costituzione e  delle leggi da rispettare e da far rispettare. I valori sono importanti ma non universali come sono invece i diritti. Poi ci sono le leggi. Porto un esempio banale ma per far capire : la vita umana fin dal concepimento è un valore per molte religioni ma lo stato si è dotato di una legge sull’interruzione volontaria della gravidanza. Quindi lo stato rispetterà i valori di chi crede ma garantirà il diritto di chi vorrà avvalersi della legge. La parità uomo – donna invocata da Minniti come esempio di civiltà non era un valore, tanto che le donne non votavano fino all’avvento della Repubblica e anche dopo molte leggi le discriminavano. La parità è stata conquistata con le lotte politiche e sindacali e ancora oggi, ad esempio, le donne sono pagate meno degli uomini. La parità non sta scritta nei valori della civiltà ma è una conquista del diritto moderno e deve essere rispettata.
Questo però non elimina violenze, soprusi e femminicidi ma li rende perseguibili per legge. Ricordo a noi italiani che fino agli anni 60 esisteva nel nostro ordinamento il “delitto d’onore” che ovviamente aveva come vittime soprattutto le donne.
Nello stato laico dove vige (dovrebbe) la separazione tra politica e religione (stato e chiesa) conta il rispetto della costituzione e delle leggi che i cittadini si sono dati attraverso l’operato del parlamento. Leggi, è sempre bene ricordarlo, che non possono a loro volta operare discriminazioni tra cittadini sulla base di appartenenze  etniche, religiose o di sesso.
Per cui da un ministro dell’interno di qualsiasi stato è sempre bene sentire parlare di rispetto di  leggi e diritti più che di valori.

Sconcertante invece ho trovato l’articolo di Ernesto Galli della Loggia  (un altro di quelli che voleva fare la rivoluzione del 68) sul Corriere della Sera sullo Ius soli. Meno male che è il giornale della borghesia illuminata e cosmopolita!  Il professore constata che gli italiani hanno dei dubbi ( strano che solo un anno fa l’80% fosse a favore) dovuti senza dubbio ad aspetti discutibili della legge e non sicuramente, dice lui,   ad una certa xenofobia alimentata da un’informazione distorta.

Già l’inizio è da bocciatura ad un esame di giurisprudenza :” la legge sullo ius soli è pensata – scrive Della Loggia – e scritta in una prospettiva diciamo così astrattamente individualista, indipendente da ogni realtà culturale, è centrata esclusivamente sul candidato alla cittadinanza in quanto singolo”. Non potrebbe essere altrimenti. E prosegue con uno sfondone scrivendo che “d’ora in poi sarà dovuta di diritto a chiunque, compiuto il 18 anno di età, sia nato in Italia da genitori stranieri o vi sia arrivato prima dei 12 anni”. Questo dimostra quanto sia pretestuoso il ragionamento del professore perché la legge è già così. In base ad una legge del 1992 si diventa italiani se uno dei genitori è italiano (anche musulmano) oppure al 18 anno di età se si è vissuto sempre in Italia.
La nuova legge anticipa questa data perché inserisce la possibilità di ottenere la cittadinanza anche se è compiuto con successo un ciclo di studi quinquennale in Italia. Se invece si hanno dai 12 ai 18 anni e si è nati all’estero ci vogliono 6 anni e un ciclo completo di studi.
“La legge insomma – scrive Galli Della Loggia – prescinde del tutto dal contesto culturale familiare o di gruppo in cui il futuro cittadino è cresciuto, e tanto più da qualunque accertamento circa l’influenza che tale contesto può avere avuto su di lui, sui suoi valori personali , sociali e politici”. Gli si deve chiedere anche come voterà prima di dargli la cittadinanza? Ovviamente tutto questo riguarda solo gli immigrati di cultura islamica. Già l’equiparare  cultura e religione è una superficialità che un professore universitario si potrebbe risparmiare ma poi perché non dovrebbe valere per ebrei, induisti, ortodossi, protestanti, testimoni di geova e chi più ne ha più ne metta.?

“I popoli delle democrazie, quelle moderne soprattutto, sono composti di persone che sono straniere tra loro e che, proprio per questo, si danno leggi basate sul principio del rispetto e dell’eguaglianza di considerazione. Si riconoscono in tal modo come non appartenenti a nessun “ceppo” natuale, simil-famigliare (o familistico) — è questa la base universalistica per la quale abbiamo ragione di pensare che le democrazie siano governi buoni; imperfetti per tante ragioni, hanno dalla loro il fatto che ci rendono davvero difficile giustificare le esclusioni, anche quando proviamo a scomodare ragioni etiche o sentimentali. Questa difficoltà è quel che ci salva dall’essere tentati, in casi di crisi economica o di follia nazionalistica, di pensare che escludere sia giusto e buono; che essere parte del demos sia un privilegio che passa per ragioni non decidibili, come il colore della pelle o l’essere nato in una parte specifica di mondo, per caso.” Sono parole di una studiosa seria come Nadia Urbinati che ha ben presente anche la realtà americana
Quello che sconcerta in questa analisi di Galli della Loggia  è l’assoluta ignoranza della tematica che si vuole affrontare, lo ius soli,  e che va invece a dare un risposta proprio a quei giovani e ragazzi che sono perfettamente integrati nel tessuto sociale e scolastico italiano e che non devono sentirsi discriminati e ghettizzati come amerebbe fare il professore  considerandoli quasi come dei succubi di “valori “ incompatibili con l’occidente. E ancora una volta si tira in ballo la parità uomo – donna. “E’ davvero così disdicevole o addirittura reazionario voler essere sicuri che chi acquista la cittadinanza italiana, i nostri concittadini, (…) condividano questi elementi di base della cultura della comunità italiana, senza che ci sia il bisogno che intervengano a ricordarglielo ogni due per tre carabinieri o magistrati? A me sembra di no”. Ma questo esamino lo vogliamo fare a tutti gli italiani? E se i milioni di italiani che sono nati e vivono all’estero decidessero domani di chiedere la cittadinanza gli verrebbero poste le stesse domande? O solo in base al paese di provenienza? Perché tra le perle del professore c’è anche questa , vorrebbe che la legge fosse tarata “ sull’immigrazione proveniente dalle culture più distati da quella italiana”.

Ma lo ius soli riguarda persone e giovani che sono ormai nel nostro paese da molti anni e ne parlano la lingua e spesso i dialetti,  ne condividono e rispettano le leggi e ne frequentano con successo le scuole. Chi propone leggi che antepongono l’appartenenza etnica, religiosa  o culturale al rispetto dei diritti della singola persona sta fuori del contesto liberaldemocratico in cui diciamo di essere orgogliosi di vivere e del quale anche altri, oggi giovanissimi, vorrebbero entrare a far parte. Siamo prossimi alle leggi razziali emanate dal fascismo nel 1938.
” Tra qualche anno, quando saranno adulti, non sarà un bene per nessuno averli trattati come esuli perenni, gente di serie B, romani, bolognesi o napoletani per il fisco e la scuola ma stranieri per tutto il resto.” Sono le parole del sindaco di Nardò in Puglia(centrodestra). Insomma, la legge scommette su una sorta di via italiana all’integrazione – trasformare gli “italiani di fatto” in “italiani di diritto” – accorciando il calvario burocratico di persone che comunque avranno accesso alla cittadinanza ma con le norme attuali ci arriveranno a 20 o 22 anni, dopo essersi sentiti “stranieri in patria” per tutta l’età che forma il carattere e le personalità.” (F.Perina – Linkiesta 4.9.17)
LO stesso direttore di Repubblica  Calabresi qualche settimana fa ha ribadito questa banale verità : “Questa legge darebbe la cittadinanza a quei bambini che sono nelle nostre scuole, che parlano la nostra lingua, che fanno gli stessi giochi, tifano le stesse squadre e coltivano gli stessi sogni dei nostri figli. Si tratterebbe di integrarli, di evitare di lasciarli ai margini della società, e questo dovrebbe essere un imperativo per tutti coloro che hanno a cuore la sicurezza. Questa è la verità.”

 

Leonardo Romagnoli 24.9.17

2 thoughts on “Valori e diritti. Ius soli e democrazia

  1. “Questa legge darebbe la cittadinanza a quei bambini che sono nelle nostre scuole, che parlano la nostra lingua, che fanno gli stessi giochi….”

    e a cui, aggiungerei, quando poi tornano a casa, le famiglie insegneranno valori completamente in contrasto non solo con i nostri ma anche con la legge.
    La verità è che prima di dare la cittadinanza a chiunque, bisognerebbe controllare il quadro familiare di riferimento e accertarsi che in famiglia non ci siano madri mezze segregate in casa, che non parlano la nostra lingua e di fatto vivono isolate dalla società. Figlie a cui non sia impedito di vestire e frequentare occidentali. E’ di questo che la gente ha paura, e come al solito chi dà del razzista agli altri senza sforzarsi di capirne i legittimi timori è un ingenuo con i paraocchi che vive fuori dal mondo, perchè chiaramente, dall’alto del suo castello dorato, non dovrà mai confrontarsi con le difficoltà che comporta una convivenza reale e quotidiana tra valori così distanti.

    • la cittadinanza ha diritto di ottenerla chi risponde ai requisiti della legge. in democrazia vale solo questo. Così come devono essere puniti comportamenti che sono contrari alla costituzione. Ma questo vale per tutti.Non potrebbero essere invece questi giovani a favorire una maggiore integrazione?