Un distretto rurale biologico per il Mugello

Il gruppo Pd del Consiglio Regionale ha promosso per domani mattina a Scarperia un incontro sui distretti biologici . Mi è sembrato utile riproporre questa riflessione  pubblicata nel 2017 con due precisazioni:

  1. nel luglio del 2019 la Regione ha approvato la nuova legge sui distretti biologici
  2. nel dicembre 2018 l’Unione dei comuni ha dato un incarico per la realizzazione di un distretto rurale in Mugello .

Nel consiglio dell’Unione del 23 ottobre verrà discussa un’interrogazione del gruppo Mugello in Comune in cui vengono chieste notizie sull’andamento della procedura per il distretto con l’invito a indirizzarla verso la costituzione di un distretto biologico. Infine va ricordato che in fase di approvazione una nuova legge nazionale sul biologico che dedica un articolo proprio ai distretti(LR)
17.10.19

 

 

UN DISTRETTO RURALE BIOLOGICO PER IL MUGELLO

Quale può essere il futuro del Mugello? Quali possono essere le opportunità di sviluppo per questo territorio? O almeno quali possono essere alcuni obiettivi da perseguire in accordo tra aziende e pubblica amministrazione?

Prendendo spunto dalla recente relazione statistica dell’unione dei comuni e dalla programmazione regionale non c’è dubbio che un settore fondamentale per il Mugello è sicuramente l’agricoltura a cui si collega direttamente anche l’offerta turistica.

I dati dell’Unione ci dicono che in Mugello l’agricoltura rappresenta il 16% delle aziende e il 9% degli occupati con valori tre volte superiori a quelli della provincia, se poi si guarda ai comuni dell’alto mugello ( e a Vicchio) le imprese agricole sfiorano o superano il 30% con addetti che oscillano tra il 14 e il 20%. Sul fronte turistico “ il Mugello è stata la zona della provincia – Firenze esclusa- che ha registrato l’incremento più alto di presenze(nel 2015) così come era stao nel 2013”.

In riferimento al Pil l’agricoltura è il settore con i risultati migliori con una crescita del 3,9%, anche se sono convinto che il valore della produzione sia sottostimato rispetto alla realtà. I dati 2015 riportati nella relazione statistica dell’unione parlano di 30,3 milioni di euro, ma considerando il settore latte che fattura circa 15 milioni di euro, la carne tra 8 e 10 milioni, il solo Forteto con 14 milioni siamo quasi a 40 milioni a cui vanno sommati il fatturato di un nuovo prodotto “mugellano” come la Vka che esporta il 90% della produzione per circa 10 milioni di euro e la Poggio del Farro di Firenzuola, azienda in forte crescita, con valore di produzione di qualche milione di euro. A tutto questo si devono aggiungere le attività ortofrutticole e la produzione di vino e olio. Un discorso a parte meriterebbe il castagno.(l’ortofrutticola di Marradi la consideriamo nel settore agroalimentare?) che ha potenzialità molte elevate, ma che già oggi è un mercato del valore di qualche milione ed è l’unica Igp del Mugello.

Le aziende attualmente iscritte al Consorzio corrispondono ad una superficie  che oscilla tra i 400 e i 500 ettari(con produzione massima da disciplinare di 1500 kg ettaro) che , con un costo medio di 4 euro al kg fanno un importo totale di  circa 2.400.000.Nel territorio dell’Igp del Mugello gli ettari di castagneto potenzialmente produttivi sono in realtà 3.322, pensando di utilizzarne 2/3 ovvero 2200 con la resa maggiore prevista dal disciplinare e  con un costo di 4 euro a kg si avrebbe un fatturato superiore ai 13 milioni di euro che porterebbero il castagno ad essere la seconda o terza voce più importante dell’economia agricola del territorio. Se il recupero fosse totale, in una situazione di normale produzione, il castagno diventerebbe addirittura  la prima voce con  conseguenze facilmente immaginabili sul piano occupazionale e nella tutela del bosco e del paesaggio nonché dell’assetto idrogeologico di  aree montane  fragili.”(QUI)

Su questo tessuto si sono inseriti in questi anni importanti progetti di filiera che hanno ulteriormente caratterizzato le produzioni del nostro territorio ricevendo anche riconoscimenti nazionali come avvenuto per il PIF “latte sostenibile” che ha coinvolto i produttori mugellani e la Mukki (QUI).

Nella nuova programmazione 2014-20 hanno poi ottenuto il finanziamento altre due proposte con capofila rispettivemente Agriambiente di Galliano e Lunica di Vicchio che puntano decisamente ad ampliare le produzioni biologiche del Mugello in tutti i settori. Il Mugello già oggi può vantare il 30% della propria superficie agricola coltivata con metodo biologico con punte superiori al 50% in comuni come Firenzuola. Le aziende partecipanti sono quasi 50 e i settori coinvolti sono la zootecnia da latte e da carne, il settore ortofrutticolo e quello cerealicolo per la creazione di una filiera locale con la riscoperta di grani “antichi” e produzione di farine biologiche 1 e 2(ma perchè non caratterizzare come biologico anche il “Pane del Mugello”?) ed è già stata costituita l’associazione “Biologico Mugello” per promuovere il marchio territoriale anche partecipando a grandi eventi fieristici nazionali e internazionali.

Come ho gia avuto occasione di scrivere “in questo quadro il ruolo degli enti locali è decisivo per vari aspetti. Prima di tutto per il sostegno all’associazione dei produttori biologici, poi per la salvaguardia della superficie agricola all’interno degli strumenti urbanistici e infine per promuovere il Mugello come distretto rurale biologico secondo quanto previsto dalla legge regionale recentemente modificata dalla Giunta regionale il 27 dicembre 2016.
Il riconoscimento non dà diritto “a nessuna priorità nella ripartizione territoriale delle risorse regionali previste per i vari programmi rivolti alla promozione e al sostegno dei processi di sviluppo economico e sociale delle aree rurali”. “il Valore aggiunto  derivante dalla costituzione di un distretto – scrive la regione- è rappresentato dai benefici indiretti legati ad un maggiore coordinamento degli attori locali intorno a idee forza ben definite e strategie di riqualificazione e sviluppo con esse coerenti”. Quella del biologico e dello sviluppo turistico sono due idee forza su cui val la pena di spendere delle risorse per dare un futuro non solo alla nostra agricoltura ma al territorio più in generale utilizzando al meglio le risorse dei fondi strutturali europei.”

Il percorso per arrivare alla costituzione di un distretto rurale biologico non è però semplice e deve innanzitutto partire da una condivisione degli obiettivi tra soggetti pubblici e privati che dovranno animarlo.” L’accordo è volto a consolidare e rafforzare l’aggregazione ed il confronto dei diversi interessi locali, per lo sviluppo economico e la valorizzazione delle risorse del territorio, in sintonia con ambiente e tradizione storica. “ recita l’art. 3 della legge regionale e deve dar luogo ad un progetto economico territoriale : “ Il progetto persegue obiettivi di sviluppo socioeconomico e valorizzazione delle risorse locali, coerenti con il piano di sviluppo rurale e la tutela dell’ambiente, del paesaggio, della tradizione storico-culturale. “( art.5).

Con la delibera 1365 del 27 dicembre 2016 la giunta regionale ha apportato delle modifiche alle procedure di riconoscimento che è condizionato al possesso di requisiti specifici da parte dei territori che si vogliono candidare. Ci sono requisiti necessari il cui possesso è obbligatorio, requisiti qualificanti la cui mancanza deve essere giustificata o compensata e infine i requisiti aggiuntivi.

Il requisito obbligatorio è la presenza nell’accordo di tutti i soggetti previsti dalla legge ovvero
– rappresentanze dei soggetti privati operanti nell’ambito distrettuale,

– rappresentanze delle organizzazioni professionali agricole, delle organizzazioni sindacali, della cooperazione, delle associazioni presenti sul territorio,

  • la maggioranza degli Enti locali dell’ambito distrettuale.

Tra quelli qualificanti ci sono la continuità territoriale, la densità abitativa (< 150 kmq), la superficie agricola totale e la superficie forestale.
Tra quelli aggiuntivi la percentuale di occupati in agricoltura, il valore aggiunto delle produzioni e delle attività connesse e infine la loro specificità.

Sono tutti requisiti che il Mugello sicuramente possiede e che trovano un’ ulteriore spinta nella scelta della caratterizzazione biologica delle produzioni. Mentre per altri distretti è la presenza di prodotti Dop, Igp o Docg la motivazione di fondo della scelta, nel caso del Mugello sarebbe invece proprio la volontà di indirizzare lo sviluppo agricolo secondo i dettami del biologico.
La delibera descrive anche dettagliatamente come presentare il progetto economico e le schede di valutazione.
Il distretto , come già precisato, non dà diritto a priorità nei finanziamenti del psr ma permette di avere una visione unitaria dello sviluppo coordinando gli investimenti a quali potranno accedere le singole aziende o gli enti locali attraverso i bandi del Psr.

Esiste però la possibilità di accedere a finanziamenti ministeriali come previsto dal decreto del Ministero dell’agricoltura del 3 agosto 2016 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 16 settembre scorso:Condizioni economiche e modalita’ di concessione dei finanziamenti agevolati per i contratti di filiera e di distretto.

L’istituzione di distretti in particolari aree in cui le produzioni biologiche risultano prevalenti e nelle quali il territorio presenta peculiari valenze naturalistiche, può rappresentare un’opportunità di sviluppo e un volano di crescita socio-economico locale, contribuendo alla salvaguardia ambientale, alla conservazione delle biodiversità, alla tutela delle produzioni biologiche dalla contaminazione accidentale da Ogm e a preservare l’agricoltura e tutto ciò che essa rappresenta , valorizzando il suo ruolo multifunzionale e potenziando l’integrazione con gli altri settori propri dell’economia locale.Da un punto di vista politico, l’interesse per il distretto biologico deriva, invece, dalla necessità di individuare strumenti innovativi di governance che possano aprire nuovi spazi di autonomia e di protagonismo per le comunità locali nella progettazione di azioni più coerenti con le peculiarità del territorio e su scala territorialmente più circoscritta. “(Clemente, Pugliese , Valenti 2013) Insomma il distretto biologico come esempio virtuoso di gestione integrata del territorio ed anche come evoluzione della programmazione Leader anche se riferita ad una area più ristretta ma sicuramente più omogenea. Proprio per questo il progetto di distretto dovrebbe tener conto anche dell’attività del Gruppo di azione locale essendo il Gal l’unico soggetto che attualmente è obbligato a redigere una strategia di sviluppo locale ed essendo istituzionalmente già rappresentativo delle realtà amminisitrative e produttive del territorio. Una programmazione improntata all’innovazione, alla cooperazione e ai servizi per la popolazione rurale è una buona base di una futura politica di distretto se la politica sarà capace di cogliere le opportunità. Inoltre il distretto potrebbe svolgere le funzioni di CLLD,Community Local Led Development, (sviluppo locale di tipo partecipativo) a cui la programmazione comunitaria avrebbe assegnato un ruolo primario di gestione delle risorse provenienti da più fondi strutturali ma che non ha trovato; almeno in Italia, un’attuazione funzionale neppure per quanto riguarda il Leader. Il Gal poteva essere la CLLD ma in quasi tutte le programmazioni regionali la sua ttività è stata limitata ai fondi PSR.

È noto e comunemente accettato, che per innescare percorsi virtuosi di crescita e sviluppo dei territori rurali, occorre il coinvolgimento di un insieme eterogeneo di soggetti: istituzioni locali, imprese, soggetti della società civile. Un insieme armonico e motivato di soggetti che hanno la capacità di rappresentare un territorio e di elaborare nuove idee per il futuro ha un grande potenziale di crescita.”(A. Pacciani) “Attraverso i distretti rurali è possibile riuscire a organizzare un rapporto pubblico-privato proficuo, rendendo l’azione di promozione, di valorizzazione e sviluppo dei nostri territori maggiormente efficace”(P.De Castro).
La sfida dei distretti biologici è progettare e attuare un modello di brand territoriale in grado di coniugare sviluppo rurale e tutela degli agroecosistemi con la domanda dei consumatori sensibili e attenti a modelli più sostenibili di alimentazione e di turismo(Crea). Il Mugello può percorrere questa strada? L’Unione dei comuni , pur privata delle importanti competenze in agricoltura, può essere l’ente di coordinamento di un programma di sviluppo? Le scelte dei prossimi mesi potranno darci una risposta.

LR

8.3.17

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