Quella che ha fatto veramente il sindaco di Riace

Mimmo Lucano non c’entra nulla col business dell’immigrazione (e voi ci siete cascati ancora)

Sette capi d’imputazione rigettati, niente corruzione, niente truffe, niente abuso d’ufficio, niente arricchimento personale: questa è la realtà, a proposito del sindaco di Riace. Tutto il resto, è propaganda e fake news

3 Ottobre 2018 
www.linkiesta.it

Se qualcuno stamattina al bar oppure in treno vi ha detto che il buonista Mimmo Lucano, sindaco di Riace, è stato arrestato perché lucrava sull’accoglienza potete invitarlo ad accomodarsi in scioltezza nella folta schiera dei bufalari e degli abbindolati dalle notizie false. Prendetelo per il colletto e spiegategli che sono ben sette le accuse rigettate dal gip di Locri Domenico Di Croce che riferendosi all’associazione a delinquere, alla truffa aggravata, al falso in corrruzione, all’abuso d’ufficio e alla malversazione ha criticato gli “errori grossolani” (testuale) nell’operato di magistrati e di investigatori e che addirittura scrive (ad esempio sull’accusa di turbativa nei procedimenti di assegnazione dei servizi d’accoglienza) di accuse talmente “vaghe e generiche” da rendere il capo d’imputazione “inidoneo a rappresentare” una contestazione “alla quale ‘agganciare’ un qualsivoglia procedimento custodiale”.

E non è tutto. Scrive il giudice per le indagini preliminari: “pur volendo ipotizzare che fosse intenzione degli inquirenti rimproverare agli indagati l’affidamento diretto dei servizi […] il mero riferimento a ‘collusioni’ ed ‘altri mezzi fraudolenti’ che avrebbero condotto alla perpetrazione dell’illecito si risolve in una formula vuota”. Ma non solo. Il GIP scrive che gli inquirenti “sembrano incorsi in un errore tanto grossolano da pregiudicare irrimediabilmente la validità dell’assunto accusatorio”. E poi: “gran parte delle conclusioni a cui giungono gli inquirenti scrive il GIP – appaiono o indimostrabili” o “presuntive e congetturali” o, infine, “sfornite di precisi riscontri estrinseci”. Non vi basta? Allora sentite cosa scrive il giudice sull’accusa a Lucano per corruzione, che avrebbe dovuto essere la più pesante della sfilza: “gli inquirenti non hanno approfondito con la dovuta ed opportuna attenzione l’ipotesi investigativa”. Il giudice riscontra “assoluta carenza di riscontri estrinseci” ed inoltre la persona che denuncia Lucano di minacce che l’avrebbero costretto ad emettere fatture false “è persona tutt’altro che attendibile”.

Quindi di cosa è accusato esattamente Mimmo Lucano? Sostanzialmente le accuse rimaste in piedi sono due: avere organizzato con l’aiuto della sua compagna un “matrimonio di comodo” per permettere a una ragazza nigeriana di ottenere i documenti per rimanere in Italia – “questi ti rispediscono lì” spiega il sindaco – e avere forzato la procedura di assegnazione del servizio di raccolta dei rifiuti per affidarlo alle cooperative nate a Riace, le stesse che danno lavoro a migranti e riacesi. Badate bene: in nessuno dei due cari, qualcuno, sindaco compreso, si è illegittimamente arricchito. Se la situazione vi pare così grave da giustificare l’esultanza di un ministro dell’interno nell’eterno ruolo di ceffo oppure il delirante post del sottosegretario grillino Carlo Sibilia in cui scrive di business illegale dell’accoglienza allora rileggetevi l’articolo cominciando dall’inizio; se invece avete la sensazione di trovarvi di fronte a un sindaco consapevolmente al limite della legge e piuttosto spregiudicato nelle sue azioni per opporsi a una legislazione che ritiene ingiusta allora cominciamo a discutere di questo: «proprio per disattende queste leggi balorde vado contro la legge», dice Mimmo Lucano ai suoi discutendo della carta d’identità che potrebbe evitare il rimpatrio a una ragazza nigeriana. Lucano sa perfettamente che le sue azioni – e la sua disinvoltura che probabilmente è sfociata nel mancato rispetto delle norme, sarà un tribunale a deciderlo – sono oggetto di indagine da mesi: la sua ribellione civile alla legge Bossi-Fini e agli ultimi ministri dell’interno (Minniti prima, ora Salvini) è il naturale risultato del suo lavoro. Può piacere o non può piacere, potrà essere giudicato un reato (di una legge che Lucano considera iniqua) ma non ha niente a che vedere con l’arricchimento personale e tantomeno con il business dell’accoglienza. Così come Antigone violò consapevolmente “la legge degli uomini” per rispettare le leggi “non scritte e incrollabili” oggi Mimmo Lucano contiunerà a rivendicare il diritto di essere solidali con gli ultimi resi ultimi da leggi e burocrazie inique e velatamente razziste.

Una cosa è certa: non è Mimmo Lucano lo scandalo che qualcuno si aspettava per scoperchiare il business dell’immigrazione. Ma di sicuro il business dei cretini galoppa a grandi falcate macinando grossi numeri. E intanto anche oggi del DEF o delle leggi che mancano se ne riesce a riparlare domani.

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